La
prima pagina di Repubblica (Rep.) di ieri, 20 settembre, è
dedicata alla "Finanziaria dei tagli". Un box accanto
al titolo principale dice: "Nuova strage a Tel Aviv. I tank
di Israele assediano Arafat". Più in alto, in piccolo:
"Kamikaze su un bus uccide 5 persone". Sotto, più
grande: "Feriti nel quartier generale di Ramallah. Voci
di deportazione del leader dell’Anp". I cattivi, al solito,
sembrano gli israeliani. Più equilibrata la titolazione
interna, dove però le vittime del terrorismo palestinese
sono 6.
In prima pagina, in basso, parte un lungo articolo di Carlo Bonini
e Giuseppe D’Avanzo (Bon. & Dav.), di nuovo insieme dopo
mesi di separazione. A febbraio i due cronisti avevano scoperto
un giro di tangenti nella compravendita di Telekom Serbia. Rep.
aveva messo il silenziatore allo scoop dei due inviati, e l’inchiesta
continuò sulle pagine del Giornale, che portò la
grottesca testimonianza anonima di un ex agente del Sisde che
confermava il pagamento della tangente con un evidente linguaggio
da millantatore. Ieri Bon. & Dav. sono riusciti a smascherare
l’anonimo: "E’ un truffatore". Uno scoop, come sempre,
ma che per certi versi smentisce il precedente. C’è da
aggiungere che anche la Stampa ha rintracciato il personaggio,
ma a Torino sono seriosi e non capiscono che è un imbroglione.
Ieri per Dav. è stata una faticaccia, ha scritto anche
una lunga intervista fitta fitta di domande ad Attilio Pacifico,
coimputato di Cesare Previti. Ma il cronista di lungo corso è
anche uomo di mondo. E così se per Telekom Serbia s’è
appoggiato a Bon., nel caso di Pacifico ha fatto fifty-fifty
con Gian Antonio Stella del Corriere. Le due interviste, infatti,
sono uguali. A Red. Cor. piacerebbe conoscere a chi, dei due,
è attribuibile il seguente passaggio: "Qual è
il gioco che preferisce?"; "Chemin de fer"; "Solo
Chemin?"; "E’ quello che amo di più".
Sul caso Previti, due segnalazioni. In prima pagina c’è
scritto: "Show alla Camera di Previti". Dentro, a pagina
7, di show non si parla più. Il titolo dice: "L’ira
di Previti: Ora basta". Nel resoconto "l’Ora basta"
non c’è.
C’è, invece, la questione del crocifisso nelle scuole.
Michele Serra, nella sua rubrica di malinconie moraliste, prende
in giro il ragionamento laico-cattolico di Ferdinando Adornato.
Il deputato del Cav., ex editorialista principe di Rep., aveva
detto che il crocifisso è simbolo della nazione così
come il ritratto del presidente della Repubblica. Serra, a ragione,
obietta che "è un’opinione molto ma molto impegnativa,
bisognerebbe che Adornato provvedesse a spiegarla meglio".
A Serra risponde il suo stesso giornale, con un editoriale di
prima pagina dello storico Pietro Scoppola. L’articolo comincia
così: "Il crocifisso non è un simbolo di identità
nazionale". Visto? Aveva ragione Serra. Professore, che
cos’è, dunque, il crocifisso? "E’ molto di più:
ha un significato universale che scavalca ogni confine".
Mizzica. Ancora: "Il laico può, io credo, non solo
riconoscere nella croce il segno di una civiltà e di una
storia che è anche la sua, ma può condividere i
valori che essa implica di solidarietà al dolore umano
e di speranza di liberazione".
Ieri no Concita De Gregorio, no girotondi. Per il resto, Pietro
Veronese non è ancora arrivato in Iraq (no Locaputo no
Baghdad); divertente la rubrica "Belpaese" di Alessandra
Longo; noiosa la "Liana’s Version", terza recensione
in tre giorni della pièce teatrale, "geniale la recita,
geniale la trovata", scritta da quegli elisabettiani dell’Associazione
nazionale magistrati.
Un editoriale di Thomas Friedman, tradotto dal New York Times,
è titolato "Libertà e democrazia le armi contro
i terroristi", ma Friedman scrive: "Sono quindi favorevole
a un’invasione dell’Iraq se pensiamo che possa portare a un cambiamento
di regime e a una democratizzazione". A proposito di cambiamenti.
A Sebastiano Messina hanno cambiato la firma in Sebastino, senza
la "a", mentre la sua rubrica di critica tv recensisce
una canzoncina di "Chiambretti c’è" come se
fosse nuova, ma in realtà è andata in onda tutto
l’anno scorso. Rep., poi, annuncia i cambiamenti grafici dell’espresso
di Daniela Hamaui. Due quelli più evidenti in copertina:
la "e" minuscola di "espresso" e la "u"
superflua di "Quatar".
(continua)
21 Settembre 2002