La
prima pagina di Repubblica (Rep.) di ieri, 23 dicembre, XI Giorno
della Nuova Era Riformista, Automobilista, Libera & Giusta,
si apriva con "la battaglia della Finanziaria". Strano
giornalismo quello di Rep., molte opinioni e pochi fatti (sembra
il Foglio). Tra domenica e lunedì ha pubblicato una ventina
di articoli critici con la manovra economica del governo e altrettanti
editoriali durissimi sugli "assalti alla diligenza"
e i disastri del Cav. Abbiamo letto di tutto: Casini che protesta,
il premier che si sfoga, Pera che si sveglia di notte, Tremonti
che si assenta, Tremaglia che si adira, il welfare che rischia,
le lobby che ringraziano, le Regioni che criticano, i Comuni
che si infuriano, i centristi che si indignano, l’Ulivo che insorge.
Tutto più o meno vero: ma perché non dire ai lettori
che cosa prevede la Finanziaria? Rep. sembra in esercizio provvisorio
di informazione, proprio mentre gli altri giornali, Il Corriere
della Sera e La Stampa, raccontano con schemi, grafici e articoli
dettagliati gli sgravi per le famiglie, la possibilità
di mutui a tasso zero per i neo sposi che acquistano la prima
casa, i meccanismi dei condoni, quanto c’è da pagare e
che cosa si può sanare. Rep. niente, solo un articolino
incompleto sull’edizione di domenica. Con i commenti invece non
si è badato a spese. L’Italia del Cav. è descritta
come un paese delle banane, con ottimi argomenti anche; una comunità
stufa dei soprusi del Cav., del suo interesse personale, dell’illegalità
elevata a sistema. Sarà vero? Leggendo Renato Mannheimer
sul Corriere si scopre che più del 60 per cento degli
italiani è favorevole ai condoni che non piacciono a Rep.
Giorgio Bocca, indignato anche alla vigilia del Santo Natale,
scrive un editoriale dal titolo "Il Paese spaccato dal Cavaliere".
Alla decima riga c’è una citazione sbagliata: "L’uomo
che si era proposto, vantandosene, di rifare il Paese, di rivoltarlo
come un calzino". Parla del Cav., ma tutti sanno che l’uomo
che disse di voler rivoltare l’Italia come un calzino non era
il Cav. ma un magistrato del pool di Mani Pulite. Anche Michele
Serra, umoralista di Rep., è indignato assai. La causa
contingente è l’assenza dei polisti all’inaugurazione
dell’Auditorium di Roma. La ragione è chiara, spiega Serra,
"è la scadente vocazione culturale della destra di
governo". Che altro se no? C’è anche la "disparità
culturale tra i due pezzi del paese", ovvio. In due parole
è "l’inferiority complex" a non aver portato
i berluscones all’Auditorium. Mentre, come si sa, a Giovanna
Melandri bastarono due spaghi al sugo chez Gambero Rosso per
non andare alla prima della Scala. Rep. non dà tregua
a questi poveri cristi dei polisti: se non vanno alla prima,
Serra gli dà degli ignorantoni; se ci vanno, Natalia Aspesi
gli dà dei cafoni parvenu. (A proposito: Serra c’è
poi andato all’Auditorium o era impegnato a dare lo "stop
alle telefonate" nello show della Lotteria Italia?).
Rep. è tornata a drammatizzare, come non gli capitava
da tempo. Per capire la linea del giornale, l’articolo da leggere
è sempre quello di Massimo Giannini, il cecchino di Rep.
Un paio di mesi fa intervistò Sergio Cofferati e gli levò
la pelle, ora che Rep. è tornata sulle barricate lo ha
intervistato di nuovo e gli ha fatto un monumento.
Domenica, come sempre, è intervenuto Eugenio Scalfari.
Il suo lungo editoriale è sugli scenari di guerra 2003.
La tesi è questa, la guerra può essere scongiurata
solo se Saddam si facesse da parte. Ma impressiona un altro ragionamento.
Secondo Scalfari, se Osama colpisse l’Europa, regione "non
coinvolta nella sindrome imperiale americana", l’offensiva
terrorista "accrescerebbe i sentimenti pacifisti".
Scalfari prevede il futuro. "Personalmente scrive
a proposito della ripresa economica – credo che si verificherà
solo a partire dal 2006". Scalfari lo sa. E’ il Fondatore
complex, direbbe Serra.
(continua)
24 Dicembre 2002