Camillo di Christian RoccaNOTA LA NOTA STONATA. Dopo l'11 settembre le rock star anglosassoni mettono da parte l'ideologia e cantano in memoria per le vittime del WTC. Gli italiani tacciono

I will fight for the right to live in freedom, combatterò per il diritto di vivere in un paese libero. Questo è il ritornello semplice (ed efficace) della nuova canzone, bella, di Paul McCartney, scritta il giorno successivo alle stragi di New York e Washington e cantata il 20 ottobre al Madison Square Garden, proprio alla fine (e per due volte) del "Concert for New York City". Per celebrare la città e onorare le vittime del World Trade Center, con l’ex beatle c’erano gli Who (riunitisi per l’occasione), David Bowie, Mick Jagger e Keith Richards, Billy Joel, Eric Clapton e anche altri artisti tipo Meg Ryan e Billy Cristal e Steve Martin. Tre grandi registi – di sinistra, diremmo in Italia – e cioè Woody Allen, Spike Lee e Martin Scorsese sono intervenuti con tre splendidi cortometraggi originali.
Gli U2 non c’erano. Ma c’erano all’appuntamento precedente, ancora più imponente, quello che fu chiamato "Tribute to heroes" e che in questi giorni torna d’attualità per l’uscita del disco che raccoglie il meglio di quella serata (i lettori del Foglio noteranno che la copertina del disco riproduce la bandiera americana nella versione a loro nota di Jasper Johns). C’erano anche Sting, Neil Young e Bruce Springsteen. In quell’occasione gli U2 hanno cantato "Walk on", "vai avanti", una canzone triste eppure speranzosa scritta per un amico scomparso tragicamente. Anche gli U2, dunque si sono mobilitati. E gli U2, lo sapete, sono il gruppo simbolo del pacifismo militante degli anni 80 e 90 forse perché sono irlandesi (di Dublino, cattolici) e quindi di guerre se ne intendono. Uno dei loro brani più famosi è "Sunday bloody sunday" e fu scritto in onore delle vittime cattoliche di una delle più famigerate stragi compiute in Ulster. Quattordici mesi fa, nel loro ultimo disco hanno inserito una canzone parecchio buonista che si intitola "Peace on Earth", pace in terra. Però è bella. Da un paio d’anni, Bono che degli U2 è il leader, guida il movimento Dropt the debt, cancella il debito (dei paesi poveri) che in Italia ha avuto un’eco perché toccava le corde giuste e per l’esibizione sanremese di Jovanotti indirizzata all’allora premier Massimo D’Alema. Poi, Jovanotti e Bono sono andati dal Papa, eccetera. Dopo l’11 settembre, oltre a "Tribute to Heroes", gli U2 sono comparsi al Letterman show, sulla Cbs, dove hanno cantato "New York", la più bella canzone del nuovo album e ovviamente l’hanno dedicata alla città. (E’ impressionante, sembra sia stata scritta dopo).
Da allora, la parte più emozionante del loro tour è diventata quella in cui cantano un vecchio successo, "One", mentre sul megaschermo, "one to one", a uno a uno, compaiono i nomi dei morti nel crollo delle torri.
Questa piccola cronaca della mobilitazione rockettara post 11 settembre spiega qualcosa. Non che gli U2 e gli altri siano improvvisamente diventati guerrafondai (McCartney un po’ sì). Non è questo il punto. C’è però, e non è poco, che il mondo del rock non ha esitato a manifestare la propria commozione davanti a una tragedia come l’11 settembre. Così come si mobilitò per il Bangladesh (grazie a George Harrison), contro il nucleare, contro i 15 anni di intervento in Vietnam, per la fame nel mondo, contro l’Aids e per il Tibet (a proposito: la settimana scorsa il Dalai Lama era in Italia, ma non se ne accorto quasi nessuno forse perché ha spiegato che la nonviolenza non è codardia e che dunque la guerra in Afghanistan non solo "è giusta" ma anche "necessaria"). McCartney e gli U2 e gli altri hanno dimostrato che quando la gente innocente muore, l’ideologia va messa da parte, si deve cantare e poi raccogliere fondi per le vittime, siano esse del Terzo mondo siano esse del primissimo mondo.
Ovviamente c’è stata una nota stonata, ed è italiana: i solitamente vispi e iper presenzialisti cantautori e rocker nostrani, quelli del "mio nome è mai più", del "si può fare di più", della Nazionale cantanti e compagnia bella, sono stati zitti (quando è andata bene) e non hanno suonato una sola nota in solidarietà ai poveri broker del WTC.

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