La
prima pagina di Repubblica (Rep.) di ieri, 28 marzo, Giorno IX
della Nuova Era Forte & Andreottiana, si apriva con "Altri
120mila soldati in Iraq". Rep, come quasi tutti i giornali
italiani, continua a raccontarci che non ce n’è, che la
guerra è praticamente persa. Vittorio-Gatto-Copione-Zucconi
(Zuccopycat) comincia con "la lama che taglia le bugie della
propaganda arriva in un numero gelido nella sua grandezza: 120
mila soldati". Ilvo Diamanti inizia così: "Sfiducia
globale e mobilitazione sociale". Massimo Giannini, che
si materializza sempre se c’è un microcaso politico-giuridico,
apre così: "La guerra che uccide centinaia di soldati
combattenti e decine di civili innocenti rende ancora più
penoso il cicaleccio del Palazzo romano". Leonardo Cohen,
da Doha, ha pochi dubbi: "Le cose non vanno come dovrebbero,
la guerra informatica ha fatto in parte cilecca". Forse
ha ragione lui, che le cose non vadano. Ma che la guerra informatica
abbia fatto cilecca sembra impossibile, visto che le armi informatiche
non sono state usate. L’incipit di Guido Rampoldi è questo:
"Uno dei pochi segni beneaguranti". Insomma i toni
sono più che pessimisti. Zuccopycat sfotte Bush per aver
detto che in questa guerra "ci sono più nazioni che
nel 1991 e molte sono europee occidentali, ieri ho anche dato
l’elenco". Zuccopycat commenta sferzante: "Eccolo,
l’elenco dei paesi dell’Europa occidentale secondo Bush: Romania,
Bulgaria, Slovacchia, Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia".
Zuccopycat però, Gran Bretagna (e Italia) a parte, fa
finta di non sapere che ci sono anche "veri" paesi
europei occidentali: Spagna, Danimarca, Olanda, Islanda, Portogallo
e anche l’Irlanda (ma solo tra quelli che non vogliono farlo
sapere). Praticamente c’è tutta l’Europa occidentale,
tranne Francia, Germania e i tradizionali e neutrali paesi scandinavi.
Rep. deve sempre esagerare, non le basta diffondere pessimismo
tra noi cocacolisti (così ci ha definito l’umoralista
Michele Serra), deve anche inventarsi titoli che non rispettano
il contenuto degli articoli. Nella quotidiana colonna di riassunti
degli editoriali dei giornali americani, Rep. titola il fondo
del Washington Post, giornale molto embedded, così: "Bombe
intelligenti, guerra stupida". Guerra stupida nell’articolo
non c’è mai scritto.
Bernardo Valli, sempre molto bravo, si è spinto fino e
oltre la periferia di Baghdad e non ha visto né militari
né segni che la città si stia preparando alla difesa.
Questa calma gli appare irreale, e quando si accorge che non
ci sono donne in giro, gli spiegano che i combattenti di Saddam
stanno sottoterra mentre le donne "sarebbero le ausiliarie
dei guerriglieri nascosti in attesa di difendere la capitale".
Renato Caprile ha fatto un gran colpo giornalistico, un po’ sacrificato
da Rep: è andato a una riunione segretissima dei capi
clan di tutto l’Iraq, i quali avrebbero promesso di essere "pronti
a morire per Saddam".
Interessante, come sempre, la riflessione di Timothy Garton Ash
sulla "questione curda e le colpe dell’Occidente".
Ieri niente Magdi Allam, e non vorremmo che fosse per il suo
essere troppo Rummy (da Rumsfeld). Vedremo. Resta il fatto che
il suo solito articolo di analisi dei giornali arabi è
stato affidato a Gabriele Romagnoli. E Romagnoli ci racconta
che l’opinione pubblica egiziana sarebbe pronta a scendere in
campo a difesa di Saddam.
(continua)
29 Marzo 2003