Di Francesco Rutelli, sindaco di Roma e probabile candidato premier della coalizione di centrosinistra, si può dire sia bene sia male. Nella sua biografia politica ciascuno potrà trovare qualcosa di entusiasmante e qualcosa di irritante.
C’è chi apprezza il suo passato di militante per i diritti civili nel Partito Radicale di Marco Pannella ed Emma Bonino e chi, invece, lo stima soltanto da quando è diventato il leader dei Papa boys. Ma si chiedono gli analisti chi oggi lo loda per la contiguità con il Vaticano, al momento del voto si ricorderà che Rutelli è sempre lo stesso sindaco che ha concesso l’autorizzazione al World gay pride 2000?
Si potrebbe continuare all’infinito: l’ambientalismo degli esordi soppiantato dalla costruzione di un megaparcheggio su una collina romana; le battaglie politiche accanto all’ex premier socialista Bettino Craxi cancellate dalla candidatura a sindaco di Roma conquistata proprio durante una manifestazione in cui si urlava "Craxi ladro". E così via.
In paesi dove non è politicamente corretto interpretare diversi parti in commedia, uno come il sindaco Rutelli non avrebbe alcuna chance di successo. Ma in Italia non è così e, anzi, questa sua capacità di adattamento potrebbe perfino funzionare, perché rispecchia il paese che il sindaco vorrebbe governare. Qui, tutti, rappresentanti e rappresentati, devono far dimenticare qualcosa del proprio passato politico, e non solo gli ex comunisti e gli ex fascisti. Il gioco è semplice: mettere da parte le proprie radici per meglio accaparrarsi le idee e le formule politiche che al momento sembrano vincenti. La recente storia della Democrazia cristiana, il partito che ha governato il paese per cinquant’anni, lo dimostra. Dopo il crollo successivo alle inchieste giudiziarie sulla corruzione del 1993 nessuno rivendicava più quella tradizione politica. Ora che il vento è cambiato, invece, sia la destra sia la sinistra riscoprono i valori cattolici.
Il sindaco Rutelli, nel bene o nel male, ha governato per sette anni una grande città, ma battere il candidato del centrodestra Silvio Berlusconi è praticamente impossibile. In primo luogo perché è il sindaco di Roma, della capitale, della città del Big government. Agli occhi di molti elettori, Rutelli è il rappresentante emblematico del luogo fisico, politico e culturale, verso il quale da dieci anni il Nord del paese indirizza la protesta contro l’eccessiva pressione fiscale. E il Nord è la parte più ricca e popolosa d’Italia: lì contro l’alleanza di ferro tra Forza Italia e Lega Nord è non è possibile sfondare.
Il sindaco, però, ha una carta nella partita per la conquista di Palazzo Chigi. Una carta che, paradossalmente, è la stessa che ha sempre giocato Silvio Berlusconi: Francesco Rutelli, ancora di più se sarà affiancato in ticket dal trentaquattrenne ministro Enrico Letta, ha un’immagine nuova, fresca, diversa. Estranea alle divisioni della Guerra fredda, forse senza troppa gravitas ma, finalmente, né democristiana né comunista né fascista. E anche se non ispira il massimo della fiducia, l’immagine di Rutelli trasuda innovazione e modernità. Al Polo della Libertà di Berlusconi, dopo aver fatto il pieno dei voti moderati, spetta ora di allentare gli estremismi cattolico-reazionari per non farsi scippare il proprio marchio di fabbrica. Viceversa anche se vince le elezioni generali del 2001, in fondo avrà perso.
1 Dicembre 2000