Siamo circondati da buone intenzioni formato marketing. E se i due imperativi sono mangiare più green eliminando proteine animali e bere meno alcol preferendo bevande alternative, ecco che il marketing delle aziende si dà da fare per stare sul pezzo e farci mantenere i buoni propositi con le loro proposte.
In queste settimane potreste essere sedotti dall’idea del Veganuary, challenge globale nata nel Regno Unito promossa in Italia dall’associazione no profit Essere Animali, che è una sfida a mangiare solo vegano per il mese di gennaio. È un modo per avvicinare le persone all’alimentazione plant based, partendo con una sorta di gioco al quale partecipano anche personaggi noti a livello internazionale, come Billie Eilish, Joaquin Phoenix, Paul McCartney, solo per citare alcuni ambassador.
Molte le aziende che utilizzano questo momento per promuovere i propri prodotti e le proprie attività, come KoRo che ne è partner ufficiale, e ha istituito per questo mese la campagna vegan, nata per ispirare i consumatori a scoprire un mondo di sapori vegani e innovativi con i suoi oltre 700 prodotti 100% plant based.
Ma gennaio è anche il tempo della moderazione alcolica, anch’essa con la sua iniziativa dedicata: è il Dry January, che vi abbiamo raccontato qui. In sintesi: questo movimento nasce nel 2013 con il supporto di un giornalista inglese con un passato da alcolista. Ma deriva dall’ispirazione di Emily Robinson che, per prepararsi a una mezza maratona, ha rinunciato agli alcolici per un mese, dichiarando poi di aver perso peso e di aver notato un sensibile miglioramento della qualità del sonno e più in generale una maggiore energia durante ogni attività. Emily ha ripetuto l’esperienza coinvolgendo tante persone, ha iniziato a lavorare ad Alcohol Change Uk, un’associazione non profit di sensibilizzazione sui danni causati dall’abuso di alcolici, e oggi il movimento è internazionale e il progetto al suo undicesimo anno.
Anche in questo caso, tante le aziende che decidono di unirsi all’onda, per promuoversi e per promuovere un nuovo e più sano rapporto con l’alcol. In Italia è il caso di Mia Kombucha, un’azienda che produce la bevanda fermentata che parte dal tè verde e nero e sta sempre di più aprendo la sua nicchia di mercato. Con la campagna “A gennaio non bevo un tubo” ci propongono in modo molto garbato di riconsiderare il nostro rapporto con l’alcol, con l’idea di sostituirlo per sette giorni con sette lattine di kombucha, proposte in un tubo di cartone che le contiene.
Bere “altro” rispetto all’alcol è una tendenza che coinvolge sempre di più le giovani generazioni: tra i ragazzi non c’è lo stigma per chi è astemio o beve con moderazione, e la kombucha – così come le toniche – sta prendendo sempre più piede e sta sostituendo in molti casi birra e vino, ma anche cocktail. Le aziende come Mia, giovane e promettente brand della provincia di Varese, stanno cavalcando l’onda con packaging sempre più accattivanti e un design contemporaneo, che rende la scelta ancora più cool.
Il posizionamento molto pop conquista i giovani, ma strizza l’occhio anche agli adulti, che hanno dato all’azienda una risposta curiosa e continuativa.
«Chi ci sceglie, ci compra spesso» racconta uno dei soci a Gastronomika. «Il nostro primo obiettivo è sempre stato far conoscere più possibile questa bevanda, e oggi possiamo dire che il 75 per cento delle persone ormai sanno di cosa parliamo e sanno che è un’alternativa salutare alle bevande gasate, anche se noi proviamo ad allontanarci da questa narrazione. Online si cerca di mitizzare, ma dobbiamo sempre ricordare che la kombucha fa bene, ma non è un farmaco: innanzitutto è una bevanda buona».
E se sul gusto ci lasciamo conquistare dalle novità, sugli acquisti noi italiani siamo ancora tradizionalisti: «Non si compra tanto online, vendiamo molto più offline – continuano da Mia – c’è diffidenza nell’acquistare bevande su internet. L’Italia è ancora tradizionalista in questo. I nostri clienti ci incrociano nelle fiere, al bar o al supermercato. Ma fin da subito quello che abbiamo cercato di fare è di avere una lattina hai piacere a tenere in mano, e che nei frigoriferi dei locali, vicino alle birre e alle sode, non sfigura. Abbiamo intercettato il trend delle lattine colorate e abbiamo giocato un po’ con il mondo della grafica, non smettendo di sperimentare e di andare in controtendenza, anche con proposte limited edition e stagionali».
Il posizionamento pop dell’azienda si conferma anche nel consumo, e nel pack. Hanno scelto la lattina e non il vetro anche per una questione economica, e nella ricettazione sono stati neutri: se ci sono persone più appassionate di kombucha preparate con tè nero e persone fissate con il tè verde, da Mia hanno scelto di stare nel mezzo, con un blend del cinquanta per cento. I succhi che aromatizzano la bevanda, che alla base di tè fermentato con lo scoby aggiunge spesso degli aromi per caratterizzarla, sono solo bio e solo italiani.
Pronti per un dry Veganuary?