Camillo di Christian RoccaManute Bol, ancora

Già uno viene dal Sudan. Con quel fisico, poi. Più simile a un Magnum Algida (sciolto però) che a una persona normale. Alto alto, secco secco. Dinoccolato è dire poco, con quei suoi 2 metri e 32 centimetri. Eppure, Manute Bol, giocò nell’Nba. Basket professionistico, bellezza. Non segnava quasi mai (2,6 punti di media a partita), ma da centro dei Philadelphia 76ers diventò uno dei più abili stoppatori della Lega, un ottimo difensore. Sì, anche un milionario di dollari. Poi venne in Italia, come dire il Sudan dei canestri. A Forlì, era il 1995, giocò qualche partita, poi tornò in Sudan. In Africa è rimasto invischiato nella guerra civile. La sua gente, etnia Dinka, religione cattolica, combatte contro i musulmani arabi del Nord. Manute non è riuscito a stoppare la guerra né a difendersi dai dolori allucinanti al ginocchio. Spesso non riusciva neanche ad alzarsi dal letto. I soldi addio. Persi in operazioni finanziarie sballate e in aiuti ai ribelli (circa 3 milioni e mezzo di dollari) e ai suoi mille parenti. Viveva in una catapecchia, a Khartoum. Ora in qualche modo è riuscito a tornare in America, ad Hartford, Connecticut.
Già, appunto, uno viene dal Sudan. Ma stavolta da quarantenne squattrinato. Che fare? Darsi alla boxe può essere un’idea. Qualche mese fa ha partecipato al Celebrity Boxing show, una delle più agghiaccianti idee televisive degli ultimi anni. Si prendono degli ex volti noti allo sbando e li si fa combattere sul ring. Il match più pubblicizzato è stato quello tra Tonya Harding, la pattinatrice che nel 1994 bastonò la sua rivale Nancy Kerrigan, e Paula Jones, ex accusatrice di Bill Clinton. Manute ha combattuto, e vinto, contro un ex giocatore di football, in cambio la tv ha mandato in onda il numero verde di una Fondazione per i bambini del Sudan. Anche il premio, 35 mila dollari, è andato in Africa. Infine s’è dato all’hockey su ghiaccio. Il proprietario degli Indianapolis Ice, squadra della Central Hockey League, gli ha offerto un contratto. L’idea era quella di piazzarlo davanti alla porta, e poi ci provassero gli avversari a segnare. Nella prima partita, Manute è rimasto in panchina. Alla fine del primo dei 4 tempi si è messo a raccogliere fondi tra il pubblico. Poi ha lasciato la squadra, ed è tornato a casa.

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