Domenica sera ero incavolato nero. La mia squadra, la Juventus, aveva perso una occasione d’oro per rosicchiare punti alla capolista Roma. Per continuare a farmi del male, invece che dormire o leggere un libro, col telecomando ho girato su Italiauno per ascoltare l’immaginifico juventinologo Giampiero Mughini, nostro beneamato contributor e amico mio carissimo. E’ finita che dopo ero ancora più incavolato.
Ho visto Mughini sventolare un tesserino. E prendere un bell’applauso e guadagnarsi le parole di stima dall’ottimo conduttore e dagli altri ospiti. Quella non era la tessera per l’ingresso alla tribuna stampa dello Stadio delle Alpi. Era probabilmente la tessera dell’Aido, l’associazione per la donazione di organi. Giampiero Mughini voleva così rispondere alle parole (peraltro mal interpretate, non da Mughini: da tutti) pronunciate da Adriano Celentano giovedì sera. Invece che discettare di terzini sinistri e di mezzeali come si conviene in una trasmissione sportiva, Giampiero Mughini ha pagato pegno alla correttezza politica e ha mostrato, neanche fosse il Papa con in mano l’ostia, la tessera che autorizza l’espianto dei suoi organi. Per la verità, non ce n’era neanche bisogno, almeno stando a quanto stabilisce la legge sulla donazione.
Qui non voglio entrare nel merito, ché se lo facessi non potrei che dare ragione a Celentano, il quale ha detto un sacco di cazzate su bioetica ed eutanasia, ma su quella legge che ci obbliga a essere "buoni per decreto" ha ragione. Funziona così: se una persona muore, l’espianto degli organi è sempre possibile, salvo nei confronti di chi tiene nel portafoglio un tesserino col quale nega l’autorizzazione.
Questo tesserino è stato consegnato a tutti gli italiani lo scorso anno insieme con il certificato elettorale dei referendum del 12 giugno. Recentemente quelli delle Iene (Italiauno) ne hanno chiesto conto ai ministri. Ebbene, nessuno di loro, tranne colei, Rosy Bindi, che ha scritto la legge, si ricordava della sua esistenza. Il principio si chiama del silenzio-assenso e in uno stato di diritto suona un po’ come l’inversione dell’onere della prova: devi provare tu che non vuoi donare gli organi, devi provare tu che non sei colpevole. Ed è proprio questo ciò che certo, a modo suo ha contestato Celentano.
Ma qualche ora prima di Mughini anche Maurizio Costanzo (Buona Domenica, Canale 5) e Fabio Fazio (Quelli che il calcio, Raidue) hanno sentito il dovere morale di farsi un numero a favore della donazione d’organi. Bravi, bravissimi. La coscienza è salva, signora mia.
Mughini (soltanto in questo caso, per la verità), Costanzo e Fazio e in parte anche Enrico Mentana con la mobilitazione furbetta del Tg5, sono l’altra faccia della medaglia celentanesca. Così come quello è il "re degli ignoranti", loro sono buoni e diligentemente difendono la norma che lo decreta per legge. E’ la buonocrazia, bellezza. In un paese come ha scritto Massimo Gramellini sulla Stampa dove gli anchorman fanno politica e dove la politica si fa negli studi televisivi, tutto sembra non soltanto lecito ma anche condivisibile, giusto, addirittura doveroso. E il conduttore televisivo che non si trasforma in santone laico, che non si inventa distillatore di saggezza conformista, non ha spazio nel palinsesto. Ed ecco che il bravo presentatore fa opera pastorale, si sostituisce alle famiglie, impone il gesto altruistico. Applausi. Sipario. Consigli per gli acquisti.
Secondo alcuni questa è l’ultima eredità di Mani pulite e degli anni Novanta. La più difficile da scrollarci di dosso. L’eccesso di etica, dopo le nefandezze di Tangentopoli. Non è un’opinione speciosa, questa. C’è che non sta in piedi il ragionamento di chi accusa Celentano di essere carnefice dell’umanità perché pontifica su argomenti di cui non è esperto, mentre, per il solo fatto che si pronunciano parole buone, applaude un altrettanto inesperto, quanto bravo, presentatore.
L’ondata buonista italiana è cominciata con la vittoria a Sanremo di tre cantanti non vedenti (Andrea Bocelli, Alejandro Baldi, Annalisa Minetti). Poi c’è stata la miss Italia nera, e infine il trionfo della tv del dolore, che proprio in televisione trova la sua espiazione. Da allora si fa gara a chi è più buono, a chi è più corretto. E quindi: "Donate gli organi", "non vi drogate", "non picchiate i bambini" (però "dite le parolacce", perché quello è figo). Di questo passo, prima o poi, qualcuno ci svelerà che la pace è bella e la guerra è brutta (ma forse l’hanno già detto).
1 Maggio 2001