La repubblica degli ingegneriLa ricetta di Musk sull’immigrazione per l’Italia sarebbe una rovina

L’illusione di limitare l’immigrazione alla forza lavoro straniera super-qualificata si scontra con le dinamiche reali del mercato di lavoro di tutti i paesi avanzati, compresi il nostro, dove nei settori in cui è più difficile trovare manodopera, senza stranieri si fermerebbe tutto

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La guerra civile trumpiana, di cui ha scritto Christian Rocca, in Italia probabilmente non scoppierebbe mai, e la ricetta della sostituzione etnica degli ingegneri e dell’eccellentismo migratorio, propugnata da Musk e da tutto il cucuzzaro oligarchico della futura Casa Bianca contro il deep state Maga, non opporrebbe i fanatici del razzismo nativista e i piccoli fan di Mister X, ma li unirebbe in una mistica comunione di spiriti. D’altra parte, in Italia i patrioti da anni sostengono che la fermezza anti-invasione andrebbe derogata solo a beneficio di qualche genio di importazione, quasi che le dinamiche migratorie funzionassero come un calciomercato: nessun mediano, vogliamo solo Maradona. 

L’idea che i milioni di normali lavoratori stranieri siano, alla fine, tutti usurpatori e mangiapane a tradimento è il presupposto di quell’altra idea, per cui solo chi dà più di quanto prende possa essere tollerato e accolto nella compagine umana della Nazione. È un’idea in cui non c’è niente di vero, ma molto di necessario, perché discende dalla rappresentazione del fenomeno migratorio non come un processo complicato di aggiustamento demografico ed economico, ma come un disegno di accaparramento di risorse finite – lavoro, sanità, pensioni, servizi pubblici – che invece non sono affatto finite e dipendono per qualità e quantità proprio dalla vitalità, anche anagrafica, di una comunità sociale.

Nessuno come un ignorante avverte la seduzione del genio e disprezza il valore della conoscenza, e non c’è nulla come la mediocrità che ecciti il disprezzo per la comune intelligenza e operosità umana e il fascino per l’impresa eccezionale e il prodigio.

Non c’è da sorprendersi quindi che il Paese con meno laureati in Europa dopo la Romania, e il tasso di occupazione in assoluto più basso, tenda a proiettare sugli immigrati l’immagine dei propri difetti e ricompensi chi alimenta la vulgata di una intollerabile rendita migratoria che, in Paesi con un welfare più robusto, è un rischio reale, ma in Italia è una balla spaziale, visto che il saldo tra entrate e uscite, legato alla presenza degli stranieri in Italia, continua a farne dei contributori netti del bilancio pubblico nazionale tanto che perfino il governo sovranista ha dovuto a malincuore ammettere nel suo primo Documento di economia e finanza che un aumento dell’immigrazione netta è determinante non solo ai fini della crescita, ma anche a quelli del contenimento del debito.

Il meccanismo psico-politico per cui gli italiani tollerano solo i non italiani più diversi da sé stessi e più immuni dai vizi nazionali – secchioni, lavoratori indefessi e fortemente produttivi – non trova giustificazione e fondamento neppure nella domanda reale del mercato del lavoro, dove – si vedano gli ultimi dati del Sistema Informativo Excelsior – le imprese italiane non faticano solo a trovare gli ingegneri e gli informatici, ma faticano ancora di più a reperire figure come fonditori, saldatori, lattonieri e calderai, mentre tra i settori che scontano le più gravi difficoltà di reperimento del personale vi sono soprattutto quelli – industria pesante, costruzioni, turismo, ristorazione e servizi alberghieri – che rappresentano i più forti ambiti di impiego della forza lavoro immigrata. 

Il tutto senza considerare il lavoro domestico, dove già oggi quasi i tre quarti della forza lavoro è straniera ed è destinata ad aumentare, insieme al sommerso, proprio per la difficoltà di reperire forza lavoro regolare. In nessun Paese avanzato (e invecchiato) gli unici immigrati di cui c’è davvero bisogno sono gli ingegneri o i cervelloni. E la ricetta di Musk, che anche per gli Stati Uniti è un azzardo, per l’Italia sarebbe una rovina.

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