La prima pagina di Repubblica
(Rep.) di ieri, 11 marzo, Giorno II della Nuova Era Forte e Mielista,
si apriva con "Il veto di Chirac alla guerra". Gli
editoriali sono tre. Il primo è di Bernardo Valli, chiaro
come sempre ma probabilmente il settimo o l’ottavo consecutivo
sulla crisi franco-americana (mai quanto i quattro mesi e mezzo
di recensione quotidiana di Rep.). Il secondo editoriale è
di Adriano Sofri. Molto bello ma Red. Corr. su AS è parziale.
Sofri è contrario all’intervento armato in Iraq, ma si
chiede se i pacifisti e i disubbidienti di oggi abbiano intenzione
di ripetere gli errori che fecero i pacifisti di 35 anni fa sul
Vietnam. Allora, racconta Sofri, "noi desideravamo la vittoria
dei vietcong". Oggi, invece, "salvo che un dio maligno
ci tolga di senno, non possiamo desiderare una vittoria irachena,
e nemmeno una resistenza efficace delle sue armi, e al contrario
dobbiamo augurarci che l’attacco angloamericano sia il più
rapido e il meno duro per la gente irachena". I pacifisti
di oggi sono d’accordo o tifano Saddam? Bel tema. Speriamo che
Rep. apra il dibattito. E che lo estenda fino a farci conoscere
cosa ne pensano non solo i Disubbidienti di Luca Casarini, ma
anche Sergio Cofferati e gli altri leader della sinistra italiana.
Il terzo editoriale è di Bill Keller, gran giornalista
e saggista americano. La rubrica è "Americana",
la stessa che ieri Red. Corr. aveva criticato in quanto più
antiamericana che pro yankee. L’articolo di Keller, sia pure
vecchiotto (la versione originale è stata pubblicata l’8
febbraio sul New York Times), rompe lo schema. Finalmente i lettori
di Rep. scoprono che in America esiste gente di sinistra favorevole
all’intervento armato in Iraq. Come scrive Keller "il presidente
ci porterà in guerra con l’appoggio di un certo numero
di appartenenti alla cricca dei media liberali della East Coast".
"Liberali" è la traduzione di "liberal"
che nel linguaggio politico americano vuol dire "di sinistra".
Il club, scrive Keller e deve essere stato proprio uno shock
per i lettori di Rep, "conta tra i suoi membri opinionisti
di tutto rispetto del New York Times, del Washington Post, direttori
del New Yorker, The New Republic e Slate, giornalisti di Time
e Newsweek". Keller usa una formula azzeccatissima per definire
se stesso e i suoi compagni di sinistra favorevoli al cambio
di regime in Iraq, tanto che con questa formula il New York Times
ci ha fatto il titolo. In inglese è questa: "The
I-can’t-believe-I’m-a-hawk club", il club di quelli che
"non-ci-posso-credere-sono-un-falco". La formula rende
bene il travaglio interiore di molti intellettuali di sinistra
che con il cuore sarebbero pacifisti, ma con la ragione si rendono
conto che Bush fa bene a volerci liberare dal dittatore iracheno.
L’articolo spiega questo, Rep. ovviamente rovina tutto. Titola
"Noi, falchi controvoglia allergici alla dottrina Bush",
e presenta l’opinione come se fosse un duro attacco alla Casa
Bianca. Non si può volere tutto, e quindi restano immutati
i complimenti a Rep. per aver tradotto l’articolo di Keller.
Rep. pubblica anche una bella pagina sulla ricostruzione del
dopoguerra: "La torta è ricchissima: 900 milioni
di dollari per ricostruire le infrastrutture", scrive Francesca
Caferri. Che continua: "Americani sono i principali candidati
a beneficiare di quello che si annuncia come il primo grande
affare del nuovo secolo". Come dire: vedete, ci sono gli
interessi economici, lo fanno per la grana. Gentile signora Caferri,
secondo lei chi scuce quei 900 milioni di dollari? (continua)
12 Marzo 2003