La
prima pagina di Repubblica (Rep.) di ieri, 20 gennaio, Giorno
XX della Nuova Era Forte, Elettrica, Libera & Giusta, si
apriva con: "Immunità se Saddam lascia". Gli
articoli sono corretti, anche perché tre su cinque sono
traduzioni straniere: il racconto di un piano saudita tratto
dal New York Times; un’intervista a Jacques Chirac, presa dalla
Welt; e un editoriale di Joseph S. Nye, accreditato di aver scritto
"tra l’altro un libro di grande successo: The paradox of
American Power". Vero, ma il libro è uscito anche
in Italia (Il paradosso del potere americano – Einaudi), curato
da Gianni Riotta, giornalista concorrente di Rep.
A pagina quattro c’è un lungo articolo di Federico Rampini
sulla "sfida delle due tv. Fox lancia l’assalto alla Cnn".
Il tema non è originale, anzi. Ma poco importa che la
stessa inchiesta si sia già letta una decina di volte.
Il punto è un altro: l’articolo è ottimo, racconta
giustamente che le cable tv in America contano pochissimo. Ma
chi ha fatto il titolo non ha letto l’articolo. Primo: "La
Fox lancia la sfida alla Cnn" non è una notizia,
essendo la sfida lanciata da parecchi anni. Secondo: la sfida
è così ampiamente lanciata, che Fox News l’ha già
vinta. E’ la prima cable tv americana (1 milione e 300 mila spettatori
contro i 930 mila della Cnn). Rampini lo scrive ma il titolista
di Rep. non se ne accorge e scrive che "la rete di Murdoch
punta sul conflitto per superare la rivale". Terzo: in un
box e in un grafico a corredo dell’articolo c’è scritto
che una delle star della Fox News è Paula Zahn, anchor
"rubata a Ted Turner" dall’orco Murdoch. E’ vero il
contrario, come è scritto nell’articolo: Paula Zahn era
a Fox News, poi è passata alla Cnn. Rep. News è
davvero fenomenale, il fatto che la rete "vicina alle idee
della Casa Bianca" sia di gran lunga più vista della
concorrente "vicina ai democratici" non le va giù.
Così manipola i titoli. Ma che gliene frega?
Le pagine 12 e 13 sono dedicate all’ennesima grande inchiesta
di Carlo Bonini, l’Austin Powers del giornalismo investigativo
italiano. Red. Corr., visti i precedenti, sospetta subito il
peggio. Eppure da una prima lettura sembra che tutto scorra liscio.
Errore blu, bluissimo. La cosa va spiegata per bene. Fin dall’enfasi
della prima pagina, Rep. annuncia che "l’inchiesta"
di Bonini-Austin Powers racconterà le "confessioni
degli ‘italiani’ di Guantanamo". Le pagine interne confermano:
"Nomi, reclutatori e basi dei soldati della Jihad a Bologna,
Torino, Milano, Como". L’articolo comincia con la notizia:
"Due funzionari della Polizia di prevenzione, l’Ucigos,
di cui Repubblica conosce il nome ma tace l’identità per
ragioni di sicurezza" sono andati nella base di Guantanamo
a interrogare gli otto fondamentalisti islamici che avevano una
qualche connessione con l’Italia. Bene. Sempre per motivi di
sicurezza, Bonini-Austin Powers chiama "B. e G." i
due investigatori. Ok. L’articolo riporta, con molti particolari,
le storie dei detenuti "italiani". Ma alla fine si
intuisce che le storie non sono inedite: sono state scrive
già consegnate "alla pubblicità dell’aula
di giustizia". Lo scoop non c’è, quindi. Tranne per
una cosa: "La versione ufficiale vuole che siano informazioni
trasmesse dagli Stati Uniti. I fatti – lo abbiamo visto – raccontano
altro".
Be’, in effetti lo abbiamo proprio visto: su Panorama del 2 gennaio,
a firma Fausto Biloslavo ed Elisabetta Burba. Titolo: "I
segreti degli italiani di Guantanamo". Sommario: "Da
Milano, Torino, Como sono partiti per combattere in Afghanistan.
E alcuni di loro sono finiti nelle celle di Cuba. Lì sono
stati interrogati dai nostri investigatori". C’è
tutto, compreso il nome di uno degli investigatori, il "B."
segreto di Austin Powers. Si chiama Bruno Megale. Se Austin volesse
dargli un’occhiata, a pagina 182 c’è anche una foto dell’agente
B. Una foto a colori (per ragioni di sicurezza, ovvio). (continua)
21 Gennaio 2003