Dal fiume al mareIl report sul diritto al ritorno dei palestinesi e il tradizionale antisemitismo dell’Onu

Il 17 gennaio le Nazioni Unite hanno pubblicato un rapporto favorevole, tra le altre cose, alla possibilità che gli eredi degli arabi sfollati nel 1948 vadano nei territori israeliani: una proposta che equivale alla distruzione dello Stato ebraico

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Le Nazioni Unite non hanno mai neppure tentato di camuffare in qualche modo presentabile la propria tradizione anti-israeliana e antisemita, e dal 7 ottobre del 2023 l’andazzo anti-ebraico del lavorìo dell’Onu si è ingrossato nelle inesauste cateratte di dichiarazioni, pareri, dossier e risoluzioni dilagate a contaminare ogni interstizio del dibattito pubblico. Ma neppure da quei lombi del pregiudizio inferocito contro lo Stato e il popolo degli ebrei era mai venuto quanto l’altro giorno, in nome della giustizia e del diritto umanitario, il solito gruppo di esperti dell’Onu ha messo insieme a proposito del futuro di Gaza, della West Bank e dei rapporti tra i palestinesi e gli israeliani. 

A parte il riferimento a «l’assalto genocida» di cui si renderebbe responsabile Israele – cosa che già dice tutto di un documento di marca Onu compilato mentre la Corte Internazionale di Giustizia non ha neppure cominciato a valutare se ha giurisdizione per pronunciarsi – questo “rapporto”, diffuso il 17 gennaio scorso, si sbriglia nel dichiarare che «i palestinesi sfollati dal 1948, sopravvissuti alla Nakba, devono essere in grado di tornare alle loro terre storiche, ricostruire le loro vite e porre fine al ciclo dell’esilio forzato». Naturalmente presso il corteo dal fiume al mare, propugnare quel diritto al ritorno appartiene alla ragionevole sistemazione, laggiù, di tutta la faccenda, anzi preconizza il sacrosanto ripristino della giustizia violata dall’entità usurpatrice. 

Per chi sia dotato di conoscenze che oltrepassano il perimetro di Wikipedia e i recinti del Porcaio Unico Televisivo, invece, quella roba significa ciò che significa: cioè l’estinzione dello Stato Ebraico e il repulisti degli ebrei, cioè quel che han fatto i Paesi arabi appunto nel 1948.

Se a screditare questo immondo carozzone non bastasse quanto esso ha fatto pressoché quotidianamente a far tempo – solo per stare agli ultimi mesi – dalla pregevole dichiarazione del segretario generale secondo il 7 ottobre «non veniva dal nulla», quest’ultimo exploit degli esperti dell’Onu dovrebbe magari indurre qualche ripensamento nei tanti abituati a celebrarne gli spropositi.  Magari dando anche un’occhiata a chi presiede l’illustre panel, Francesca Albanese: la tripletta secondo cui gli Stati Uniti sono soggiogati dalla lobby ebraica e l’Europa non ferma il genocidio perché è afflitta dal senso di colpa, la stessa secondo cui «non si può dire che l’antisemitismo sia la causa del 7 ottobre».

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