La prima pagina di Repubblica
(Rep.) di ieri, 20 marzo, Giorno I della Nuova Era Forte &
Andreottiana, si apriva con "Missili su Baghdad". Rep.
è un grande giornale, ed è riuscita a dare notizia
dell’attacco "all’alba". Di spalla c’è questo
titolo: "Berlusconi: sì alle basi, niente truppe".
Una sintesi perfetta della posizione italiana. Ma non solo di
quella italiana, anche la Spagna ha fatto così, e con
la Spagna anche Francia e Germania. "Sì alle basi,
niente truppe", su questo, almeno su questo, c’è
l’unanimità nella Vecchia Europa, (ovvio, con l’eccezione
della Gran Bretagna). Ma pensate che Rep. lodi il Cav. per aver
scelto la linea Chirac-Aznar-Schroeder? Volete pazziare?
Se ne occupa Massimo Giannini, il dual opinionist di Rep. La
sua tesi è ancora più intorcigliata di quella di
martedì. Il titolo è: "Il cortocircuito del
Cavaliere". Giannini in una sola frase riesce a dire che
la linea del Cav. "è corretta e condivisibile"
ma anche "contraddittoria e indifendibile". E se a
riga 9 scrive che "il dibattito ha almeno chiarito da che
parte sta il governo italiano", dieci righe dopo sostiene
che la linea italiana è "incerta e indecifrabile".
Riepiloghiamo. Secondo Giannini, l’Italia "sta con la guerra",
"anche se non lo può fare perché la Costituzione
non glielo permette". Perfetto, (anche se in realtà
è controverso, visto il precedente del Kosovo). Giannini,
però più in là, si chiede come mai il Cav.
"stia con la guerra" ma non la combatta fino in fondo?
"Questo interrogativo denuncia Giannini non
trova risposte convincenti". Ma come? Non l’ha scritto lui
che "la Costituzione non glielo permette"? Se la canta
e se la suona, insomma.
Red. Corr. non riesce a uscirne. Facciamo così: immaginiamo
che il Cav. abbia seguito quello che secondo Giannini (e Piero
Fassino) sarebbe un comportamento lineare per chi è convinto
della giustezza della guerra a Saddam. Facciamo finta, dunque,
che il Cav. abbia inviato truppe al fronte. Giannini avrebbe
applaudito? O avrebbe criticato? O tutt’e due? (Immaginate i
casini che farebbe Giannini se fosse al governo).
Rep. pubblica invece un ottimo articolo di Timothy Garton Ash,
la cui tesi è semplice: la visione rumsfeldiana è
giusta a metà, quindi sbagliatissima. L’idea di Chirac-Putin
è giusta a metà, quindi sbagliatissima. Solo l’idea
di Blair, cioè disarmare Saddam ed evitare la crisi transatlantica,
è pienamente giusta. Cari republicones, ma che diavolo
aspettate a consigliare alla sinistra italiana questa via? E’
la linea dell’Ulivo mondiale, quello di Blair e di Clinton, no?
E invece no, avvinghiati alle fumisterie di Giannini non lo fanno
notare né danno notizia (da 2 giorni, ormai) della discesa
in campo di Bill Clinton.
Bella la corrispondenza di Bernardo Valli da Baghdad, tanto più
che ha retrocesso Renato Caprile a numero 2: Caprile ieri ha
scritto che "cannoneggiare non deve piacere nemmeno a loro".
Chi sono "loro" sui quali resta il dubbio che amino
cannoneggiare? Ve lo chiedete davvero? Be’, allora non avete
capito i republicones.
A pagina 4 c’è uno scoop pazzesco. Rep. dà per
certo il legame tra Saddam e Bin Laden: "Il leader del gruppo
oltranzista considerato il collegamento tra Saddam e Al Qaeda
ha avvertito" eccetera eccetera. Smoking gun in un trafiletto
a pagina 4.
L’umoralista Michele Serra risponde ad Adriano Sofri e dice che
tra Usa e Iraq c’è una sproporzione così grande
che è "molto difficile fare il tifo per una squadra
come gli Usa". Complimenti. Maurizio Ricci, buon ultimo,
accenna al dibattito all’interno dell’Amministrazione Bush sulla
liberazione dell’Iraq. Ma da neofita sbaglia e inverte le posizioni
sui piani postbellici.
Infine una notizia shock per i lettori di Rep. La pagina 9 avverte
che Andreotti non è più un assassino né
un mafioso. Con Davanpour lontano, inviato in Iran, Andreotti
è diventato un "padre nobile". (continua)
21 Marzo 2003