ZugzwangI quattro problemi tipici negli scacchi sono gli stessi della vita

Come spiega Raul Montanari in “L’amore non è un arrocco” (Baldini Castoldi) studiando le mosse di quattro grandi maestri scacchisti possiamo ricavare altrettante lezioni esistenziali: decisioni difficili da prendere in base all’avversario, il confronto con chi sembra sereno e invincibile, le aggressioni improvvise e le pressioni costanti che consumano le energie

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C’è un’espressione che si sente spesso fra gli esperti che seguono i tornei e i match di scacchi trasmessi su YouTube. Commentando per esempio una giocata del Nero a cui il Bianco può rispondere in più di un modo – ma nessuno di questi modi è esente da controindicazioni e debolezze – dicono: «La mossa del Nero pone una domanda al Bianco». La cosa più interessante è che la mossa del Nero potrebbe anche non essere la migliore nella posizione. Ma il Nero l’ha scelta ugualmente speculando sul fatto che pone il Bianco di fronte a un dilemma, lo costringe a pensare e a sprecare tempo ed energie per decidere come controbatterla. Può darsi invece che, se il Nero avesse fatto la mossa migliore, il Bianco avrebbe avuto una sola risposta buona. L’avrebbe giocata nel giro di pochi secondi e il pallino sarebbe subito tornato al Nero per proseguire la partita. 

Carlsen è un vero specialista in questo tipo di tattica. Il suo avversario si trova per tutta la partita in uno stato di tensione. È faticoso giocare contro il grande campione norvegese, perché è come se Carlsen continuasse a interrogarti: «E adesso? Non sei convinto che io abbia fatto la mossa giusta, vero? Fino a un attimo fa eri preoccupato mentre adesso nei tuoi occhi si è acceso un barlume di speranza. Ma come sfruttare il mio passo falso, ammesso che lo sia? Tocca a te decidere: continui a difenderti o azzardi un contrattacco? Arrocchi o spingi avanti il cavallo? Ho lasciato indifeso uno dei miei pedoni: lo mangi o no?».

E così, di decisione in decisione, con tutto ciò che queste decisioni esigono in termini di riflessione e analisi, l’avversario finisce per ritrovarsi esausto, con pochissimo tempo a disposizione. La riserva di minuti che entrambi avevano all’inizio per completare la partita è ormai agli sgoccioli e inevitabilmente arriva l’errore fatale. 

Nella vita è come se giocassimo sempre contro Carlsen, anzi direi contro Carlsen, Capablanca, Tal e Fischer messi insieme. Carlsen ti costringe a pensare, Capablanca è tranquillo perché tanto lui fa sempre la mossa giusta, Tal ti attacca da tutte le parti menando fendenti e Fischer cerca di strozzarti. Allo stesso modo, nella vita: 1) devi prendere decisioni complicate (problema Carlsen); 2) hai l’impressione di essere l’unico ad agitarsi e soffrire in una certa situazione, mentre gli altri se ne stanno beati e pacifici (problema Capablanca); 3) c’è gente che ti aggredisce e cerca di sopraffarti a suon di mazzate (problema Tal); 4) ti sembra di avere un pitbull attaccato a una caviglia che non molla, non molla mai mentre tu senti che a poco a poco stai perdendo le forze e finirai per cadere a terra, dandogli l’opportunità di azzannarti alla gola (problema Fischer).

Sulla scacchiera si affrontano domande complicate ma la risposta, quantomeno, arriva presto ed è netta. Se hai fatto le cose giuste vinci, se hai fatto quelle sbagliate perdi. Battere l’avversario è il tuo obiettivo e nel momento in cui vi alzate dal tavolo su cui è appoggiata la scacchiera il verdetto è stato emesso: vittoria, pareggio o sconfitta.

Tratto da “L’amore non è un arrocco”, di Raul Montanari (Baldini Castoldi), 255 pagine, 19 euro

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