Milano. C’è una terza via, per Roberto Formigoni, tra la secessione proposta dalla Lega e la repressione invocata dalle parti dell’Ulivo. Il presidente della Lombardia difende il suo referendum consultivo sul federalismo, "lo consente lo Statuto regionale", dagli attacchi di chi lo considera un disegno politico degno di Slobodan Milosevic. Formigoni, in realtà, più che al leader serbo sembra avvicinarsi a Marco Pannella, tale è la sua smania referendaria da un anno a questa parte. Prima i dodici quesiti federalisti "falcidiati in modo vergognoso da una cricca di conservatori e dalla furia del presidente Scalfaro", ora la proposta di far esprimere i lombardi e il Nord a scelta "sul federalismo forte proposto dal governo regionale, sullo status quo oppure sulla secessione". Silvio Berlusconi, dice Formigoni, è entusiasta e adesso anche Gianfranco Fini è meno tiepido sull’iniziativa, "An si renderà conto che il federalismo è l’altra faccia del presidenzialismo". Le accuse di incostituzionalità al quesito non preoccupano il presidente della Lombardia che dice: "Non ho lanciato un’idea o una provocazione, e non chiedo lasciapassare a nessuno, è lo Statuto regionale, una legge nazionale, che dà facoltà al Consiglio regionale di indire referendum su materie di interesse generale. Quanto alle questioni costituzionali, c’è un’équipe di esperti coordinata dal professor Beniamino Caravita che ne sta studiando la formulazione". Iniziativa politica, tiene a precisare Formigoni, per dare una risposta al "malcontento reale del Nord" e per offrire una chance al "Polo (preso in giro in Bicamerale) di riuscire dove il governo Prodi non riesce". Anche il centrodestra, ammette il presidente del Cdu, "è stato molto tiepido sul federalismo e ondivago con la Lega. Ora bisogna risolvere l’equivoco sulla secessione: i sondaggi relegano a meno del 10% i sostenitori della secessione e al 60% i cittadini del nord favorevoli a una riforma federalista". Formigoni non teme una legittimazione delle istanze leghiste per il solo fatto che il referendum venga indetto: "Di secessione si parla da due anni sui giornali e in tv, non c’è niente che legittimi di più della televisione. Se si fa finta di niente, o peggio se si fanno le riforme alla camomilla come sta avvenendo in Bicamerale, le parole di Bossi diventano pericolose perché a loro modo suggestive, soprattutto per i giovani".
Referendum, dunque, magari a primavera, procedendo insieme con i colleghi (del Polo) presidenti di Piemonte e Veneto, Enzo Ghigo e Giancarlo Galan, "anche se gli statuti sono differenti e sarà difficile trovare un quesito unico per le tre grandi regioni del Nord". Ne ha discusso con Romano Prodi e Oscar Luigi Scalfaro? "Non vedo perché – risponde sorridendo Formigoni – Comunque sono pronto a incontrarli, ho già incontrato un ex ministro dell’Interno…(Roberto Maroni, ndr)".
Formigoni ammette di non avere "il mito dell’Unità d’Italia, almeno per come è stata realizzata, non tenendo conto ad esempio di importanti realtà cattoliche": "C’è un detto in Lombardia secondo cui in ogni cittadino del Nord sonnecchia un leghista – dice il presidente del legittimo governo lombardo, non di quello provvisorio della Padania – A questo non si può rispondere con i carabinieri né con i discorsi melensi dagli alti colli. Anche i nostri rappresentanti politici a Roma, poi, subiscono l’influenza malefica della capitale. Non chiediamo soldi, vogliamo semplicemente fare le strade e costruire nuove ferrovie, le pagheremmo per intero noi. Perché non le facciamo? Non ci danno il permesso. Gli uffici statali, poi, sono fatiscenti, il servizio postale una vergogna, come infrastrutture siamo al 37° posto in Europa. Tutto questo a fronte dell’efficienza straordinaria delle nostre imprese, che insieme fanno il 33% dell’export nazionale, nonostante il fisco le tartassi e il sistema dei trasporti le penalizzi". Il referendum, secondo Formigoni, "è solo uno dei tanti strumenti a disposizione", da affiancare a ogni iniziativa che promuova uno sviluppo produttivo del Nord: "Mi sono già battuto per una sanità affidata al mercato e per una riforma efficiente della dirigenza e dei servizi". In fondo cosa chiedete di diverso da quello che la Sicilia ottenne 50 anni fa? "Io sono presidente nazionale di un partito politico, non rivendico solo più potere decisionale per la mia regione, mi batto per una riforma dello Stato in senso federale".
1 Gennaio 1998