La prima pagina di Repubblica
(Rep.) di ieri, 19 marzo, Giorno I della Nuova Era Forte &
Degasperiana, si apriva con "Saddam respinge l’ultimatum".
L’editoriale è di Ezio Mauro (che la Forza sia con lui),
il quale dice subito che "la forza dell’unilateralismo americano"
è "qualcosa che non avevamo ancora conosciuto, nel
vecchio secolo". E’ così? Secondo l’esperto di geopolitica
di Rep., Lucio Caracciolo, non è affatto così.
A pagina 13, infatti, smentisce il suo direttore: "Quanto
alle Nazioni Unite sono state emarginate ogni volta che non servivano
alle maggiori potenze". E’ sempre stato così, dice
chi sa. "Ultimo caso è quello del Kosovo, quando
un gruppo di paesi, tra cui l’Italia, ha attaccato la Jugoslavia
perché riteneva giusto farlo. Senza chiedere permesso
all’Onu". A chi credere? All’autorevolezza dell’esperto
o alla forza del direttore? Anche l’esperto Antonio Cassese smentisce
Mauro (che la Forza sia con lui): "Non è la prima
volta che grandi potenze violano la Carta dell’Onu. E’ avvenuto
in tante occasioni, l’ultima fu il Kosovo".
Ieri quasi tutta Rep. era dual, conteneva una notizia ma anche
il suo contrario. C’era la balla, ma anche la verità.
Il poco esperto Giorgio Bocca, per esempio, non si è espresso
sull’idea di esportare la democrazia, ma è certissimo
che negli Stati Uniti sia stata già importata la dittatura.
L’espertissimo Magdi Allam, invece, ha spiegato ai republicones
che l’idea di liberare il Medio Oriente comincia ad avere i suoi
effetti: "La guerra darà il colpo di grazia a quel
che resta del mito del panarabismo. I leader arabi non vedono
l’ora che Saddam se ne vada, ma temono che l’onda lunga della
guerra li sommerga". Marco Politi, esperto di vaticanerie,
scrive fesserie sesquipedali quando dice che Bush "non è
riuscito a convincere neanche buona parte dei propri compatrioti".
La stessa boiata, Rep. la mette in bocca a Nanni Moretti: "Questo
è il conflitto del presidente Bush. Molti, forse la maggioranza
degli americani, sono fortemente critici con la decisione di
scatenare questa guerra". E, invece, scrive Rep, più
di sette americani su dieci sono favorevoli alla guerra.
La colpa, certo non è loro, è di Rep. che in questi
giorni non ha fatto altro che raccontare di una guerra di Bush-solo-di-Bush.
Più che una notizia era un wishful thinking, come direbbe
Massimo Giannini (un’illusione, insomma). Il giochetto è
durato poco, così nei giorni scorsi i republicones ne
hanno provato un altro: gli americani prima appoggiavano Bush,
poi le sue ultime mosse unilateraliste gli hanno fatto perdere
consensi. E’ così? Neanche per idea. Tanto che ieri, la
stessa Rep. è stata costretta a pubblicare un sondaggio
Abc/Washington Post, secondo cui il 71 per cento degli americani
è favorevole alla guerra. In forte crescita (12 punti)
rispetto alla settimana precedente.
A Zuccopycat è venuto un colpo quando gli hanno chiesto
di commentare la ricerca. Ma il dovere è il dovere. Così,
partendo da mooolto lontano, solo alla quinta colonna ha ammesso
che gli americani stanno con Bush (ma scrive "il 63%").
E sapete come commenta? Così: "Ma dunque uno su tre
non vuole la guerra" (ineccepibile), "non sono pochi"
(ahi) "e il dissenso fa presto a dilagare" (aridaje
cor wishful thinking). Zuccopycat, dunque, preferisce vedere
la bottiglia un terzo piena, piuttosto che due terzi vuota. Un
genio. A proposito: Zuccopycat dà di cretini ai neoconservative,
ai Kristol e ai Kagan che secondo lui "teorizzano la nuova
era americana sui mass media finanziati dall’australiano con
la baionetta, Rupert Murdoch, come la Fox Tv e l’American Spectator".
E’ vero? Non è vero. Bill Kristol è il direttore
di Weekly Standard, mentre Robert Kagan scrive per il Washington
Post. Per il resto, Kristol è spesso ospite alla Fox,
così come Zuccopycat partecipa ai talk show Rai, senza
che nessuno però gli dia del cretino per le sue comparsate
nella tv del miliardario di Arcore con la baionetta.
Rep. non ha dato la notizia, ripresa in tutto il mondo, della
discesa in campo al fianco di Blair e Bush e contro Saddam (e
la politica della Francia) di Bill Clinton.
(continua)
20 Marzo 2003