Camillo di Christian RoccaRedazionalmente Corretto del 13 aprile 2003

La
prima pagina di Repubblica (Rep.) di ieri, 12 aprile, Giorno
I della Nuova Era Aridatece Er Puzzone, si apriva con: "Saccheggi
e violenze a Bagdad. Cadono le città del Nord". I
toni di Rep. di ieri erano da tregenda. Secondo titolo: "Nella
capitale sconvolta solo lamenti e barbarie". Terzo titolo:
"Lamenti e barbarie e il silenzio dei muezzin". Quarto
titolo: "Bagdad sconvolta da incendi e saccheggi".
Quinto titolo: "Razzie tra i tesori del Museo archeologico.
E i medici disperati seppelliscono i morti in fosse comuni".
Sesto titolo: "Dalle teste d’alabastro agli ori di Ur, tutto
rischia di svanire" (con intervista addirittura a Giovanni
Pettinato, docente in Roma). Settimo titolo: "Mosul devastata
dai ladri: dove sono gli Usa?". Ottavo titolo: "Le
grandi compagnie in campo. Corsa al controllo del petrolio".
Nono titolo: "Tra gli eroi feriti, Bush guarda già
alle elezioni". Pensate che Rep. abbia trovato spazio per
festeggiare la libertà? o per analizzare il futuro democratico
dell’Iraq? Credete che ci sia qualche intervista, come sulla
Stampa, ai leader dell’opposizione? No, niente. C’è però
un articolo di Massimo Nava (Navy), il quale per prima cosa accusa
gli americani di non voler risolvere "un problema che cominciò
ad essere risolto nel medioevo e anche prima: la sepoltura dei
cadaveri". A pagina 3, già pieno Rinascimento, c’è
una foto con i marines che seppelliscono un cadavere. Per Nava
(di recente cittadinanza francese) "Bagdad è lamento
e barbarie". Fiori, baci e abbracci? Macché, "si
spara ancora al cielo e ai nuovi venuti, che non distribuiscono
nemmeno chewingum e cioccolata". A Nava risulta che la situazione
sia molto peggiorata rispetto a Saddam, ora ci sono "fame
e carestia" e le "famiglie ormai hanno paura di andare
a pregare", insomma "un movimento collettivo verso
l’inferno". C’è uno, uno solo, contento che sia finito
il terribile regime dittatoriale del secolo? No, anche perché,
riporta Navy, gira voce che "la resa di Bagdad faccia parte
della strategia di Saddam". Gli iracheni, prima, stavano
una meraviglia, secondo Nava: "Il più ordinato Stato
del mondo arabo, la Prussia del Medio Oriente, oppressa e modernizzata".
Ordinatissimo e modernissimo, figuratevi che il gas arrivava
in tutto il paese.
Ma Rep. è un giornale colto. E per festeggiare la liberazione
ha pubblicato un colonnino con altri precedenti storici di città
liberate. Parigi 1944? Berlino 1989? Belgrado 1999? No: "Roma
1527, Lanzichenecchi".
Andrea Nicastro (Nick), da Mosul, finisce così il suo
articolo dalla città del Nord liberata: "Osama Bin
Laden, ovunque sia, ringrazia". Danilo Taino, spiega che
gli argomenti di chi sostiene "che la guerra in Iraq sarebbe
stata motivata prima di tutto da interessi economici", ora
saranno più forti visto che una multinazionale di cui
era manager Dick Cheney fino al 2000 farà un formidabile
affare da 490 milioni di dollari.
Rep. ha anche intervistato Gino Strada (Jim Street). L’intervista
è di quelle che l’autore, Mario Porqueddu (Porq.), potrà
scaricare dalle tasse come donazione benefica. Inizia così:
"Ci sono momenti in cui è il medico che parla".
Bene. Porq. gli lascia dire una vagonata di bip, smentite da
tutte le cronache mondiali. Street dice di non aver "mai
visto niente del genere. La città è avvolta dal
fumo, piena di incendi, non si respira". Secondo Street
la colpa è degli americani-bombardieri, secondo qualche
centinaio di giornalisti internazionali è stato Saddam
ad aver bruciato la nafta nelle trincee intorno alla città.
Poi c’è questa frase: "La civiltà, l’intelligenza,
la cultura degli iracheni, quello che aveva resistito anche sotto
la dittatura, lo stanno spazzando via i nuovi barbari".
Anche il supplemento femminile di Rep. sembra più il Manifesto
che un giornale dell’intellighenzia della sinistra illuminata.
C’è addirittura una rubrica di Lilli Gruber, la quale
da quando è caduto il regime non ha più un ministro
dell’informazione che la moderi. Scrive Gruber che Bush e Saddam
sono "due estremismi", che Bush, un menzognero, ha
fatto la guerra "per promuovere gli interessi di un gruppo
di ideologi della destra, legati al fondamentalismo cristiano
e al capitalismo più liberista". Fa un po’ di confusione.
A Gruber risulta che "gli iracheni che dovevano accoglierli
a braccia aperte, sono pronti a morire per cacciarli".
C’erano anche uno strepitoso articolo di Angelo Panebianco e
uno altrettanto bello di Piero Ostellino. Panebianco? Ostellino?
Oddio, pensavamo di leggere Rep., e invece era il Corriere della
Sera (continua)

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