Camillo di Christian RoccaBORN (OR NOT) IN THE USA

Washington. C’era un ragazzo che voleva fare il talebano ma era nato in Louisiana. Una volta catturato e detenuto in carcere militare non resta che stabilire che cosa valga di più: essere americano o aver voluto combattere da talebano? Yasser Esam Hamdi, ventiduenne americano di origine saudita, è il paradigma vivente del feroce dibattito sulle libertà civili al tempo della guerra al terrorismo; Hamdi è il ragazzo sulla cui pelle si traccia la sottile linea di confine tra la difesa dei diritti costituzionali e le esigenze di sicurezza nazionale.
Nell’estate del 2001, poco prima degli attentati dell’11 settembre, Hamdi si era trasferito in Afghanistan per arruolarsi nelle milizie talebane. Quando gli Stati Uniti dichiararono guerra al regime di Kabul fu catturato al di là delle linee talebane e quindi portato a Mazar i Sharif, dove c’era anche John Walker Lindh, il più famoso degli american taliban. Hamdi partecipò anche alla rivolta di Mazar i Sharif, sedata poi con difficoltà dagli americani. Da lì è arrivato nel campo militare di Guantanamo, insieme con molti altri guerriglieri islamici.
Hamdi è un "enemy combatant", un soldato nemico degli Stati Uniti. A Guantanamo si accorsero che il ragazzo era nato in Louisiana, che era cittadino americano. Ad aprile fu trasferito nella prigione militare di Norfolk, in Virginia, dove la legge marziale gli impedisce di vedere avvocati e non è necessario che qualcuno avanzi un’accusa specifica nei suoi confronti. Hamdi è americano, dicono i suoi avvocati, e in quanto tale deve poter godere degli stessi diritti costituzionali dei connazionali.
Ad agosto la Corte distrettuale di Norfolk aveva dato ragione ad Hamdi, le informazioni sulla cattura rilasciate dal Dipartimento di Stato non erano sufficienti a giustificare la sua detenzione e l’applicazione della legge militare. Ma due giorni fa la decisione è stata ribaltata da un tribunale federale con argomenti forti. I tre giudici della Corte d’Appello hanno statuito che "la salvaguardia dei diritti che spetta a ogni americano nei processi civili non deve essere necessariamente applicata quando si tratta di guerra". Cittadino o no, Yasser Hamdi può correttamente essere processato quale nemico degli Stati Uniti, secondo la legge marziale. Non solo. Per i giudici federali, i tribunali d’ora in poi devono essere "highly deferential", devono tenere conto delle esigenze nazionali in tempo di guerra, anche se si tratta di un conflitto non convenzionale come quello contro il terrorismo. Il talebano americano, hanno aggiunto i giudici nella sentenza, "è detenuto secondo ben consolidate leggi e consuetudini di guerra. E il fatto che sia un cittadino americano non influisce sulla legalità della sua detenzione come soldato nemico".
Uno degli avvocati di Hamdi, Frank W. Dunham, ha obiettato che prima di considerare il suo cliente un soldato talebano, la Corte avrebbe dovuto dargli la possibilità di provare il contrario. Secondo i giudici erano le circostanze stesse della cattura a dimostrare il tradimento: "Dato che Hamdi si trovava nella zona di operazioni di combattimento in un conflitto con un paese straniero () la Corte riconosce che la Costituzione non gli garantisce il diritto di richiedere che siano riesaminati i fatti che hanno determinato la sua cattura".
Hamdi ha invocato la Convenzione di Ginevra, che imporrebbe a Washington di istituire un tribunale per determinare se l’aver preso parte al combattimento costituisca di per sé un reato. Ma la Corte ha respinto la richiesta perché la Convenzione può essere invocata soltanto da un paese o da diplomatici, non da privati cittadini. Il ministro della Giustizia, John Ashcroft, ieri era felice come un bambino, "è un’importante vittoria per le possibilità del presidente di proteggere il popolo americano", ha detto. Ovvio che i militanti delle libertà civili abbiano letto diversamente la sentenza, come un’abdicazione della magistratura al dovere giudiziario di proteggere i diritti dei cittadini. Alcuni di loro pensano che la decisione sia simile a quella, oggi vergognosa, che durante la Seconda guerra mondiale fece entrare migliaia di americani di origine giapponese nei campi di prigionia. Ashcroft, più semplicemente, pensa che "tenere i soldati nemici in galera serve a evitare che tornino a combattere contro l’America". Il principio stabilito dalla Corte vale per qualsiasi nemico, born or not in the Usa.

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