Washington. Il loro primo documento è stato ben accolto dalla stampa americana, così ne hanno scritto un altro. Sono un gruppo di intellettuali, giornalisti ed ex membri di amministrazioni sia democratiche sia repubblicane, gente di destra e di sinistra, pro Bush e anti Bush, che ha deciso – come già raccontato dal Foglio il 22 marzo – di mettere da parte la propaganda e cercare una via d’uscita comune per la gestione del dopoguerra in Iraq. I firmatari dei due documenti bipartisan sono i neoconservative Robert Kagan (il cui saggio sui rapporti Usa-Europa è stato pubblicato l’estate scorsa dal Foglio), Bill Kristol (direttore di Weekly Standard) e Todd Lindberg (direttore di Policy Review), ma anche liberal di peso, come James B. Steinberg, ex viceconsigliere della Sicurezza Nazionale di Bill Clinton, oggi vicepresidente della Brookings Institution. E, ancora, l’analista militare della Brookings, Michael O’ Hanlon; l’ex sottosegretario alla Difesa di Clinton, Walter Slocombe; l’ex inviato di Clinton in Medio Oriente, Dennis Ross; e James Woolsey, l’ex capo della Cia del primo Clinton oggi candidato a un ruolo di primo piano a Baghdad.
Nel primo documento, partendo da posizioni diverse, i firmatari convenivano su un Iraq "pacifico, stabile, unito, prospero e democratico, libero dalle armi di distruzione di massa", da ricostruire con il pieno coinvolgimento del popolo iracheno e della comunità internazionale, il cui apporto è fondamentale per completare l’iniziale sforzo americano di mantenere la stabilità nel paese, assicurarne l’integrità territoriale, disarmare e distribuire gli aiuti.
Il secondo documento comincia con uno sperticato elogio a Tony Blair: "Scriviamo in forte appoggio agli sforzi del Primo ministro Tony Blair di far lavorare di nuovo insieme, come partner e non come rivali, l’America e l’Europa. Mentre molte persone sembrano determinate a voler creare una divisione ancora più profonda tra Stati Uniti e Europa, e altri sembrano indifferenti alle sorti dell’alleanza transatlantica, noi crediamo sia essenziale, anche in piena guerra, iniziare a costruire una nuova era di cooperazione tra le due sponde dell’Atlantico". Gli studiosi bipartisan individuano nella ricostruzione dell’Iraq post Saddam il momento della riconciliazione. Le decisioni politiche ed economiche, scrivono, dovranno essere del popolo iracheno, ma la comunità internazionale (l’Onu, la Banca mondiale, il Fondo monetario) dovrà cooperare al raggiungimento di questo enorme obiettivo. Quanto alle istituzioni transatlantiche, secondo i firmatari bipartisan, "la Nato è la più importante, e dovrà assumere un ruolo primario nel dopoguerra", a cominciare dalla distruzione degli arsenali e degli impianti di produzione.
"L’amministrazione post bellica dell’Iraq dovrà fin dall’inizio includere non solo funzionari americani ma anche di altri paesi che condividano i nostri stessi obiettivi. L’apporto di nazionalità diverse nell’organizzazione amministrativa è importante perché ci consente di contare sulla capacità che altri hanno acquisito in precedenti esperienze di peacekeeping e di ricostruzione". Infine un riferimento esplicito alle Nazioni Unite: "Cooperazione e partecipazione internazionale negli sforzi post bellici saranno molto più facili da raggiungere se fossero appoggiati dal Consiglio di sicurezza Onu. Gli Stati Uniti dunque dovranno cercare di far passare una risoluzione del Consiglio di sicurezza che appoggi l’istituzione di una amministrazione civile in Iraq, autorizzi la partecipazione delle agenzie di aiuti e ricostruzione dell’Onu, dia al benvenuto il dispiegamento di una forza si sicurezza Nato, e tolga tutte le sanzioni economiche imposte dieci anni fa in seguito all’invasione irachena del Kuwait".
5 Aprile 2003