Camillo di Christian RoccaARRIVA HAMAUI. Come sarà il nuovo Espresso? Più femminile, più maschile, più Repubblica o più MicroMega?

Milano. Non c’è giornale più bello da guardare di D, il settimanale femminile che esce il martedì in allegato a Repubblica, e il merito è di Daniela Hamaui che l’ha ideato, creato e diretto per cinque anni e che ora lascia per l’Espresso. Grafica raffinata, fotografie scelte con cura e stampate su bella carta patinata, modelle algide e bellissime, impatto generale elegante, toni pastello, immagine forte. Un giornale che piace ai creativi e agli architetti, e lo dimostrano gli entusiastici riconoscimenti delle riviste internazionali di arte grafica. Ovvio che una rivista di questo tipo mandi in sollucchero gli investitori, felici di comprarsi pagine pubblicitarie intorno alle quali il direttore intona gli articoli delle più prestigiose firme di Repubblica. E così, la Hamaui  milanese nata al Cairo, sorella di Ronny Hamaui, una delle teste d’uovo di prima fila della Comit con la sua direzione determinata, infaticabile e puntigliosa è riuscita a pareggiare il bilancio di D in un solo anno, nonostante le analisi ne prevedessero quattro, e poi a macinare utili. E questo con dati di diffusione non altrettanto positivi, D infatti è all’ultimo posto tra gli inserti dei grandi quotidiani, e per qualche tempo, il martedì, Repubblica ha venduto meno copie rispetto agli altri giorni della settimana.
Qualcuno s’è stupito che sia stata scelta proprio Hamaui per dirigere un newsmagazine storicamente impegnato in battaglie civili e polemiche culturali, un po’ per il suo curriculum professionale interno ai giornali femminili, un po’ perché lei si è sempre tenuta lontana da frequentazioni politiche e salottiere. Eppure chi la conosce dice che è la persona giusta per la nuova linea che gli editori vogliono dare all’Espresso, e cioè più attenta ai movimenti nella società e meno al Palazzo. Un newsmagazine dell’antipolitica, morettiano e no global che il nuovo direttore ha nelle corde, così come ha l’antiberlusconismo, feroce e viscerale come solo le signore snob di Milano sanno ostentare.
All’Espresso, che con la direzione di Giulio Anselmi è passato da un passivo di 13 miliardi a un attivo di 12, Hamaui andrà da sola, non si porterà nessuno con sé e non le sarà affiancato né Antonio Polito né Curzio Maltese. I primi boatos di redazione raccontano di un Giampaolo Pansa, che dell’Espresso è condirettore, pronto alle dimissioni, ma ieri lo stesso Pansa nei corridoi di Via Po ha smentito. Si vedrà, Hamaui comunque sa come valorizzare la redazione e riconoscere le capacità, e infatti fu lei a dare il primo lavoro a Maria Grazia Cutuli, la cronista del Corriere della Sera uccisa in Afghanistan. Il giornale era Cento Cose Energy, Hamaui era caporedattore e Kicca Menoni direttore. Ora la Menoni ha preso il suo posto a D, ed ecco bella e pronta una nuova lobby giornalistica, quelli-che-cento-cose-energy.

Non si parlerà mai di televisione
Domani Hamaui si insedierà, e giovedì i giornalisti dell’Espresso le esprimeranno il gradimento. Il nuovo direttore dirà che tipo di Espresso vuole fare, ed è questo il punto cruciale. Le voci si accavallano e si contraddicono, di certo c’è che l’immagine del giornale sarà rivoltata, gli articoli diventeranno molto più lunghi e grande spazio avranno le inchieste e i reportage di costume e di esteri, e pare che non si parlerà mai di televisione perché il nuovo direttore (come Franca Ciampi) la detesta. All’Espresso giurano che Hamaui lavora al progetto da 8 mesi, da quando il rapporto di fiducia tra Anselmi e l’editore è venuto meno, e in particolare dopo una contestatissima intervista a Italia Oggi nella quale Anselmi diceva che il giornale concorrente, Panorama, è più moderno dell’Espresso. Altri fanno notare che la direttrice di D aveva già lavorato a un’ipotesi di settimanale "maschile" patinato, che in gergo chiamavano U (come uomo), da allegare a Repubblica. Poi non se ne è fatto niente, ma non è da escludere che quel progetto ora torni utile, tanto che per l’Espresso si riparla di un legame più solido con Repubblica, magari sul modello già sperimentato dal Mondo, il settimanale economico che può essere acquistato insieme con il Corriere della Sera. In realtà è un’ipotesi di un anno fa, ma ora con le caratteristiche del nuovo direttore potrebbe essere meno improbabile, nonostante Marco Benedetto, amministratore delegato del gruppo, abbia smentito: "L’Espresso non è un allegato, è un giocattolino da cento miliardi". Comunque vada, un ex dell’Espresso, Antonio Padellaro, oggi condirettore dell’Unità, scommette sulla spoliticizzazione e ai suoi ex colleghi ha detto di essere felice della svolta perché ci sarà ancora più spazio per la sua Unità.
Hamaui è una abituata a decidere e nel primo incontro con i rappresentanti dei giornalisti ha abbozzato una linea editoriale che sta a metà strada tra Naomi Klein e Paolo Flores D’Arcais, rivolta a quell’area di sinistra che non è rappresentata dai partiti. L’idea ha ringalluzzito l’ala barricadera e le vecchie anime movimentiste della redazione, anche se qualcuno si è chiesto se a questo punto non sarebbe stato meglio nominare Flores, ma alla domanda Benedetto ha risposto: "No, Flores è un po’ troppo". C’è invece chi teme che l’idea dell’editore sia quella di fare dell’Espresso un elegante giornale di approfondimenti che delega la battaglia politica a un’edizione settimanale di MicroMega, quella già sperimentata con successo in campagna elettorale.

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