Camillo di Christian RoccaUN PROCESSO SURREALE. Tre premier e una Sme. Una storia che imbarazza anche la sinistra

Il processo sulla fallita cessione della Sme negli anni ’80 che si celebra in questi giorni a Milano è per molti versi surreale. Sul banco degli imputati c’è il presidente del Consiglio in carica. Tra i testimoni vi sono il suo predecessore (ora vicepresidente della Costituente europea) e il premier del ’96 (ora al vertice dell’Europa). Tre premier per un unico dibattimento che rischia di passare agli annali come la caricatura più efficace della "rivoluzione giudiziaria italiana". La fotografia più chiara di che cosa sia stata la stagione di Tangentopoli. Per capirlo basta esaminare i fatti.
Dietro la sigla "processo Sme" c’è la storia della mancata vendita della holding alimentare dello Stato, la Sme appunto, alla Buitoni, ai tempi di Carlo De Benedetti. Romano Prodi, allora presidente dell’Iri, firmò un accordo di vendita con De Benedetti per 393 miliardi. Il premier Bettino Craxi si oppose perché giudicava il prezzo irrisorio. Negli stessi giorni un’altra cordata avanzò una proposta economica più vantaggiosa. Della cordata facevano parte imprenditori del settore come Barilla, Ferrero e la Fininvest dell’amico di Craxi, Berlusconi. Il ministro delle Partecipazioni Statali ordinò di valutare le nuove offerte. De Benedetti cercò di far valere in giudizio il suo preaccordo. Prodi e Amato, sia nel 1985 sia oggi (al di là delle loro "amnesie" largamente tollerate dal presidente del processo), ammisero che senza autorizzazione governativa il precontratto non poteva essere valido. Il giudice Filippo Verde sentenziò l’inefficacia dell’accordo. Gli altri gradi di giudizio confermarono. Fine? Neanche per sogno. I pm milanesi sostengono che la sentenza fu comprata da Berlusconi. Non si spiega, però, che vantaggi ottenne la Fininvest. Chi ne beneficiò fu lo Stato che dalla vendita della Sme (ad altri, nel ’93) incassò duemila miliardi in più. Il reato imputato al Cav. appare del tutto cervellotico. Da qui i diffusi imbarazzi anche negli ambienti più giustizialisti. Che preferiscono concentrarsi sui comportamenti processuali di Cesare Previti, cercando di svicolare sul merito della vicenda.

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