InfusioneTè in foglia, una nicchia gastronomica per appassionati e intenditori

Al di là delle mode più o meno passeggere, come quella che in questo momento ha fatto alzare le richieste (e i prezzi) del matcha, nel nostro Paese non sono molti i consumatori fedeli di questa bevanda, e ancora meno quelli che ne conoscono a fondo caratteristiche e qualità. Una buona notizia riguarda il diffondersi di corsi di formazione e associazioni dedicate

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Negli ultimi anni, sull’onda della notorietà riscossa all’estero, abbiamo visto fiorire anche in Italia attività commerciali ispirate al trend del matcha, il tradizionale tè verde giapponese utilizzato nella cerimonia del Cha No Yu. Ricchissimo di antiossidanti e celebrato per le sue proprietà salutari – tali da guadagnarsi l’appellativo di superfood – il matcha in purezza offre un sapore complesso e ricco, con sfumature che variano in base alla qualità e alla lavorazione delle foglie. Il gusto umami è la caratteristica distintiva di un buon matcha, che in tazza regala una dolcezza equilibrata e persistente, note vegetali che ricordano erba fresca, spinaci o alghe, e un retrogusto delicatamente amaro. Solo in un matcha meno pregiato o non ben bilanciato l’amarezza può essere più pronunciata.

Tra le bevande che lo vedono protagonista, la più popolare è senz’altro il matcha latte, che ha fatto capolino anche nei menu degli specialty coffee. L’accoppiata con il latte, anche in versione vegetale e con l’eventuale aggiunta di dolcificanti, aiuta a camuffare possibili difetti che possono verificarsi qualora il tè selezionato sia di scarsa qualità, inadatto allo scopo d’uso oppure maneggiato in modo improprio. «All’estero, ed è già realtà qui in Italia, vanno tantissimo di moda i matcha e tutti i tè verdi giapponesi, ma l’impressione è che non ci sia una reale conoscenza dell’offerta qualitativa presente sul mercato e tantissimi, anche tra gli esercenti, acquistano ancora a prezzi molto elevati tè con grade gastronomici scambiandoli per cerimoniali». A entrare nel vivo dell’argomento è Gabriella Lombardi, tea sommelier professionista e titolare di Chà Tea Atelier, negozio con sala da tè a Milano specializzato nella vendita e degustazione di tè pregiati.

Non tutti i matcha dunque sono uguali: la prima grande differenza è tra quelli cerimoniali, di qualità eccezionale ed estremamente costosi, e quelli gastronomici, dal costo inferiore e realizzati con foglie mature per ottenere un profilo aromatico più marcato, ideale per la cottura e per la miscelazione con altri alimenti. A questi si aggiungono i matcha premium da competizione, che dai precedenti differiscono non solo nel prezzo ma anche per tipologia e lavorazione delle foglie, profilo sensoriale e risultato in tazza. Come per i caffè, è facile intuire che il tè matcha non è uno ma sono molteplici, che non esiste il tè verde ma è più corretto parlare di tè verdi e che in sostanza la realtà dei tè è molto più complessa di come ci è stata proposta finora.

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Ma come mai in Italia c’è ancora così poca conoscenza di questo prodotto agroalimentare? Pur rassicurandoci sul fatto che rispetto a qualche anno fa ci sono dei netti miglioramenti, Lombardi, che per lavoro si reca spesso all’estero, specialmente nei Paesi produttori alla ricerca dei migliori tè, ammette che «siamo ben lontani dal panorama degli altri Paesi europei, dove in qualsiasi bar si trovano sempre contenitori in alluminio con all’interno tè o tisane sfusi» a conferma del fatto che «si può proporre qualcosa di diverso, e migliore, oltre alla banale bustina, e che il tè non è solo quello di piccolissima pezzatura che vi si trova all’interno».

In Italia, la patria della moka e del caffè espresso, il tè effettivamente rappresenta ancora una novità a differenza di quanto accade in Francia, Germania e soprattutto Inghilterra, dove «il tè permane un’abitudine quotidiana soprattutto per le fasce di età più elevata della popolazione, mentre i giovani si rivolgono alternativamente al caffè, che rompe la tradizione di famiglia, oppure agli specialty tea intesi come infusioni, non necessariamente premium, diverse dal tradizionale tè nero che consumano da sempre».

