No, non è la Rai: è la Cnn
Non abbiamo raccontato la verità. Era impossibile, avremmo messo a rischio la vita degli iracheni che lavorano per noi a Baghdad. I servizi che avete visto e ascoltato dall’Iraq non erano liberi. Non abbiamo potuto raccontarvi le torture degli sgherri di Saddam. Abbiamo visto e sentito fatti raccapriccianti, ma non ve li abbiamo riferiti.
La Cnn ha chiesto scusa per dieci anni di trasmissioni dall’Iraq controllate dal regime di Saddam. Eason Jordan, chief news executive del network di Atlanta, l’11 aprile ha scritto al New York Times un articolo con il quale ha svelato parte delle notizie che la Cnn si è tenuta per sé. Il figlio maggiore di Saddam, nel 1995, disse a Jordan che avrebbe ucciso i due cognati che erano scappati in Giordania, e anche il re di Giordania che aveva dato loro asilo. Jordan non lo raccontò perché il traduttore iracheno, unico testimone, sarebbe stato ucciso. Jordan però avvertì re Hussein. Alcuni mesi dopo i due cognati tornarono a Baghdad, e Uday li uccise. La Cnn si scusa di non aver potuto informare gli americani delle torture subite da un loro cameraman iracheno, né di quella ragazza kuwaitiana seviziata per settimane (forzando il padre a guardare) per aver parlato al telefono con la Cnn. Le fu fracassato il cranio, sezionato il corpo, il tutto consegnato in una busta davanti casa dei genitori. Qualche mese fa Jordan disse al ministro dell’Informazione al-Sahhaf che la Cnn avrebbe inviato dei giornalisti nel Nord Iraq controllato dai curdi. Il ministro simpaticone lo minacciò: "Pagherete carissimo". La Cnn mandò i suoi inviati, e a marzo i curdi sventarono un attentato iracheno contro la sede di Erbil della Cnn. Nonostante l’articolo di Jordan, non tutti perdonano la Cnn. Anche perché quando l’anno scorso The New Republic denunciò le informazioni distorte da Baghdad, Eason Jordan smentì categoricamente. E le nostre eroine Rai a Baghdad, informavano liberamente?
No, non è la sinistra italiana: è Schroeder
Abbiamo esagerato. Le critiche nei confronti degli Usa sono state "eccessive". Le liti sull’Iraq non causeranno un peggioramento delle relazioni con Washington. Ai primi di aprile il cancelliere tedesco aveva auspicato una rapida vittoria anglo-americana: "E’ sempre un bene per l’umanità quando un dittatore viene rimosso". Ora che la rapida vittoria c’è stata, la rimozione del rais pure, meglio essere più chiari.
Gerhard Schroeder ha chiesto scusa, a Der Spiegel ha detto: "Mi dispiace profondamente che ci siano state critiche eccessive, anche da parte di membri del mio precedente governo". Il riferimento è, innanzi tutto, alle dichiarazioni dell’ex ministro della Giustizia Herta Daeubler-Gmelin che aveva paragonato la tattica di Bush a quella di Hitler. Il 15 aprile, anche il presidente francese, Jacques Chirac, aveva cambiato tono e modi, con una telefonata diretta alla Casa Bianca per dire: "saremo più pragmatici", sarò più bravo. L’espressione di dispiacere di Schroeder però va oltre il pragmatismo di Chirac: riguarda il passato. Schroeder non aveva mancato di definire "un’avventura" un’azione militare contro Saddam. Il Daily Telegraph di ieri ha raccontato che dai documenti raccolti nei palazzi di Baghdad si evince che i servizi tedeschi, l’anno scorso, avevano offerto aiuto ai colleghi iracheni. Chi come Schroeder ritiene che sia "sempre un bene quando un dittatore viene rimosso" riceverà una smentita o altre scuse?
Non è la Curia: è l’arcivescovo di Canterbury
Diletti fratelli massoni, scusate tanto se vi ho creato tensione e irritazione, scrivendo tutti i miei dubbi sull’essere massoni e contemporaneamente membri della Chiesa. "I passaggi sul carattere ‘satanico’ dei riti massonici non li ho pronunciati e non li condivido, mio padre era libero fratello e so quale sia la probità dei vostri membri". A implorare così il perdono framassonico è il primate della Chiesa anglicana, il pacifistissimo Rowan Williams, in una lettera a Robert Morrow, Gran Segretario della Gran Loggia Unita d’Inghilterra. I giudizi di cui si è scusato erano in una sua lettera privata "soffiata" alla stampa. Si dirà che solo a Londra la Chiesa può scusarsi coi liberi muratori. Perché sin dal 1717 oltremanica i massoni (oggi 320 mila) sono associazione "riservata", ma non "segreta", come è capitato a lungo da noi. Perché hanno pubblicamente innervato la storia britannica, con cinque re da allora massoni, statisti come Lord Randolph Churchill e sir Winston Churchill, scrittori come Alexander Pope, Walter Scott e Rudyard Kipling, e persino il primate anglicano degli anni 60 del ‘900, Geoffrey Fisher. Detto questo, forse un giorno anche da Roma verrà una parola meno aspra. Non certo l’approvazione per il relativismo massonico, la cui fede nell’Essere supremo non identifica (né però esclude) che sia quello delle religioni del Libro. Ma dalla scomunica della "In eminenti" di Clemente XI nel 1738, ribadita nell’"Humanum genus" di Leone XIII, col nuovo Codice di diritto canonico del 1983, sotto l’attuale Papa, l’esplicita condanna della massoneria è sparita dal canone 1374. Pretendere scuse, forse, è effettivamente un po’ troppo.