La prima pagina di Repubblica
(Rep.) di ieri, 7 marzo, Giorno III della Nuova Era Forte, Disobbediente
e Rococò, si apriva con "Iraq, ultimo scontro all’Onu".
Diciamolo subito, l’edizione di Rep. di ieri è una delle
più noiose degli ultimi tempi. Gli articoli a firma di
Vittorio-Gatto-Copione-Zucconi (su Bush), di Andrea Bonanni (su
una pretesa "nuova voce dell’Europa) e di Giorgio Bocca
(sul brigatista ucciso) possono bellamente essere saltati.
L’euro e i 20 centesimi necessari all’acquisto di Rep. e del
suo magazine Il Venerdì non sono però sprecati.
C’è, infatti, oltre a un intelligente parallelo terroristi
greci-brigatisti rossi di Adriano Sofri, anche un lungo articolo
di Norman Mailer dal titolo "Questa nazione che va alla
caccia dei demoni". Lo scrittore americano analizza "la
mistica folle" che affascina i suoi concittadini, l’idea
che possano fare qualunque cosa grazie alla potenza militare.
L’analisi è profonda, comunque interessante, ma gli uomini
del desk di Rep. la presentano come se fosse una critica a Bush.
In realtà Mailer, pur non risparmiando nulla al presidente
americano, scrive che "la campagna dei flag conservatives
trova il sostegno dei liberali". I liberali sono i liberal,
la sinistra americana. Scrive Mailer: "Parte dei media liberali,
il New Yorker, il Washington Post, e alcuni autori sul New York
Times sono concordi con Hillary Clinton e Diane Feinstein, il
senatore Joe Lieberman e il senatore Kerry nell’accettare l’idea
che forse dopo tutto possiamo portare la democrazia in Iraq".
Attenzione tutti gli elementi contenuti in questa frase dello
scrittore americano non sono mai comparsi su Rep. I republicones
ci hanno sempre raccontato un’America spaccata tra gli uomini
di Bush favorevoli alla guerra e tutti gli altri contrari. Non
ha mai scritto che il New Yorker è favorevole all’intervento,
e con il New Yorker anche il Washingtont Post, e solo in un’occasione
ha fatto cenno alle posizioni pro war di tanti editorialisti
del New York Times.
I republicones non hanno mai dato la notizia che gran parte della
sinistra americana su questo punto sta con Bush. Anzi ha sempre
fatto credere il contrario. Non è mai stata data la notizia
che anche Hillary Clinton è favorevole all’intervento.
Quanto al Kerry di cui parla Mailer, cioè di uno dei principali
candidati alla presidenza, Rep. ha scritto l’opposto, e cioè
che è decisamente contrario alla politica anti Saddam
di Bush. Falso, ovviamente.
Infine, Rep. non ha mai spiegato la dottrina Bush, l’idea cioè
di esportare la democrazia in Medio Oriente. Ne ha parlato soltanto
un paio di volte (con Caracciolo, Bocca e il patron De Benedetti)
soltanto per negare che possa avere successo, non raccontandola
mai ai suoi lettori. Addirittura quando la settimana scorsa Bush
ha tenuto il discorso sulla libertà in Medio Oriente,
riportato, analizzato e commentato sulle prime pagine dei giornali
di tutto il mondo, Rep. non ne ha fatto cenno. E del resto quando
un paio di giorni fa il Times di Londra ha svelato in prima pagina
e con grande evidenza un piano delle Nazioni Unite per l’istituzione
di un’amministrazione post Saddam che avvii la democraticizzazione
dell’Iraq, Rep. ha scelto di non darne conto.
Ieri c’era anche il solito buon articolo dell’islamologo Magdi
Allam. Da un po’ di tempo la linea di Allam è cambiata
(così come è cambiata la linea dell’Egitto di Hosni
Mubarak) ed è diametralmente opposta a quella di Rep,
e sinceramente non si capisce bene se sia voluto o se i republicones
non ne siano consapevoli. Il giornalista ora è più
bellicoso di Donald Rumsfeld, ieri il titolo era: "Salta
il confine tra Kuwait e Iraq: per noi la guerra è cominciata".
Magdi Allam non è soltanto favorevole alla guerra, è
già in guerra.
(continua)
8 Marzo 2003