Camillo di Christian RoccaANCORA GIULIANI

Che ne facciamo di Giuliani? I giornali se lo chiedono da giorni, si arrovellano, suggeriscono vie d’uscita. Ma non se ne esce. Il punto è questo: il mandato del sindaco Rudolph Giuliani, detto Rudy, scade il 31 dicembre e non è rinnovabile. La mattina dell’attacco all’America erano state convocate le Primarie che avrebbero scelto i candidati alla sua sostituzione. L’election day è fissato per il 6 novembre ma "september eleven" ha ingarbugliato tutto. Le Primarie sono state rinviate a questa mattina e Giuliani che era pronto a darsi alla scrittura (ha già un contratto di 3 milioni di dollari per due libri) è diventato "l’Eroe" come ha scritto il New York Times, mai tenero con lui. Tutti parlano di Giuliani, quanto è bravo Giuliani, quanta compassione ha mostrato, quanto coraggio e quanta fermezza e quanta tolleranza. Giuliani the rock, la roccia. Cose così. E questo anche chi non gli ha mai riconosciuto di aver rigenerato la città. Se poi si ascolta la gente è un delirio. "E’ un Dio", è il giudizio più discreto. Quando Giuliani fa un giro per strada, i newyorchesi si radunano e gridano come fecero i rescue workers con Bush. Quelli scandivano "Iu-e-ssei, Iu-e-ssei", questi "four-more-years, four-more-years", altri quattro anni di Giuliani. Lo vogliono toccare e abbracciare. Vogliono mostrargli gratitudine per come ha gestito l’inferno. "Giuliani non è soltanto rispettato, ma riverito. Non è soltanto riverito, è amato", si è letto sul New York Times.
Logico che in questa situazione, con l’emergenza, con i corpi ancora sepolti e con la città da ricostruire e la fiducia da restaurare, tutti pensino a lui per ripartire, tutti non immaginino altri che quel sindaco che ripete come un karma "come to New York, go to a play, spend some money" per rinascere. Solo che non si può. La legge non prevede un terzo mandato consecutivo. Se ne riparli nel 2005. Cosa a cui peraltro lui pensava da tempo, con quei 2,6 milioni di dollari che si ritrova dopo il ritiro dalla corsa per il Senato, seggio vinto poi da Hillary. I candidati sindaco ora fanno la gara per offrirgli incarichi di coordinamento dei lavori di ricostruzione. Ma New York non può permettersi un sindaco oltre a Giuliani. E allora come fare? Che fare di Giuliani, the rock?
La prima idea è stata quella di prendere tempo e di rinviare ancora le Primarie: come si può votare in questa situazione? Aspettiamo un po’, togliamo le macerie e poi se ne riparla. C’è stato un ricorso, ma è stato rigettato dal giudice Leo Glasser di Brooklyn.
Ora i fan di Giuliani premono per spostare l’election day. In prima fila ci sono il New York Post e il Daily News, gli altri due quotidiani della città. La campagna è poderosa. I liberal del New York Times sostengono che sospendere non si può, sarebbe un regalo ai terroristi che hanno attaccato proprio perché hanno in odio la democrazia occidentale eccetera. Gli altri ribattono: "Cosa volete che importi ai talebani del rinvio delle elezioni? Qui serve Giuliani". Quelli del New York Times insistono, nel 1864 Abramo Lincoln stava conducendo una guerra civile e non per questo sospese le elezioni: "Se i ribelli avessero questa forza – disse Lincoln – potrebbero dire di averci già battuto". Con Lincoln contrario, per Giuliani è dura ottenere una proroga del suo mandato. E poi, scrive Clyde Haberman sul NYT, se decidessimo di rinviare il voto, quanto tempo durerebbe l’interim di Giuliani? Per sei mesi? Per un anno? Fino alla ricostruzione delle Torri? E c’è qualcuno in grado di garantire che i terroristi non attaccheranno ancora? E poi basta con i piagnistei, Giuliani è bravo, ma ricordatevi di Franklin Delano Roosevelt. Morì che il mondo era ancora in guerra e ci lasciò con l’ansia, ma Harry Truman non se la cavò così male.
Ci sono altre strade. Alcune fantasiose. Immaginate che uno dei candidati dica: "Se mi eleggete, io non governerò. La legge non consente a Rudy un terzo mandato, ma non impedisce a me di lasciargli il compito di ricostruire la città. Io aspetterò fino al 2003 prima di entrare in municipio". Difficile. C’è anche questa: eleggere Giuliani alla carica di Public advocate, che è il successore legale del sindaco in caso di dimissioni. A quel punto basterebbe trovare un candidato pronto a lasciare un minuto dopo aver giurato. Fantapolitica? Può darsi, ma chi si immaginava che il governatore di New York, George Pataki, invitasse i newyorchesi a scrivere il nome di Giuliani sulla scheda? Sembra uno scherzo, ma oggi potrebbe succedere che il non candidato Giuliani ottenga la candidatura a una carica che non può ricoprire. Non è un’operazione semplice. Innanzitutto perché si vota con il sistema meccanico della perforazione della scheda che ha già stampigliati i nomi dei candidati. E ovviamente quello di Giuliani non c’è. Ma la legge prevede la possibilità di scrivere il nome di un non candidato. Come si fa? Bisogna spingere un bottone che si trova sull’angolo in alto a sinistra della macchina e, contemporaneamente, premere attraverso una finestrella sulla riga dove si vuole scrivere il nome. Per i maniaci c’è un sito che spiega (www.vote.nyc. ny.us, è la pagina web dell’Ufficio elettorale). Ieri Giuliani ha detto di non avere "tempo per pensare a queste cose" e ha invitato a scegliere tra i candidati presenti sulla scheda. Anche perché il problema resta quello di cambiare la legge che proibisce il terzo mandato, peraltro confermata per due volte con referendum. Solo il City Council può togliere il limite e a quel punto Giuliani potrebbe correre per "un terzo partito". Ma il presidente del Consiglio, il democratico Peter Vallone, è contrario. Anche perché è uno dei candidati alla successione di Giuliani, il sindaco che quando ha risanato la città è stato definito il "Mussolini sull’Hudson", mentre ora che ha semplicemente fatto il suo dovere dicono sia diventato "il nuovo Churchill".

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