La
prima pagina di Repubblica (Rep.) di ieri, 11 aprile, Giorno
XVIII della Nuova Era Forte & Andreottiana, si apriva con:
"Kamikaze a Bagdad". Ora basta, però. Rep. da
una settimana non cambia titolo d’apertura. Non ci credete? "La
caduta di Bagdad" (10 aprile); "Bagdad, caccia a Saddam"
(9 aprile); "Nel cuore di Bagdad" (8 aprile); "Bagdad,
assalto finale" (7 aprile); "Battaglia nelle vie di
Bagdad" (6 aprile); "La battaglia di Bagdad" (4
aprile). Bagdad di qua, Bagdad di là, il ritorno di Bagdad,
continuavano a chiamarla Bagdad, basta please. Sarebbe ora anche
di dare un po’ di riposo al bravissimo Bernardo Valli, il migliore
inviato italiano in città. Da due giorni, finita di fatto
la guerra, non è più lui. Intanto l’articolo di
ieri è molto simile a quello di ieri l’altro, e poi continua
razzisticamente a chiamare "marmaglia", quegli iracheni
che svaligiano le case del regime della roba che il regime aveva
svaligiato loro. Marmaglia? Sono dei geni. Solo dei geni potevano
saccheggiare, tra tutte le rappresentanze straniere, l’ambasciata
tedesca e l’istituto di cultura francese. Marmaglia?, Certo no.
O geni o abbonati di Limes.
A proposito di Limes, il direttore della rivista di geopolitica
ha scritto un ottimo articolo per Rep. per spiegare ai republicones
che gli americani stavolta sembrano decisi a "un enorme
impegno culturale, economico, geopolitico per instaurarvi una
forma di Stato e un regime spendibile come democratico".
Sull’argomento è intervenuto anche Mario Pirani, convinto
che la democrazia non si possa esportare. Per spiegare la sua
tesi parte da una premessa falsa. Scrive, infatti, che "se
il punto di non ritorno, tra la prima fase e la seconda fase,
può essere individuato nel momento dell’abbandono della
linea di Colin Powell, basata sull’Onu con il prevalere dell’unilateralismo
impersonato da Rumsfeld" eccetera. Ma l’abbandono della
linea Powell si deve alla Francia che, ancora prima che lo facesse
Saddam, ha detto di no a qualsiasi altra risoluzione. Pirani
scrive: "I nostri lettori sono stati largamente edotti sulle
teorie basate sulla ‘missione’ mondiale dell’unica superpotenza
esistente, sull’unilateralismo, sulla guerra preventiva".
Largamente? Rep. non ha mai esposto bene la dottrina Bush. Ne
ha parlato solo per dire che gli autori sono dei fanatici, affaristi,
piduisti. (E lo ha fatto ieri anche il Venerdì). Rep,
addirittura, non ha neanche raccontato ai suoi lettori il discorso
di Bush all’American Enterprise, quello con cui il presidente
aveva esplicitato l’idea di liberare il Medio Oriente.
Su Saddam, Valli ha scritto che "la sua testa non ha prezzo.
Senza il suo scalpo la guerra non è vinta del tutto".
24 ore prima, Magdi Rummy Allam aveva scritto: "A questo
punto la cattura di Saddam, qualora fosse vivo, diventa addirittura
un fatto secondario". Chi ha ragione?
Un fatto secondario è certamente l’editoriale sul Venerdì
di un ex autore della Rai di Baldassarre. Ieri, con la consueta
competenza, ce l’aveva con i riformisti: "Non ricordo una
sola riforma proposta dai neoriformisti". Qualora volesse
appuntarsela, eccone una: la riforma dell’articolo 18 scritta
da Marco Biagi. Di fianco, nella più improbabile pagina
degli editoriali del giornalismo mondiale, c’è un articolo
di Georges Bouche (pronuncia George Bush). Bouche ha le idee
chiare. Inizia così: "Questa guerra era meglio non
cominciarla, dice Romano Prodi". Per consolidare il concetto,
Georges Bouche apre così il suo articolo sull’Espresso:
"Come ha detto l’onorevole Romano Prodi, questa guerra era
meglio non cominciarla". (Notare che per aver voluto dare
all’Espresso un articolo diverso da quello del Venerdì,
Bouche ha definito Prodi "onorevole", ma non è
deputato).
Alla pagina successiva, sempre del Venerdì, c’è
l’opinione di Piero Ottone. Tema: gli automobilisti che in autostrada
azionano il lampeggiatore per sorpassare. Come reagisce capitan
Ottone? Dipende. "Possiamo dare un lieve colpo di acceleratore,
per impedirglielo. O possiamo dare un lieve colpo di freno, per
agevolarla". Se frena, però non agevola, si fa tamponare.
Red. Corr. ora ha capito perché alle Canarie la sua barca
colò a picco. (continua)
12 Aprile 2003