New York. C’è un conflitto di interessi che va fortissimo tra i professoroni di Harvard. Se ne discute da giorni, e appassiona tutti i giornali. Niente girotondi, ma polemiche, dimissioni, avvocati, soldi, divorzi, rivelazioni e tutto quanto. La storia è questa: una giornalista si è innamorata della persona che stava intervistando, ha scritto l’articolo e ha detto ai suoi capi che tra lei e l’intervistato era nata una relazione sentimentale. E’ scoppiato l’inferno, perché le regole di etica professionale che qui contano più della Bibbia sono state infrante. "You don’t sleep with your subjects", non si va a letto con la persona che si intervista, così lei si è autosospesa, poi grazie all’aiuto del nuovo e potente fidanzato è tornata, e per protesta due giornalisti si sono dimessi. Dell’altro conflitto d’interessi, quello che appassiona noi, niente. Anzi, proprio ieri, un corposo sondaggio sui primi mesi di Mike Bloomberg ha rivelato nei minimi dettagli che cosa pensano i newyorchesi del loro sindaco: se ha fatto bene o no, se lavora molto o poco, se si è dimenticato questo o quell’altro, se va giù o su; tutto-davvero-tutto. Ovvio che nessuno abbia fatto cenno al conflitto d’interessi, di quello si discuterà solo se Bloomberg farà il furbo; altrettanto ovvio che nessuno abbia ironizzato sulla straordinaria ricchezza di Mayor Mike. Per la verità ne ha scritto il New York Observer, piuttosto per celebrare la bellezza della sua "casa al mare", un villone incredibile a Bermuda, che non fa impallidire di invidia Berlusconi soltanto perché il Cav. è vicino di casa del sindaco, proprio lì in Tucker’s Town Road.
La storia Suzy Wetlaufer e Jack Welch tiene banco, invece. E non solo perché lei è editor, cioè direttrice, della Harvard Business Review, e lui è l’ex presidente della General Electric e uno degli uomini più importanti e ricchi d’America. In gioco c’è la credibilità dell’informazione, la fiducia e l’interesse del lettore. Almeno così dicono.
Suzy e Jack si sono visti per la prima volta durante l’intervista a novembre, poi sono andati a pranzo al "21", un ristorante di Manhattan e da lì è cominciata la relazione. Ai suoi colleghi Suzy non ha nascosto il rapporto con Jack, lei è chiacchierona, è una che racconta tutto agli amici. In redazione ha mostrato il primo regalo ricevuto da Jack, un costosissimo bracciale d’oro. Poi ha scritto l’intervista, ma prima di metterla in pagina ha comunicato ufficialmente all’editore la sua relazione con Welch, proponendo di cestinare l’articolo e di farlo rielaborare da qualcun altro. L’articolo è uscito sul numero di febbraio senza la firma di Suzy. Questa almeno è la sua versione dei fatti. Gli altri, quelli che si sono scandalizzati, raccontano che Suzy in realtà avrebbe chiesto di far riscrivere l’articolo soltanto dopo aver ricevuto una telefonata di minacce da parte della signora Welch che venuta a sapere della relazione della giornalista con il marito, ha reagito con fermezza puritana, cioè non l’ha aspettata sotto casa per prenderla a sberle ma le ha ricordato i principi dell’etica professionale giornalistica votati all’imparzialità e al supremo rispetto del lettore (e poi, va da sé, ha chiesto metà della fortuna del marito).
Comunque sia davvero andata Suzy ha capito di non avere più la fiducia dei suoi e venerdì si è dimessa. Jack che è un furbacchione le ha consigliato di prendersi una portavoce, cosa che lei ha fatto, e l’ha messa nelle mani di un grande avvocato di Boston, Robert Popeo, uno del giro General Electric.
Suzy e Jack
Susy Wetlaufer guadagna quasi 300 mila dollari alla Harvard Business Review, e non è che ci si può rinunciare facilmente a seicento milioni l’anno, così Welch ha chiamato James Cash, il presidente della società editrice di Harvard nonché membro del board della General Electric. Un ex stipendiato di Welch, un dipendente o meglio: un Dip. come preferiamo dire tra colleghi. Cash nega tutto e alle accuse del Wall Street Journal replica: "Con Jack ho chiacchierato di golf". Suzy comunque è tornata al lavoro, senza le responsabilità precedenti ma con la qualifica di "editor at large". Due giornalisti di punta non hanno gradito la soluzione, "non abbiamo più fiducia nelle capacità di questa azienda di fare la cosa giusta", e si sono dimessi. Fine? No, ora si moltiplicano le leggende sulla bella Suzy. C’è chi ricorda di quando era fidanzata con un praticante della rivista e di quanto spingesse per fargli ottenere una promozione. L’ultima scoperta è sublime: nel 1999 Suzy ha scritto per la sua rivista un "case study" su un immaginario e potentissimo presidente di multinazionale che si ritrova suo malgrado sulle prime pagine dei giornali a causa di relazione con una donna più giovane.