Camillo di Christian RoccaRedazionalmente Corretto del 16 ottobre 2002

La
prima pagina di Repubblica (Rep.) di ieri, 15 ottobre, si apriva
con un bellissimo articolo di Adriano Sofri che comincia così:
"Caro Gino Strada, voglio litigare con te, di brutto".
Sofri spiega ai pacifisti che "anche le armi possono fermare
i massacri". L’articolo continua a pagina 17, una pagina
da ritagliare perché oltre a Sofri c’è anche un
ottimo articolo di Tito Boeri sui "paradossi della crisi
Fiat": "Non è affatto ovvio che oggi l’Italia
debba ancora puntare sull’auto ­ scrive ­ né che
si debba a tutti i costi salvaguardare la nostra impresa simbolo".
Sulla Fiat continua la santificazione del Cav. L’informatissimo
Enrico Romagna-Manoja inizia così il suo articolo: "Signori,
forse non ci siamo capiti. Qui non è aria di regali: noi
possiamo anche entrare in Fiat Auto, ma solo se tutti, voi per
primi, la Gm e le banche, faranno la loro parte". E’ il
Berlusca che parla e, scrive Rep., "su Fresco, Galateri
e Boschetti è calato il gelo". Ancora: "Il gioco
è stato davvero durissimo per il vertice Fiat, tanto che
all’uscita da Villa San Martino l’umore degli uomini del Lingotto
era nero e i saluti sul portone sono stati poco più che
gelidi". Il Cav. ha detto: "Primo: scordatevi di scaricare
sui conti pubblici le vostre perdite"; "Secondo: se
lo Stato entra dovrà avere voce in capitolo sul management";
"Terzo: il piano degli esuberi deve essere cambiato".
W il Cav., W la nuova Rep. La pagina è completata da una
pubblicità di MicroMega che annuncia: "Peter Gomez,
Marco Travaglio – Se li conosci li eviti". Rep. è
sempre più simile al Fogliuzzo. Massimo D’Alema (Max)
fa polemica contro "la mediocrità del governo"
che "riceve i vertici Fiat a casa sua" e "punta
al Corriere". La questione interessa molto a Rep., ma a
parte Max non trova nessuno che confermi la tesi. Neanche gli
accerchiati: Paolo Mieli, infatti, smentisce, e così anche
Cesare Romiti. A Max resta il cerino acceso, ma le sue parole
sono "salvate" da un corsivo di Michele Serra scritto
per Bossi: "Il comiziante, si sa, ha da tenere vispo l’uditorio,
e dunque dare del ladro o dell’imbecille a qualcuno, comiziando,
è solo un espediente retorico".
In breve, il resto: Pietro Veronese è volato a Bali per
raccontare il day after dell’attacco terroristico (Baghdad rimane
coperta dal "poeta visionario" Guido Locaputo); l’elogio
di un giornale tedesco a Nanni Moretti è confinato in
una didascalia; Piero Colaprico (Col.) fa uno scoop: l’uomo che
si schiantò sul Pirellone era "in mutande",
Col. si domanda "perché sapere che Fasulo volava
così, come se fosse al mare, fa aumentare l’inquietudine?";
l’articolo sulla deposizione di Stefania Ariosto non riporta
le risposte grottesche della teste Omega nonostante ammetta che
"paradossalmente, oggi la Ariosto interessa più alle
difese che all’accusa"; la storia sul russo che nel ’62
"fermò il lancio di un missile atomico" è
imprecisa, non siamo mai stati "a un minuto dall’Apocalisse",
perché quello non era un missile, ma un siluro sottomarino
che sarebbe esploso, appunto, sott’acqua.
Infine due scorrettezze. L’articolo di Liana Milella sulla legge
Cirami è titolato: "Il Colle non convince i giuristi:
la legge resta incostituzionale". I giuristi sono due, ma
uno, l’ex presidente della Corte, Giovanni Conso, sostiene che
è legittima.
Antonello Caporale (Cap.) intervista Ignazio La Russa. Il titolo
dice: "Io fascista? Non mi pento". La Russa non ha
detto questa frase, che invece è dell’ineffabile Cap.,
che se la canta e se la suona.
Rep. ha stampato 747.888 copie, Il Corriere della Sera 810.270.
(continua)

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