La
prima pagina di Repubblica (Rep.) di ieri, 2 ottobre, si apriva
con la notizia dell’accordo tra l’Iraq e gli ispettori Onu. Un
editoriale di Lucio Caracciolo, "Tra realtà e ideologie",
spiegava che al di là dello scontro tra "inutili
idioti a stelle e strisce" e "servi sciocchi del macellaio
di Baghdad", il punto vero è che l’Italia non si
chiede "quali vantaggi pensa di trarne" dall’una o
dall’altra posizione. A Caracciolo non piace l’idea che il nostro
paese non chieda niente in cambio. Anche sul fronte delle idee
siamo messi male, dice Caracciolo: l’attuale maggioranza è
più o meno decisa a fare la guerra non per convinzione
ma per mostrare solidarietà all’America. Mentre la sinistra
è contraria all’intervento per non scontentare i suoi
elettori, così come fece la guerra in Kosovo soltanto
perché "voleva dimostrare la propria affidabilità
agli americani". Il dibattito è abbastanza confuso,
come spiega Rep. a pagina 11. L’Ulivo è diviso finanche
sull’invio dei mille alpini in Afghanistan, nonostante il 7 novembre
avesse votato per la partecipazione militare italiana a Enduring
Freedom. Ora ha cambiato idea, o forse no, ma resta il fatto
che "la conta sulla guerra mette a rischio il portavoce",
cioè il tentativo di dotarsi di una voce unica dell’opposizone
in Parlamento. Su questo argomento, non è intervenuto
nessun opinionista di Rep., ieri solo fredda cronaca. C’è
però un editoriale di Claudio Rinaldi, il quale si dedica
con attenzione alle mosse politiche del Cav. Un paio di giorni
fa aveva consigliato ai vertici dell’Ulivo di copiare la strategia
berlusconiana per vincere nel 2006, ieri ha spiegato agli stessi
che in fondo è inutile perché il furbo Cav. sta
pensando a nuove elezioni per risolvere i suoi problemi di maggioranza
e affrontare un’opposizione divisa e senza leadership.
Rep. pubblica anche un articolo sui riformisti a firma di due
ex leader della sinistra, Massimo D’Alema e Giuliano Amato (Max
& Giux). E’ un articolo che va tenuto caro, in quanto probabilmente
sarà l’ultimo che Rep. pubblicherà. Max e Giux,
infatti, sono gli sponsor politici del nuovo quotidiano "Il
Riformista" che uscirà a fine mese.
Da Max e Giux agli originali Max e Tux, intervistati da Antonello
Caporale (Cap.) per la sua rubrica dal titolo "Senza Rete"
(stesso nome della trasmissione calcistica di Paolo Liguori).
Cap. fa domande ancora più spiritose delle gag di Max
e Tux, tipo "come vi fate pagare? Estero su Estero?"
oppure "In questo periodo fate uso di droghe?". Gli
uomini del desk di Rep. però sbagliano l’occhiello: "Solenghi
e Lopez, alias Max e Tux". No, è al contrario. Solenghi
è Tux e Lopez è Max (così come D’Alema è
Max e Amato è Giux).
Rep. dà spazio a una polemica nata in seguito a un’inchiesta
di Concita De Gregorio (Conc.) su Forza Italia. Hanno smentito
tutti, ma Conc. conferma: "Tre delle persone che negano
dissidi me ne hanno parlato per ore, nei dettagli, chiedendo
di non essere citate. Io lo so, loro pure, adesso lo sanno anche
i lettori". A proposito di leadership, smentite e Conc.,
ieri la pagina delle lettere ospitava una precisazione dell’associazione
"Le Girandole" che lamenta quell’odiosa semplificazione
giornalistica che porta a chiamare "girotondi" un movimento
che invece ha "la caratteristica" della "mancanza
di leadership interna perché tutti ci sentiamo protagonisti
in uguale misura".
A pagina 21, Rep. racconta che "Papa Wojtyla rimpasta il
suo governo" come se fosse Mariano Rumor. Due pagine dopo:
"L’allarme del Social Forum: No a una nuova Genova".
La prima riga dice: "Occuperemo le banche" (Luca Casarini).
Poi: "Spero solo che la polizia stavolta svolga il suo compito"
(Vittorio Agnoletto).
Laura Asnaghi non ha ancora trovato un vestito bruttino in centinaia
di sfilate milanesi, neanche uno scialle, un cappellino, uno
chiffon, niente. Tutto meraviglioso.
L’articolo più bello è la lunga recensione-elogio
che Pietro Citati dedica al libro di Jonathan Safran Foer, "Ogni
cosa è illuminata" (segnalato qui la primavera scorsa).
C’è anche uno scoop, negli Spettacoli. Gino Castaldo ha
ascoltato in anteprima la colonna sonora di Pinocchio: "C’è
anche una canzone, una strampalata e lunatica filastrocca piena
di crì crì e crà crà cantata con
anarchica allegria da Roberto Benigni".
Poi c’è il caso Iraq-Locaputo. Red Corr. era venuto a
sapere che Rep. avrebbe finalmente mandato il suo inviato a Baghdad
grazie a Guido Locaputo, teatrante di Bisceglie definito da Rep.
"un poeta visionario" e da noi "amico di un amico
di Saddam". Così è stato. Ora i vertici di
Rep. hanno commissionato un’indagine interna (affidata a Bon.
& Dav.?) per smascherare la gola profonda che ci ha passato
la notizia. L’esito è strampalato quasi quanto la filastrocca
di Benigni: lo avremmo saputo grazie alle comuni radici pugliesi
del poeta visionario e della moglie del direttore del fogliuzzo.
Non è vero, crì crì, crà, crà.
(continua)
3 Ottobre 2002