Camillo di Christian RoccaRedazionalmente Corretto del 20 settembre 2002

La
prima pagina di Repubblica (Rep.) di ieri, 19 settembre, si apriva
con le parole, tra virgolette, di Carlo Azeglio Ciampi: "Difendo
la scuola pubblica". Il capo dello Stato non ha pronunciato
questa frase, diciamo che il suo discorso era più articolato
e meno barricadiero. A Rep. però piace sintetizzare il
pensiero altrui. Giusto, è uno dei compiti dei giornali.
Ma perché mettere le virgolette? A furia di sintetizzare
si rischia di far confusione. Ieri, per esempio. Rep. ha tradotto
un’intervista dal Tagesspiegel a Tony Blair. Il titolo è:
"Blair: ‘Convincerò anche i tedeschi’". Ma quella
frase nell’articolo non c’è, e Blair non pensa di convincere
nessuno. L’occhiello dice: "Obiezioni sensate ma superabili",
ma la frase contenuta nell’intervista è diversa. Il sommario,
infine: "Il regime di Saddam è spregevole ma bisogna
disarmarlo non rovesciarlo". Il premier inglese concorda
con gli uomini del desk di Rep: "Saddam è spregevole",
ma non fa cenno al "bisogna disarmarlo, non rovesciarlo".
Stessa voglia di allargarsi a pagina 23, nell’intervista a Daniel
Cohn-Bendit. Il titolo è: "La sinistra vincerà
in Germania perché non si è piegata agli Usa".
Cohn-Bendit non ha mai detto questa frase, e qualcuno deve averlo
avvertito che a Rep. fanno questi scherzetti, tanto che le sue
primissime parole sono: "Non abbiamo ancora vinto, piano
con gli entusiasmi". Non fidandosi, più in là,
dice che i cristiano-democratici "possono ancora vincere
le elezioni". Certo, Cohn-Bendit è fiducioso, dice
che confrontarsi con gli americani è giusto e fa raccogliere
"molti consensi", ma Stoiber perderà non perché
"la sinistra non si è piegata agli Usa" piuttosto
"per gli stessi motivi che spiegano la sconfitta di Jospin
in Francia. Perché nonostante su alcuni temi, come la
situazione economica, possa avere ragione è troppo professorale
e legnoso".
Un’altra frase mai pronunciata è quella dell’attore Marco
Paolini: "2004, odissea nel processo, questa legge farà
solo danni". Questa era facile, perché nessun essere
umano parla così. L’intervista è di Liana Milella,
da due giorni critica teatrale ma solo di pièce scritte
da Edmondo Bruti Liberati. Paolini interpreta un testo che simula
il processo così come sarà ridotto dalla legge
Cirami. Spiega Paolini: "Comincia tutto con un rapporto
della polizia di una cittadina del Nord Est che rimane senza
nome: ‘Oggi, 20 luglio 2002, una pattuglia di questa squadra
mobile, in servizio di appiattimento camuffato ()". "Ma
dice proprio appiattimento?", chiede Milella, vuolsi che
trattasi di esperta di mattinali di questura. Paolini a domanda
risponde (ADR): "Mi lasci guardare, no, dice "appiattamento",
ma io sono un attore e per me una simile parola è oro".
Milella: "Che vuol dire?". ADR: "Che io sono un
attore, che la mia è una trasposizione teatrale, che vado
in scena con un testo scritto da due magistrati, ma lo trasformo
in teatro. Sono prima un cittadino e poi un attore. Voglio capire
e poi raccontare. Andare al di là di un titolo che fa
fracasso, ma che lascia dietro di sé il vuoto. Devo superare
quell’oblio regolare che produce solo tracce senza far capire
cosa realmente sia accaduto". Senza far capire, appunto.

Giuseppe D’Avanzo, invece, è meno oscuro. Non gli va che
Cesare Previti voglia farsi interrogare dai giudici (prima si
lamentava del contrario). Ora pensa che sia troppo tardi, si
allungherebbero i tempi e a quel punto entrerebbe in vigore la
legge Cirami (che, ricordiamolo, non assolve gli imputati). In
verità, D’Avanzo prevede che i giudici concederanno all’imputato
il diritto di difendersi e riconosce, tra parentesi, che in fondo
è giusto che sia così. D’Avanzo non arriva ancora
a chiedere la confessione di Previti, spera però che Ciampi
"se la prenda comoda" nel promulgare la legge Cirami:
"E’ evidente il disagio del capo dello Stato, che si trova
precipitato in un gioco che lo trasforma da garante di tutti
ad arbitro di una particolarissima partita". Va ricordato,
però, che gli unici a far precipitare Ciampi sono gli
editorialisti di Rep. Infine, l’imbarazzante caso dell’inviato
a Baghdad, che ancora non c’è. Ieri il bravo Pietro Veronese
è partito grazie a Guido Locaputo, direttore del Festival
di Bisceglie e Converano e amico di Makki Awed, uno degli attori
iracheni preferiti da Saddam. (continua)

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