A ostacolare la diffusione dei tè in foglia contribuisce il fatto che trovare un prodotto sfuso e di qualità, al di fuori del ristretto circuito delle sale da tè e dei negozi specializzati, è ancora una rarità. Sono però in crescita i ristoranti, le pasticcerie e le caffetterie che, volendo ampliare l’offerta, anche per differenziarsi dalla concorrenza, si rivolgono a professionisti del settore per inserire nuove referenze: «Si parte con pochi prodotti, accuratamente selezionati, facendo un mix tra i grandi classici in foglia e qualcosa di più innovativo e ricercato, come i tè puri che per l’appunto non si trovano in qualsiasi negozio di alimentari, supermercati o punti vendita bio».

Tra i clienti seguiti da Lombardi si annoverano anche i cocktail bar, dove «bartender creativi realizzano preparazioni home made per ricette esclusive, nell’ottica della personalizzazione dell’offerta. Trattano il tè al pari di altre botaniche, per conferire un sapore distintivo a un’acqua tonica oppure aromatizzare la parte alcolica di un drink, mettendo le foglie di tè in infusione con gin, vodka o whisky».

Alla mixology si aggiunge infine la realtà delle gelaterie «che acquistano più che altro tè aromatizzati o profumati, sia per sperimentare gelati dai gusti insoliti, sia per realizzare infusioni a freddo da gustare anche in estate. L’obiettivo è trasmettere il messaggio che il tè non è solo una bevanda invernale, idea purtroppo ancora fortemente radicata nella mentalità italiana». La vendita del tè in foglia infatti «risente della stagionalità e anche se i negozianti si impegnano a proporre i tè freddi, gli importatori e i distributori mettono a punto preparati in bustina per realizzare il tè freddo anche a casa, i bartender lo impiegano in cocktails e bevande sparkling, la realtà dei fatti è che da fine marzo c’è un drastico calo delle vendite» a favore invece delle bibite fredde a base di tè in bottiglia, brick o lattina, largamente pubblicizzate e diffuse capillarmente dalla gdo fino al più minuto dettagliante e di cui l’Italia è una grande consumatrice.

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«Sicuramente c’è più voglia di sperimentare, di curiosare e di mettersi alla prova». Ne sono un esempio gli interessanti tentativi di food pairing proposti dalle grandi cucine che nelle carte e nei menu degustazione, accanto a vini e cocktails, includono anche i tè. A curare gli abbinamenti è il tea sommelier, una figura professionale che sta iniziando a suscitare sempre più interesse: «Un numero crescente di persone richiede una formazione specifica, con l’obiettivo di diventare professionisti del mondo del tè. C’è chi pensa a un cambio vita e vorrebbe specializzarsi in questo settore per avviare un business o dedicarsi alla consulenza. Tra i miei corsisti ci sono poi tanti giovani appassionati che vogliono approfondire le proprie conoscenze sul tè per piacere personale o perché già lavorano nella ristorazione e sentono di avere delle lacune, soprattutto quando incontrano un cliente che è più informato di loro».

Promossi da oltre dieci anni dall’associazione Protea Academy, di cui Lombardi è co-fondatrice e presidente, il percorso professionale TAC Tea Sommelier – in collaborazione esclusiva per l’Italia con la Tea Association of Canada (TAC) – e il più recente e innovativo corso Tea Barista Pro nascono proprio con l’obiettivo di formare professionisti in grado di proporre, preparare e servire ogni tipo di tè con cura e competenza. Acquistare il tè in foglia, anche se premium, non è infatti sufficiente a garantire un servizio di qualità: «Se non si conosce a fondo il prodotto e soprattutto non si sa come maneggiarlo, è facile commettere grossolani errori di preparazione che inficiano il risultato in tazza, con la conseguenza di un’esperienza spiacevole che allontanerà il cliente anziché fidelizzarlo». Lo stesso discorso vale per chi acquista il tè per una preparazione casalinga: «I neofiti hanno bisogno di una degustazione guidata, di qualcuno che li introduca nel mondo del tè e faccia vivere loro un’emozione».

