Camillo di Christian RoccaRedazionalmente Corretto del 27 settembre 2002

La
prima pagina di Repubblica (Rep.) di ieri, 26 settembre, è
dedicata al discorso di Silvio Berlusconi in Parlamento: "E’
un dovere stare con Bush", ha detto il Cav. Per non dare
l’impressione di filoamericanismo o di filoberlusconismo Rep.
si produce in tre o quattro sberle sia al Cav. sia a Bush. Il
presidente americano è un cattivone, e Rep. lo spiega
in una decina di articoli. Prendiamone tre: Jean Daniel, intellò
della sinistra francese, scrive l’editoriale "Se l’America
diventa il gendarme del mondo", un titolo che a Red. Corr.
pare aver già visto un centinaio di volte negli ultimi
mesi. Il contenuto, invece, è bello originale: "Il
nostro avvenire non dipende dal grado di ostilità di cui
gli Usa potrebbero essere vittime, e non si può perdere
tempo prezioso su ciò che è secondario". Oh-la-la,
le terrorisme est une connerie. Piuttosto ci si preoccupi dell’America
perché "il futuro potrebbe invece dipendere in gran
parte dal modo in cui l’attuale amministrazione Bush" eccetera
eccetera. Jean Daniel denuncia che "la sola enunciazione
di questa formula comporta di per sé l’abbandono di ogni
tipo di isolazionismo". La riga dopo, però, scrive:
"Notiamo onestamente, per inciso, che questo è quanto
ognuno si augurava quando Bush entrò alla Casa Bianca".

Rep. pubblica anche un articolo di Gino Strada (Str.), inopportunamente
impaginato intorno alla pubblicità di Agiolax, "il
lassativo a base di plantago ovata e senna frutti". Scrive
Str. sullo sbarco degli americani in Normandia: "E’ indispensabile
che quel bagno di sangue non si ripeta, perché ci lascia
molto amaro in bocca, per usare un eufemismo, una libertà
conquistata e goduta al prezzo di milioni di morti". La
confezione di Agiolax stavolta rimane intonsa.
In Cultura c’è un paginone di Gore Vidal, dove si legge
che "il repellente Osama è stato scelto, per motivi
puramente estetici, come logo per la conquista dell’Afghanistan,
per la quale i piani venivano elaborati da vari anni, prima dell’11
settembre. Osama ­ sempre che sia stato lui ­ ha semplicemente
fornito il trauma necessario per scatenare una guerra di conquista".
Rep. ci crede davvero a queste stranezze? Evidentemente no, viceversa
non avrebbe pubblicato un discorso di Al Gore, che da ex vicepresidente
oltre che da cugino di Vidal, un certo ruolo in quei "piani
elaborati da vari anni" ce l’avrà pur avuto. Il servizio
che Rep. fornisce ai lettori è utile. Gore ricorda che
quando nel 1991 Bush padre si ritirò dall’Iraq, si sentì
personalmente "tradito dal frettoloso allontanamento dal
campo di battaglia, mentre Saddam aveva ripreso le sue persecuzioni".
Red. Corr. però fornisce a Rep. un altro discorso di Gore,
pronunciato al Senato il 18 aprile 1991. Questo: "Voglio
dirlo chiaramente, il presidente Bush non deve essere accusato
di aver risparmiato Saddam Hussein. C’era un chiaro consenso
sul fatto che gli Stati Uniti non dovessero includere la conquista
dell’Iraq tra i suoi obiettivi".
Poi tocca a Berlusconi. Giuseppe D’Avanzo (Dav.) glorifica il
Filippo Mancuso che accusa Cesare Previti e i suoi compagni di
merende. Mentre Concita De Gregorio, sempre tenera, lo definisce
più volte "povero", "solo" e "tradito"
perché "parla con voce rotta e quasi piangente alle
sette di sera in un’aula vergognosamente già deserta".
Dav. interviene anche sulla legge Cirami e, calendario alla mano,
studia le mosse degli avvocati. Ottimo lavoro, anche se quando
scrive che "la Corte Suprema chiede alla Consulta"
l’affare si complica. Abbiamo anche noi una Corte Suprema oppure
il Cav. ha chiesto un aiutino a Bush?
Le altre cose, in breve. Franco Cordero è irrecensibile
fin dall’attacco: "Cominciamo ab ovo". Un titolo dice
che per la moglie di Lionel Jospin suo marito è stato
sconfitto perché "tradito dai giovani", ma Rep.
non aggiunge "di sinistra e figli dei sessantottini"
come scrivono gli altri giornali. Gli Spettacoli ammorbidiscono
la dichiarazione del liberal Steven Spielberg ("Bush ha
ragione a volere la guerra preventiva") con un titolo più
soft: "Se ci protegge sono con lui".
Michele Serra da un paio di settimane è un problema. La
sua "Amaca" di ieri era davvero intorcigliata. Una
riga diceva di non poter condividere niente con chi vota per
il Cav., e la riga dopo lo negava perché capisce che "questo
sentimento escludente è pericoloso e sgradevole",
oltre che "il riflesso speculare dell’astio quasi razzista
che quella destra distribuisce, da anni, contro l’Italia di sinistra".
Alla fine, e con mille tormenti, Serra decide di non sentirsi
concittadino di un berlusconiano. E non è una questione
politica, "è lo sguardo quotidiano". Molto snob.
(continua)

X