Ora viene il belloÈ finita la luna di miele tra il governo e gli elettori, ma Meloni non crolla

Giovanni Diamanti, Presidente di Youtrend e docente in marketing politico all’Università di Padova, analizza il cambio di scenario globale e le prospettive di maggioranza e opposizione: «Per stabilizzare i risultati, la premier dovrebbe imparare a investire nella classe dirigente del suo partito»

Roberto Monaldo / LaPresse

In pochi mesi lo scenario globale è cambiato. In termini comunicativi assistiamo a leadership forti, identitarie e che utilizzano social e comunicazione pubblica in modo diverso rispetto al passato. Che fotografia arriva dall’elezione di Donald Trump?
Lo scenario globale è cambiato e cambierà ancora, il mondo e l’opinione pubblica globale si muovono ormai a una velocità a cui non eravamo abituati. Sono passati poco più di trent’anni da quando Fukuyama si spinse a profetizzare la «fine della storia», sottintendendo una definitiva vittoria delle democrazie liberali, sbagliando clamorosamente. Solo quattro anni fa ci trovavamo a commentare il crollo di Trump e il ritorno dei Democratici al governo, dopo il Covid in molti parlavano della sconfitta forse definitiva dei sovranisti, mentre si decantavano «le magnifiche sorti e progressive» della nuova sinistra. Oggi lo spirito del tempo è incarnato da una destra populista e nazionale, ma verranno nuove stagioni per chi cercherà di costruire un’alternativa. L’ipercomunicazione, la comunicazione ossessiva h24, sette giorni su sette, porta inevitabilmente a un esaurimento prematuro dei consensi delle forze politiche. Il limite della rete che sta costruendo Elon Musk è dettato dallo stesso sistema informativo e comunicativo che Musk ha contribuito a creare.

Tradizionalmente il pallino dell’iniziativa comunicativa digitale è stata in mano alle forze progressiste. Ora sembra il contrario. Perché le forze democratiche non riescono più a innovare e sfondare nella sfera social?
I social media per forza di cose portano a un’ipersemplificazione dei problemi, e in questo una parte della destra ha da sempre dimostrato una capacità superiore. Tuttavia, non sono convinto che il fronte progressista debba inseguirla in questo terreno. Bisogna fare un passo indietro, riflettere sul senso di ciò che si vuole comunicare, sulle persone a cui si vuole arrivare. Spesso i target che ci si prefigge di incontrare sui social sono diversi dal reale elettorato potenziale dei partiti. E in ogni caso, sui social vale una regola che vale in generale per la politica: per avere successo, devi avere qualcosa di forte da comunicare, un’idea forte, un messaggio forte. Negli ultimi anni, alla sinistra globale è mancato soprattutto questo, un messaggio forte da reiterare all’infinito: “Gutta cavat lapidem”, la goccia scava la pietra. La reiterazione serve a superare le prime barriere cognitive degli elettori. Quindi: target precisi, messaggi forti, reiterazione. La ricetta direi che è questa.

L’Europa in mezzo a questo momento sovranista ha retto. La Commissione ha un’inclinazione più a destra ma socialisti e liberali sono ancora essenziali per la tenuta del governo. Tuttavia, Giorgia Meloni ha e avrà un ruolo chiave. Quanto pesa questo in termini di consenso in patria?
Nulla. L’opinione pubblica italiana si forma e si modifica esclusivamente sulla base di fattori interni. Il peso che Meloni può avere in Commissione può essere utile per la sua leadership per ottenere vantaggi e avere ricadute indirette sul suo consenso italiano, ma non c’è alcuna correlazione diretta. Complessivamente, l’Europa rappresenta ancora una terra inesplorata dal punto di vista comunicativo, per tutti i partiti. È l’istituzione più lontana e astratta per gli italiani, che nei suoi riguardi hanno subìto grandi campagne negative, ma pochissime campagne informative.

Nel centrosinistra italiano sembra essere all’ordine del giorno la creazione di un polo di centro per compensare il gap numerico col centrodestra. In termini di elettorato quanto può valere?
Qui si rischia di entrare nel campo della divinazione, territorio dal quale cerco di sottrarmi. Tuttavia, è evidente che il campo largo funziona se ha un perno forte, come il Partito democratico, forze credibili alla sua sinistra, come il Movimento 5 Stelle e l’Alleanza Verdi Sinistra, e una gamba centrista che sappia intercettare mondi liberali e popolari. Questa gamba centrista a oggi non c’è. Il Terzo Polo ottenne un risultato importante ma aveva un limite chiaro fin da subito: troppi leader per uno spazio politico troppo limitato. Serve qualcosa di nuovo, una lista civica nazionale, o anche una federazione, che però deve essere in grado di parlare con una sola voce e di evidenziare chiari elementi di novità, a partire dalla leadership. Inoltre, con leggi locali che portano a un inevitabile bipolarismo, l’equidistanza dal centro non paga: Azione fu decisiva in Basilicata per la vittoria della destra alle ultime regionali, ma quel risultato alienò una fetta importante di elettorato potenziale centrista per il quale la destra non è un’opzione. L’elettorato del Terzo Polo del 2022, l’elettorato di Carlo Calenda e Matteo Renzi, proviene prevalentemente dal centrosinistra.

I sondaggi sorridono al Partito democratico e sorridono anche a Fratelli d’Italia ma entrambi sono giunti forse a una saturazione delle proprie possibilità. Su cosa, gli unici due partiti di massa rimasti, si giocheranno lo sfondamento del muro?
La vera sfida per Fratelli d’Italia è stabilizzare questo risultato. E bisogna essere sinceri, su questo Giorgia Meloni fino a ora ha stupito: la luna di miele tra elettori e governo è finita, ma dopo più di due anni di legislatura non c’è alcun segnale di crollo. Per stabilizzare il dato serve investire nella classe dirigente del partito, che sembra un po’ il suo tallone d’Achille in questo momento. Il Partito democratico è cresciuto nell’ultimo anno, ha recuperato un nuovo elettorato a sinistra, spinto dalla leadership di Elly Schlein, ed è riuscito a non perdere l’elettorato moderato e riformista: l’avrebbero predetto in pochi. In più, alle Europee ha avuto una spinta ulteriore che i sondaggi non vedevano, data dalle preferenze. I numeri di Antonio Decaro e Stefano Bonaccini, per citare i due più votati, sono impressionanti, ma complessivamente gli eletti dem al Parlamento Europeo hanno ottenuto successi in termini di preferenze incredibili. È a questo che mi riferivo, quando parlavo della classe dirigente: il radicamento e la credibilità della classe dirigente locale e nazionale porta ai partiti un valore aggiunto non sempre visibile, ma molto spesso decisivo.

La politica ormai è una vicenda globale. Anche se i temi che dominano le preoccupazioni degli italiani sono tutti domestici. Da quanto vedo l’opinione pubblica italiana fatica a identificarsi in uno schema più largo. Che ne pensi?
L’elettore italiano vota pensando ai propri valori, alla propria famiglia e alle proprie tasche. Il resto viene dopo. Ma ciò non significa che non conti: il mondo attorno a noi è sempre più iperconnesso e influenza i nostri valori, le nostre tasche, in generale le nostre vite. Non sempre ce ne accorgiamo, ma è così.

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