Fra appassionati e addetti ai lavori è poi emersa l’esigenza di approfondire gli herbal tea, miscele che riescano a coniugare le proprietà funzionali delle piante a quelle organolettiche, creando un giusto equilibrio tra salute e gusto. Per rispondere a questa richiesta, Protea Academy propone il corso Herbal Tea Expert, una formazione specifica volta all’approfondimento delle tecniche del blending. Infatti «anche il trend delle tisane è in crescita: il filone salutistico e quello delle bevande analcoliche sta prendendo sempre più piede» come testimoniato dal recente fenomeno kombucha e da altre bevande fermentate che, proposte in eleganti bottiglie di vetro al pari di vini pregiati, si rivolgono al grande pubblico come prodotti di tendenza.

Le comprovate virtù benefiche del tè sono un fattore da non sottovalutare nelle dinamiche di apprezzabilità e di acquisto: «A sceglierlo per motivi salutistici è soprattutto la clientela femminile, che predilige i tè verdi puri e gli oolong per le loro proprietà benefiche. Molto richiesti sono anche gli aromatizzati, i profumati e le tisane: l’impressione è che la scelta di questi prodotti sia più che altro legata a una ricerca di benessere e meno al gusto».

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Ma il tè non è soltanto una bevanda salutare, anzi. Per la sua varietà e versatilità ben si presta ad accompagnare momenti conviviali e ricreativi, contribuendo a creare esperienze di gusto e di piacere eccezionali. Proprio il gusto emerge come principale motivazione all’acquisto della clientela maschile, che predilige «tè particolari e complessi, anche molto costosi. Nella mia esperienza sono proprio gli uomini, soprattutto se già degustatori, sommelier del vino o amanti del buon gusto in generale, i consumatori più colti ed esigenti».

Il tè in foglia resta tuttavia un prodotto di nicchia, ancora lontanissimo dalla popolarità del caffè che da qualche anno, grazie al movimento specialty, sta vivendo una lenta ma necessaria fase di rinnovamento. Al pari dei caffè, anche per il tè è possibile individuare cultivar specifiche, monorigini e miscele, differenti tecniche di lavorazione e molteplici metodi di estrazione, ognuno pensato per le diverse tipologie di foglie. E proprio le caffetterie specialty potrebbero essere tra i luoghi più adatti per contribuire a diffondere l’uso e la conoscenza della Camellia Sinensis, come in parte sta già accadendo con il fenomeno del matcha, cui fanno seguito il chai latte e il kombucha.

Ad oggi, il tè sfuso resta ancora una prerogativa delle sale da tè oppure è confinato al consumo casalingo, vissuto come un rituale privato, volto alla ricerca di un piacere esperienziale e gustativo che altrove è faticoso ritrovare: «L’amante del tè ha la propria collezione di referenze accuratamente selezionate nel tempo e un’idea ben precisa del gusto che vuole ritrovare in tazza, desidera sapere con esattezza cosa sta bevendo e soprattutto sa come prepararlo: ecco perché spesso coltiva nel privato l’arte del tè. Se si aggiunge il fatto che la proposta fuori casa è in generale di bassissimo livello e, quand’anche si facciano dei tentativi, il risultato è spesso disastroso, non stupisce constatare un diffuso sentimento di rassegnazione, che certamente non invoglia a ricercare l’esperienza del tè al di fuori delle mura domestiche».

Dunque è necessario che il tè sfuso e di qualità inizi a essere proposto con competenza e professionalità a partire dai luoghi simbolo della convivialità all’italiana: caffetterie e pasticcerie in primis, ma anche cocktail bar, gelaterie e ristoranti. Solo così il tè può trasformarsi da novità di cui diffidare o spiacevole esperienza in una soddisfacente e più familiare abitudine di piacere e gusto. Un esempio virtuoso viene proprio dal Canada, partner di Protea Academy per la formazione professionale. L’istituzione di un percorso formativo rivolto agli addetti alla somministrazione e alla vendita del tè è stato fortemente voluto dai membri della Tea and Herbal Association of Canada in collaborazione con i protagonisti della Tea Industry, tra cui Tea Board dei Paesi produttori, importatori, multinazionali e negozi specialty. Grazie a questo lungimirante progetto formativo, partito circa vent’anni fa nei college canadesi ed esteso ai professionisti del settore Horeca, il tè continua a registrare un costante aumento delle vendite sia per lo sfuso che per le bustine per il consumo domestico sia delle tazze somministrate nell’out of home service.

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