Nel 2002, Giuliano Amato scrisse in collaborazione con Fabrizio Forquet un saggio dal titolo “Tornare al futuro” e il sottotitolo “la sinistra e il mondo che ci aspetta”. Vogliamo aprire oggi una riflessione sulle culture politiche europee e non solo sulla cultura politica della sinistra di fronte al mondo che ci aspetta dopo l’insediamento per la seconda volta alla Casa Bianca di Donald Trump che, come sappiamo, rappresenta solo molto parzialmente la cultura politica del Partito Repubblicano che ha governato negli Stati Uniti dall’inizio dello scorso secolo a oggi per sessantaquattro anni rispetto ai cinquantasei anni del Partito democratico.
Sappiamo che i Repubblicani, che furono rappresentati nel diciannovesimo secolo dal Presidente Lincoln, appartengono attualmente alla Unione della Democrazia Internazionale fondata nel 1983 con lo slogan della «alleanza mondiale del centro-destra» a cui fanno riferimento a livello europeo sia il Partito popolare europeo che i Conservatori riformisti europei (Ecr) e, per l’Italia, sia Fratelli d’Italia che Forza Italia ma non tutti i partiti di centro-destra nell’Unione europea hanno deciso di aderire perché non ci sono ad esempio partiti francesi o polacchi mentre c’è Fidesz di Viktor Orban ma non c’è lo spagnolo Vox.
«Tornare al futuro» potrebbe essere uno slogan per l’Unione europea e non solo per le sinistre “nel mondo che ci aspetta” durante i prossimi quattro anni della seconda presidenza di Donald Trump sapendo che in questo quadriennio gli equilibri politici potrebbero cambiare in Germania dopo le imminenti elezioni del 23 febbraio ma anche in Francia e in Italia che andranno al voto nel 2027 o in Ungheria nel 2026 o in Spagna nel 2028.
Dal 2002 in poi è progressivamente cresciuta l’onda di centro-destra ed è arretrata quella di centro-sinistra e ancor di più la sinistra a cui si è aggiunta in quasi tutti i Paesi dell’Unione europea l’onda dei partiti di estrema destra che usano impropriamente l’espressione etimologica del “conservatorismo” o addirittura del “riformismo” (Ecr) quando la loro strategia non è la conservazione dell’esistente ma il passaggio da una società aperta a una società chiusa, dall’economia sociale di mercato a una finanza aggressiva, dall’interdipendenza di Stati sempre meno sovrani e invece sempre più strettamente uniti in sovranità condivise al ritorno dell’Europa delle Nazioni.
Etimologicamente si dovrebbe piuttosto usare l’espressione di un’onda “reazionaria” e cioè di una strategia che si pone l’obiettivo di ripristinare assetti politici, sociali e culturali superati fino al punto di recuperare nostalgie neofasciste che caratterizzano la linea politica di AFD in Germania, di FPÖ in Austria, di Vox in Spagna per citare i casi più eclatanti.
Nel mondo europeista vi è chi si illude sulla possibilità che una parte dell’onda conservatrice o, meglio, reazionaria come Fratelli d’Italia possa arretrare e che alcune delle sue componenti possano accettare l’idea che il processo di integrazione europea prosegua sulla via di una unione sempre più stretta se non addirittura di carattere federale.
Non sta a noi giudicare le ragioni e le conclusioni delle riunioni che, nello scorso fine settimana hanno visto discutere per la prima volta a Milano esponenti soprattutto di cultura cristiana della “Comunità democratica” e di nuovo a Orvieto per la venticinquesima volta l’associazione “Libertà Eguale” a cui appartengono liberaldemocratici e cattolici democratici.
Il tema della costruzione europea non era prevalente in queste due riunioni che erano essenzialmente dedicate allo stato preoccupante della politica e dell’economia in Italia anche se allo stato altrettanto preoccupante dell’Unione europea alla vigilia dell’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca hanno fatto riferimento interventi come quello di Romano Prodi a Milano e di Paolo Gentiloni a Orvieto.
Ha invece attirato la nostra attenzione e per ragioni europee il titolo dell’evento di Milano “Creare legami – guarire la democrazia” perché lo stato preoccupante dell’Unione europea anche nella fragile dimensione della sua democrazia esige un’azione per creare maggiori legami sia nelle reti delle organizzazioni rappresentative della società civile che nel mondo della politica al fine di stabilire le condizioni per lo sviluppo delle sue politiche necessarie a garantire beni pubblici – su cui il Movimento europeo ha dato indicazioni precise – e per la sua indispensabile riforma in senso costituzionale.
Dal punto di vista del mondo della politica e della necessità di guarire la democrazia non si tratta di ripetere la formula ormai stantia della cosiddetta maggioranza Ursula – come ha detto a Milano Ernesto Maria Ruffini – che è diventata molto fragile nel Parlamento europeo sotto i colpi della tattica dei due forni del leader del Ppe Manfred Weber.
Si tratta di creare invece le condizioni per una nuova alleanza – che noi chiameremmo costituente – per un patto fra l’universalismo cristiano, l’internazionalismo socialista e il cosmopolitismo liberale insieme alla dimensione transnazionale della convergenza ecologica sapendo che non tutti i partiti che appartengono a queste culture condividono la scelta della speranza di una Unione sempre più stretta e cavalcano invece il populismo delle paure.
Dal punto di vista della società civile l’idea di creare dei legami appare indispensabile per recuperare la dimensione della cittadinanza attiva coinvolgendo quella metà delle opinioni pubbliche che mediamente hanno deciso di non partecipare all’esercizio del voto nella democrazia rappresentativa – con una percentuale che in Italia è scesa al quarantotto per cento alle elezioni europee nel 2024 e che ha visto evaporare il dieci per cento degli elettori alle elezioni politiche nel 2022 e ancor di più nelle elezioni locali – rafforzando la dimensione della democrazia partecipativa.