Camillo di Christian RoccaRedazionalmente Corretto del 2 gennaio 2003

La
prima pagina di Repubblica (Rep.) di ieri, 1 gennaio, Giorno
I Anno II della Nuova Era Riformista, Automobilista, Libera &
Giusta, non era in edicola. Redazionalmente Corretto, “ossessionato”
e “inconsapevolmente gregario”, dedica il suo “spazio
fisso” a un documento eccezionale: Il Messaggio di Fine
Anno a Redazioni Unificate inviato dalla DirEzione di Rep. a
tutti i giornalisti del quotidiano di Piazza Indipendenza. Sembrerebbe
uno scherzo, uno scambio di persona tra un direttore di giornale
e un segretario di sezione. Invece pare che sia vero. Vergato
con le sue proprie mani da Ezio Mauro, gran direttore di Rep.
Non sono auguri rituali. Quello che segue è piuttosto
un manifesto programmatico, un appello ai Citoyens de la Rep.
Ogni due righe Mauro scrive che Rep. non è solo un giornale,
ma qualcosa di più. Addirittura più di una “vera
forza di opposizione”, più di un “giornale-partito”.
Secondo Mauro, Rep. ha “una speciale funzione di rappresentanza”
per lettori evidentemente insoddisfatti dei luoghi tradizionali
della rappresentanza parlamentare. Rep. come Terza Camera del
paese, praticamente una versione raeliana di Porta a Porta. Ecco
il testo, in corsivo qualche nota di Red. Corr.
“Vi scrivo per augurarvi buon Natale, con le vostra famiglie,
dopo un anno di duro lavoro comune che è servito a tenere
alta la bandiera di Repubblica (Rep.) in un paese sempre più
confuso, profondamente diviso, senza punti di riferimento sicuri.
Per una serie di circostanze, alcune delle quali evidentemente
non dipendono da noi, Repubblica (Rep.) si è trovata a
svolgere la sua funzione informativa in un quadro sempre più
bloccato, per quanto riguarda giornali e televisioni. Lo abbiamo
fatto cercando di rispondere sempre e prima di tutto alle esigenze
dei lettori che chiedono un’informazione completa e approfondita,
una cronaca inattaccabile, un’alta qualità nelle inchieste
e nei servizi speciali, una forte personalità dei commenti.
A tutto ciò Repubblica (Rep.). ha saputo far fronte. A
mio avviso lo ha fatto tenendo presente gli interessi del paese
come orizzonte entro il quale svolgiamo il nostro compito: senza
mai tradire il forte carattere di questo giornale, che da quando
è nato è sempre stato espressione della sinistra
moderna, europea, riformista. Si può fare dell’ottima
informazione testimoniando nello stesso tempo ciò in cui
crediamo, come cittadini e come gruppo collettivo di lavoro con
una storia alle spalle. Soprattutto quando ciò in cui
crediamo non è piccolo cabotaggio fazioso, ristretta visione
di parte (qui non rientra Kurz Maltese), ma qualcosa di diverso
e di più ambizioso: una diversa idea dell’Italia, rispetto
a quella dominante, e non importa se oggi questa idea è
minoranza.
Avere questo parametro preciso, rispetto al quale si giudica
ciò che oggi accade, ci profila talvolta secondo alcuni
come la vera forza di opposizione nel nostro paese. Tutto ciò
ricorda la vecchia polemica contro Repubblica giornale-partito.
Ho sempre pensato, negli anni passati, che questa definizione
fosse frutto prima di tutto di pigrizia mentale da parte di chi
non sa definire altrimenti quel “di più” che
Repubblica rappresenta rispetto agli altri giornali, il suo particolare
rapporto con il lettore, una speciale funzione di rappresentanza
che ci viene attribuita da chi ogni giorno ci sceglie in edicola
in un rapporto di fiducia e di appartenenza.
Chi dipinge noi, che non abbiamo mai corteggiato l’antipolitica,
grazie al cielo (affermazione esagerata: il girotondismo, il
panchopardismo, il noglobalismo e il cofferatismo di qualche
mese fa, che cosa sono? E il manipulitismo di questi ultimi dieci
anni? Mica basta non far più scrivere Travaglio per cancellarli
)
e che crediamo nella funzione primaria dei partiti, come la vera
forza di opposizione, dice dunque una sciocchezza. Ma di quella
frase, più che l’opposizione mi interessa la “forza”.
(Eziobi-Wan Kenobi, come il maestro jedi di Guerre Stellari).
Vorrei che fossimo tutti coscienti dell’energia informativa,
culturale, politica ma anche inventiva (qui parla di Zuccopycat),
creativa (anche qui), intellettuale che il nostro giornale sprigiona
(sprigiona? con la esse? A occhio non deve essere Travaglio)
e che lo rende protagonista e, più ancora, lo rende unico.
Ci sono giornali, circoli, ambienti ossessionati da noi, così
inconsapevolmente gregari da dedicarci uno spazio fisso ogni
giorno (Rep. parla di Red. Corr. solo durante le feste comandate).
Ci sono moduli e modelli giornalistici messi in circolo nel mestiere
proprio da Repubblica e divenuti patrimonio di tutti. Ci sono
battaglie culturali nate qui e cresciute nel paese. Ci sono lettori
che nel disorientamento italiano di oggi guardano a Repubblica
come a un punto di riferimento: appunto, qualcosa di più
di un giornale.
So perfettamente che tutto questo nasce dalla storia di questo
giornale e dalla sua anima. Ma ho imparato che cresce, e dura,
grazie al carattere intellettuale e professionale delle donne
e degli uomini che lavorano insieme qui. Siete voi per primi
che non considerate Repubblica soltanto un giornale, pur rispettando
fino in fondo le regole del mestiere, che vengono prima di tutto,
e lo rendete ciò che ogni giorno è: lo specchio
dell’Italia di oggi e insieme la testimonianza di un paese diverso,
nei valori, nelle regole, negli ideali. Tutto questo costa fatica
e un impegno speciale che non si esaurisce in un articolo, un
insieme di titoli, una tecnica soddisfatta. Occorre una passione
forte per il giornalismo, sapendo in ogni momento che si tratta
di un mestiere civile, utile per il paese chiunque governi e
qualunque sia la nostra opinione politica. In più serve
un fortissimo senso di appartenenza, la coscienza di essere Repubblica”.

(Che la Forza sia con voi. E anche la Libertà & la
Giustizia
).
(continua)

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