Camillo di Christian RoccaRECENSIRE IL NEW YORKER E SCOPRIRE CHE CI SONO LEGAMI TRA SADDAM E OSAMA

L’articolo principale del New Yorker di questa settimana è una lunghissima inchiesta di Jeffrey Goldberg. Il tema è il rapporto tra i terroristi di Al Qaida e Saddam Hussein. Secondo il New Yorker i legami ci sono, e le prove sono a disposizione dell’Amministrazione Bush. Le rivelazioni provengono da un giornale snob e antropologicamente lontano dai falchi della Casa Bianca. Proprio per questo, non può essere scambiato per una velina del Pentagono.
Le prove, dunque. Goldberg fa una premessa con la quale spiega i motivi delle sconfitte dell’intelligence americana, non aver previsto gli esperimenti nucleari in India, il connubio tra talebani e Osama e le avvisaglie dell’11 settembre. Ma anche il precedente dei precedenti: l’attacco giapponese a Pearl Harbor. La risposta che danno le fonti interpellate da Goldberg è unanime: l’America si guarda allo specchio. Si chiama così, nel gergo dell’intelligence, la tendenza a proiettare i valori e i comportamenti americani su quelli dei nemici e avversari. Gli Stati Uniti avevano tutti gli elementi per capire che Osama o i giapponesi o gli indiani avrebbero fatto sul serio. I segnali c’erano. Tra gli analisti e politici americani, spiega Goldberg, c’è questa tendenza a valutare le cose che non si conoscono come improbabili. L’imprevisto sembra una cosa strana; le cose che sembrano strane appaiono improbabili; e alla fine tutto ciò che è improbabile non viene preso sul serio.
Gli analisti della Cia, per esempio, hanno spiegato per anni che le differenze religiose tra gli sciiti e i sunniti erano così grandi da impedire qualsiasi eventualità di coalizione antiamericana. Oppure che il laico Saddam e l’islamico Osama non possono che essere nemici naturali. Possibile, ma dopo l’imprevisto chiamato "11 settembre" sono cambiate strategia, approccio e valutazione delle prove a disposizione dell’Amministrazione.
I segnali di un legame tra Osama e l’Iraq sono moltissimi, basta metterli tutti insieme per farsi un’idea. A cominciare dal "patto di non aggressione" raggiunto tra Saddam e Al Qaida nel 1993. La relazione è diventata più intima successivamente, riportano ancora le fonti dell’intelligence, quando un membro di Al Qaida di nazionalità irachena, Abu Abdullah al-Iraqi, fu mandato da Bin Laden a Baghdad per chiedere un aiuto sulla fabbricazione di armi chimiche. La missione andò a buon fine, e da lì a poco un imprecisato numero di istruttori della polizia segreta irachena (Unit 999) addestrò in diversi campi afghani gruppi di terroristi islamici.
Non solo. Secondo due disertori iracheni, Baghdad avrebbe addestrato i terroristi in tecniche di dirottamento di aerei, mentre l’ex direttore della Cia, James Woolsey, sostiene che "a Salman Pak, un campo vicino a Baghdad, c’erano gruppi di quattro o cinque terroristi islamici che si addestravano a dirottare aerei con piccoli coltelli". Ancora: il responsabile delle armi di distruzione di massa scelto da Osama era Mamdouh Salim, un iracheno già implicato nei programmi di sviluppo di armi chimiche in Sudan, e ora sotto processo per gli attentati alle ambasciate americane in Africa.
L’Amministrazione Bush considera seriamente anche le informazioni su Abu Wa’el, il cui vero nome è Saadoun Mahmous Abdulatif al-Ani, uomo dei servizi iracheni presso l’enclave islamista in Nord Iraq. Ci sono decine di segnali che l’enclave controllata dal gruppo Ansar al-Islam (affiliato ad Al Qaida) sia stata organizzata poco prima dell’11 settembre e che ora ospiti terroristi di Al Qaida fuggiti dall’Afghanistan. Il capo di Ansar al-Islam è un palestinese di nazionalità giordana, Mussa’ab al-Zarqawi, specialista, secondo i servizi europei, in terrorismo chimico e biologico e mandante, tre mesi fa, dell’omicidio di un diplomatico americano ad Amman. L’Amministrazione, infine, crede che Zarqawi sia scappato a Baghdad subito dopo l’invasione americana dell’Afghanistan. Lì fu curato in un ospedale, ma è sparito dopo la richiesta di estradizione avanzata dal governo giordano.
Dopo l’11 settembre, e per evitarne un altro, queste sono prove.

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