Camillo di Christian RoccaRedazionalmente Corretto del 17 ottobre 2002

La
prima pagina di Repubblica (Rep.) di ieri, 16 ottobre, aveva
due grandi notizie, un massacro in famiglia e il caso Fiat, "Gm
mette in guardia la Fiat", corredato da un corsivo del direttore
secondo cui "la Gm è oggi l’unica soluzione possibile".
Nessuno, invece, spiega ancora quale possa essere la "soluzione
possibile" per il centrosinistra. Sono già passate
un paio di settimane dal voto parlamentare sull’Afghanistan e
ancora Rep. non è riuscita a far partire il dibattito.
Ezio Mauro aveva scritto un superbo articolo-manifesto sulle
colpe di quella stessa sinistra girotondista, ginostradista,
sindacalista e antiamericana che fino a quel momento aveva esaltato.
Poi, il silenzio, con l’eccezione del fondatore Eugenio Scalfari,
e di un opinionista esterno come Massimo Salvadori (il quale
è stato costretto a "dialogare" con un articolo
di Giovanni Sartori pubblicato dal Corriere). Gli altri, tutti
coloro che per mesi hanno spiegato che i girotondi erano una
risorsa per la sinistra, fanno finta di niente o preferiscono
scrivere del Cav. I lettori di un grande giornale d’opinione
si meritano qualcosa di più.
Ieri, almeno, c’era un’intervista a Giuliano Amato, dai contenuti
impensabili fino al giorno della disfatta parlamentare. Amato
dice a Massimo Giannini che la politica estera della sinistra
è sbagliata ("pacifisti lo siamo tutti, santissimo
Iddio! Ma poi c’è la politica, che deve dare soluzioni
e non solo cavalcare le emozioni"), che lo Stato non deve
entrare nel capitale Fiat, che "è sbagliato manifestare
davanti al Quirinale" e che considera lo sciopero generale
della Cgil "un residuo di una vecchia fase". Fosse
solo questo. Amato dice, testuale, che la famigerata legge Cirami,
sulla quale Rep. continua a fare un’ammuina probabilmente di
facciata, "difficilmente potrà essere usata nel processo
di Milano". Non salva Previti, insomma. Sostiene Amato che
la sinistra "dovrebbe evitare di ripetere l’errore che già
fece sulle rogatorie, quando nonostante i miglioramenti apportati
nell’iter parlamentare si ostinò a prefigurare conseguenze
disastrose che poi non si realizzarono".
Amato, cioè, fa compiere a Rep. un balzo avanti nell’elaborazione
della nuova linea politico-editoriale. Non solo anti ulivista,
ma anche meno anti Cav. (Riuscirà, ora, Curzio Maltese
a togliere "rogatorie" e "Cirami" dal rosario
delle malefatte del Cav. che sgrana quotidianamente?). Marco
Travaglio, invece, ieri ha scritto un articolo di fredda cronaca.
Trattenuto, con le manette riposte nel taschino, nonostante la
procura avesse "indagato il sindaco Chiamparino". Non
un uomo del Cav., d’accordo, ma una cosa peggiore, un antigiustizialista
di sinistra.
La pagina giudiziaria è completata da un inutile scoop
di Carlo Bonini (Bon.): "Telecinco, processate Berlusconi.
A Roma le carte di Garzón". Messa così sembra
che si stia abbattendo chissà quale tempesta sul Cav.
Invece no dice Bon.: "Diciamolo subito: la storia appare
dall’esito verosimilmente segnato, anche se non ancora formalmente
definito". Direte: vabbé, la solita insabbiatura
di un governo in conflitto di interessi. Macché. Spiega
Bon. medesimo: "A stare alla lettera del codice, il capo
di imputazione esce monco dalla prima verifica". Monco,
e non solo a una prima verifica: "Pone il ministro Castelli
nell’impossibilità, quand’anche volesse, di dare corso
all’azione penale così come configurata da Garzón".

Vittorio Zucconi (Zuc.), il George Lucas del giornalismo italiano,
stupisce con i soliti effetti speciali e racconta in modo magistrale
le ultime macabre notizie sul serial killer che gli impedisce
di fare serenamente il pieno. Zuc. vuole fargliela pagare, ma
così tanto che sarebbe disposto a dare l’ok "all’Apocalisse
sulla Mesopotamia" e a riconoscere il legame "bin Laden-Saddam"
se Bush inserisse il killer di Washington nell’Asse del Male
e gli consentisse di riportare il cane ai giardinetti: "Un
colpo, un morto, game over", scrive Zuc., e non si capisce
se parli delle vittime del killer, del killer medesimo o di quella
canaglia di Saddam. Purtroppo "neppure Bush potrà
dichiarare guerra a Washington". Zuc. ormai è sfottuto
anche at home. Ieri una sua precisazione sull’orario "dell’incontro
tra il destroyer americano e il sottomarino sovietico",
di cui aveva scritto martedì, è stata titolata:
"L’ora esatta dell’Apocalisse".
Giorgio Bocca ha commesso una leggereza. Nell’articolo "gli
opportunisti al capezzale della Fiat" ha scritto che "proprietà
e direzione sembrano partecipi di una stessa demenza finale:
organizzano a Torino una cerimonia trionfale, un Te Deum alla
presenza del Capo dello Stato, della corte, degli stati generali".
Ma a quel "Te deum" partecipò anche Eugenio
Scalfari, il quale scrisse anche un commosso articolo che cominciava
così: "John Elkann Agnelli (sic) era bellissimo,
un giovane Re Sole".
Due cose dagli Spettacoli. Sebastiano Messina, da poco critico
televisivo di Rep., ha acceso la tv e si è accorto che
c’è un comico sulle reti Mediaset che le canta chiare
al Cav. Messina s’è fatto grasse risate e teme che il
Cav. cacci Enrico Bertolino. Quanto durerà?, si chiede
preoccupato. Lo domandi al critico precedente: Bertolino, infatti,
"dura" in tv da un paio d’anni.
Infine la Natalia Aspesi che rivendica "il diritto alla
delusione" per il Pinocchio di Roberto Benigni. Lei del
resto era stata chiara: "Qualche maligno speranzoso si aspettava
qualche battuta, qualche ammicco, qualche doppio senso sul’Italia
confusa e irosa di oggi. Sul suo premier, sul suo governo, sui
suoi lacché". E Benigni niente: non le va a fare
un paese dei Balocchi uguale a Milano 2 con i suoi ex lacché?
(continua)

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