La prima pagina di Repubblica
(Rep.) di ieri, 10 marzo, Giorno I della Nuova Era Forte e Mielista,
si apriva con "Rai, contro Mieli scritte antisemite a Milano".
Il giornale diretto dell’ex vice di Paolo Mieli (che la Forza
sia con lui, con l’ex vice di Paolo Mieli) si è improvvisamente
innamorato di Paolo Mieli. Dello stesso Paolo Mieli che in questi
anni, specie dal Fondatore e dai senatori di Rep., è stato
esplicitamente accusato di intelligenza con il nemico, di cerchiobottismo,
di revisionismo, di terzismo, di paolomielismo. Eppure da due
giorni, da quando gli uomini del Cav. (gli stessi uomini del
Cav. che un anno fa scelsero Antonio Baldassarre) hanno nominato
Paolo Mieli al vertice della Rai, i republicones sono diventati
zuccherosi. Prima Massimo Giannini, il cecchino di Rep., con
una trafila di frasi di questo tipo: "Alta qualità";
"professionista dell’informazione di valore indiscusso";
"personalità indipendente e sempre sopra le parti";
"cda migliore di quello che gestì la Rai ai tempi
dell’Ulivo"; "il più valido da dieci anni a
questa parte"; "squadra di altro profilo, e bene assortita";
"Mieli è una garanzia". Complimenti al Cav.
nemmeno uno. Sono fatti così i republicones: se il Cav.
fa una cosa brutta dicono che è un truffatore-manigoldo,
se ne fa una bella dicono che non vale perché il Cav.
resta un truffatore-manigoldo paraponzi-ponzi-po. Ieri, per esempio,
c’era un editoriale di Curzio Maltese, già autore comico
del flop "Il caso Scafroglia" cacciato dai palinsesti
Rai dai telespettatori italiani e non da diktat bulgari. Maltese
(Curzioglia) è un babà con Paolo Mieli ("non
è il tipo da lasciarsi spaventare"; "è
stato un grande direttore"; "ha appena 54 anni";
"ha un magnifico posto alla Rizzoli"), ma pur ammettendo
che "una tv di Stato autonoma come la vuole Mieli segnerebbe
una piccola rivoluzione culturale nel paese", Curzioglia
non ci vuole credere, non ci può credere, no no no, non
è possibile che il Cav. l’abbia azzeccata, andrà
sicuramente tutto a ramengo, ché il Cav. è un truffatore-manigoldo
parapaponzi-ponzi-po. Chissà, magari ha ragione Curzioglia,
anche perché, diciamolo, "Mieli ha voluto affrontare
subito la questione del ritorno in video di Biagi e Santoro"
ma neanche una parola sul Caso Scafroglia.
Sul fronte Iraq, i republicones da qualche giorno hanno inaugurato
una bella rubrica di idee sulla guerra e sulla pace. Si intitola
"Americana", ma se la avessero chiamata "antiamericana"
non avrebbe fatto granché scandalo. Rep, infatti, è
impegnata in una ricerca con il lanternino di opinioni contrarie
all’intervento, pubblicate dai grandi giornali americani. Ieri
Jimmy Carter dal New York Times e addirittura Gary Hart dal Washington
Post. L’altroieri Benjamin Barber e sabato Noam Chomsky. Tutti
contro Bush, ovviamente, definito più o meno come il Cav.
e cioè truffatore-manigoldo eccetera. Ciascuno è
libero di pubblicare gli articoli che preferisce, ma forse un
grande giornale come Rep. dovrebbe raccontare con più
attenzione il dibattito americano sulle idee, tanto più
che sul Washington Post e sul Times, cioè sui giornali
della sinistra americana, sono più numerose le opinioni
favorevoli all’intervento rispetto a quelle contrarie. Ma i lettori
di Rep. non lo sanno. Thomas Friedman, per esempio, i cui articoli
Rep. pubblicava con frequenza, è scomparso. Motivo? E’
favorevole all’intervento.
Bello il reportage di Marco Ansaldo da quelle zone del Nord Iraq
controllate dai guerriglieri di Bin Laden. Divertente anche l’intervista
di Antonello Caporale (Cap.) al forzista friulano trombato Renzo
Tondo.
Ieri c’era anche una gran smentita di Michele Santoro, il quale
dice di "non aver mai concesso l’intervista a Repubblica
pubblicata domenica" e la definisce "libera e fantasiosa
ricostruzione di alcune dichiarazioni in un dibattito".
Rep. invece conferma. State accorti con Santoro, cari republicones:
se Paolo Mieli se ne accorge vi farà cantare Bella Ciao.
(continua)
11 Marzo 2003