FEAST ON SCRAPS (Warner Music)
Sappi che di questo articolo potrebbe non fregarti niente. Puoi evitarlo, però. Basta girare pagina. Szuaap, ed è fatta.
Rimani? Guarda che fai ancora in tempo, puoi tornare da quella bella figliola che c’è in copertina. Facciamo così, il dovere lo sbrigo subito: è uscito un dvd di Alanis Morissette con ventuno sue vecchie canzoni registrate dal vivo, più il backstage. C’è anche un cd audio, con 9 brani, alcuni inediti, altri mai usciti in cd e un’ottima versione acustica di Hands Clean. I due dischi si intitolano "Feast on scraps". Sono deliziosi. Fine della recensione.
Ci sei ancora? Cavoli tuoi. Io ti ho avvertito, d’ora in poi divago. Il punto è che stavolta non intendo parlare del disco. Scriverò di me e di Alanis Morissette. No, no, non la conosco. Sono mica come Elisa, io. Vuoi sapere chi è Elisa? Dài che lo sai. Elisa è quella che ha vinto Sanremo. A dirla tutta, mi piace anche Elisa. La sua canzone, con la luce che cadeva dagli occhi sui tramonti della sua terra, era bellissima. In fondo Elisa è la più credibile Alanis italiana. In questo dvd compare per un attimo, non come Elisa ma come una fan qualsiasi. Si presenta ad Alanis e le dice "nice to meet you". Non ci fa una gran figura, però è brava.
Darei una chance anche a Syria, ma canta canzoni troppo brutte. Possibile che nessuno le scriva brani decenti? Che diavolo ci vuole a trasformarla in una rockeuse? Copiate Alanis, no? Certo lei, Alanis, le canzoni se le scrive da sola. Mamma mia quanto è brava! Testi e musica. Cantautrice. Canadese. Come Joni Mitchell ("isn’t it ironic?"). Come Neko Case, brava ragazza che piace ai critici intellettualoni. Come Avril Lavigne, la supposed new Alanis.
E’ una malattia la mia. Alanis Morissette mi piace mi piace mi piace. Non so neanche se me ne dovrei vergognare, in realtà. Ho appena compiuto 35 anni, è giunto il momento di occuparsi di cose serie: Shostakovich, Brahms cose così. Che diavolo c’entra AM con la musica che mi è sempre piaciuta? Poco. Ma non riesco proprio a farne a meno.
Eppure sono il primo a dire che Alanis frigna troppo, che si lamenta sempre, che spesso le sue canzoni sono simili e i testi da Laura Pausini sfigata.
Di più: una volta ha detto di essere una specie di zoccola (si può dire zoccola su Capital?; essere zoccola è un difetto?). Non è alta, anzi è verticalmente svantaggiata, come si dice rispettando le convenzioni del parlare politicamente corretto. E’ anche forte di fianchi, Alanis. Io però la trovo bellissima. Altro che "so unsexy", come canta e pensa di essere lei.
Eppure quando uscì il suo primo disco non mi piacque. In realtà non me ne occupai granché. Tutti ne parlavano. Io decisi di soprassedere. Forse sbagliai lì. L’avessi presa a piccole dosi, non me ne sarei infatuato. E invece a un certo punto è scattato qualcosa. Cerco da tempo di ricordarmi quando cominciò questa follia. Credo sia colpa di Liv Tyler. Cantava e ballava, con la cuffia in testa e quel vestitino a fiori. Il film era "Io ballo da sola" di Bernardo Bertolucci, e la canzone non poteva che essere "You oughta know", la storia di una ragazzina che vorrebbe far sapere all’ex fidanzato che l’ha lasciata ("mi hai sostituita con la velocità di uno schiaffo in faccia ") per una donna più grande ("una versione più vecchia di me"), quanto stia soffrendo ("il casino che hai lasciato quando te ne sei andato"), e che cosa lui, il fidanzato, si perda a stare con la tardona ("è perversa come me? Al cinema si abbassa su di te come facevo io?"). Ma non è così. Ricordo male. Liv Tyler cantava una canzone delle Hole. (Caro Bernardo Bertolucci, dovesse pensare a un "director’s cut" di Io ballo da sola, faccia cantare "You Oughta know" a Liv Tyler – grazie).
Il bastardo di You Oughta Know, tra l’altro, credo sia cinque anni dopo lo stesso di Hands Clean: "Andiamo avanti di alcuni anni / e nessuno sa eccetto noi due/ Io ho rispettato la tua richiesta di silenzio/ e tu te ne sei lavato le mani".
(Nel mondo "Hands Clean" continua a voler dire mani pulite nel senso di lavarsi le mani, di fregarsene. Le manette non c’entrano, e il verso di cui sopra non è un tentativo revisionista di riscrivere la storia d’Italia con Alanis che dice a Di Pietro "io ho rispettato la tua richiesta di silenzio" e quello impertubabile poi "ha fatto Mani Pulite").
Alanis soffre, ma credo che le piaccia. E’ perversa la ragazza. In "Flinch", una delle sue canzoni più belle, chiede al suo uomo: "What are you my blood? You touch me like you are my blood, cioè "che cosa sei, il mio sangue? Mi tocchi come se fossi il mio sangue". E subito dopo: "What are you my dad? You affect me like you are my dad". Alanis pronuncia "you affect me" come se volesse dire "you fuck me", cosicché resta l’ambiguità: il tipo che prima la tocca come se fosse il suo sangue, poi che fa? "Influisce su di lei come se fosse suo padre" oppure se la "scopa" eccetera? In un’altra canzone, Alanis fa un elenco delle "21 cose" che vuole in un amante. Le ho esaminate. Io credo di averne 13 su 21. Sono crollato di fronte a "are you uninhibited in bed?" e davanti a "more than three times a week?". Tredici è un buon risultato. Dovesse bastare, io sono qua. Sperando che poi Alanis scandisca bene: a-f-f-e-c-t. Sennò me ne lavo le mani.
Joni Mitchell Travelogue (Nonesuch)
Joni Mitchell è meno canadese di Alanis Morissette, ma da una trentina d’anni è la regina uniersale del folk, del folk-rock, del folk-jazz. Questo pare sia il suo ultimo disco, e lo ha fatto in grande: 2 cd, 24 canzoni tratte dal suo immenso repertorio, suonate con l’orchestra e il contributo di Herbie Hancock, Wayne Shorter e Kenny Wheeler.
Avril Lavigne Let Go (Arista)
Avril Lavigne è più canadese di Alanis Morissette, più giovane, più punk, più pop, più bella. Le sue canzoni sono più arrabbiate, la sua voce è meno aggraziata. Pensate ad Alanis Morissette clonata da una cellula di Christina Aguilera.
Neko Case Blacklisted (Bloodshot Records)
Neko Case è solo mezza canadese, ma la sua voce è molto simile a quella di Alanis Morissette. Questo disco è stato osannato dalla critica nordamericana. A ragione. Il genere è quello più di moda da qualche anno: alternative country (alt-country), ma c’è chi lo chiama new-country. In realtà è country, però è bellissimo.