New York. Bill Gertz, giornalista del Washington Times solitamente molto informato sui segreti dell’intelligence americana, per il secondo giorno consecutivo è tornato a scrivere su un argomento che in alcuni circoli di Washington viene considerato come un vero e proprio atto di guerra di Parigi nei confronti degli Stati Uniti. Gertz martedì aveva raccontato che i francesi tra la fine di marzo e l’inizio di aprile avrebbero aiutato alcuni membri del governo di Saddam a fuggire, attraverso la Siria, fornendo loro passaporti dell’Unione europea emessi in Francia. Ieri, sempre secondo Gertz, i servizi segreti americani hanno intensificato la ricerca in Europa degli alti funzionari di Saddam aiutati da Parigi. Colin Powell ha detto di non poter confermare la notizia, e che avrebbe ulteriormente indagato sulla vicenda: "E’ un’inchiesta di un giornale, non conosco la fonte e quindi non so dire se è attendibile o no".
Ari Fleischer, portavoce di Bush, è stato più duro: "Penso che i francesi dovranno spiegarci se l’hanno fatto oppure no". Il governo e l’ambasciata di Francia a Washington hanno smentito, negando di aver aiutato gli uomini di Saddam. "E’ falso e scandaloso. La cosa non sta in piedi, non c’è nessun funzionario iracheno in Europa grazie alla Francia". Al Dipartimento di Stato si attengono al comunicato ufficiale e credono alle parole del governo francese.
Certo l’inchiesta del Washington Times non aiuta a ricucire i rapporti tra i due paesi. La prima cosa che ti dicono a Washington, falchi o colombe che siano, è che per la Francia sarà "tough", sarà dura. Non c’è solo il folclore delle patatine "french fries" ribattezzate "freedom fries", né le mille barzellette che circolano sui francesi. E’ un sentimento vero e diffuso che sicuramente avrà ripercussioni, anche se nel lungo termine, come spiegano al Dipartimento di Stato, c’è fiducia che la frattura si possa ricomporre. Nel breve sarà dura, però. La Francia subirà conseguenze, come ha detto la settimana scorsa anche Colin Powell. Per capire i motivi di questa ostilità basta mettere insieme tutte le iniziative politiche francesi di questi mesi, non solo l’opposizione all’Onu, non soltanto la minaccia di veto a un’ulteriore risoluzione ancora prima che la rifiutasse Saddam, ma anche i viaggi di de Villepin in Camerun e in Angola (membri del Consiglio di sicurezza) per convincerli a non votare con l’America e infine l’iniziativa diplomatica ad Ankara che ha pesato nella decisione turca di non concedere il passaggio delle truppe americane. Bush è convinto che la mossa di Parigi abbia causato la morte di parecchi soldati alleati, costretti ad attaccare Baghdad soltanto da Sud. Cosa succederà nelle prossime settimane è difficile prevederlo, e certo le ultimissime iniziative francesi non vanno nel verso della riconciliazione. Se la decisione di fondare un’alleanza militare franco-belga-tedesca parallela alla Nato viene considerata più o meno comica, preoccupano di più i rinnovati rapporti franco-iraniani culminati nella visita di Dominique de Villepin a Teheran e rilanciati ieri dalle dichiarazioni dell’ambasciatore francese in Iran. Condoleezza Rice, intanto, su quattro giornali spagnoli ha accusato la Francia di avere "preso la Nato in ostaggio sull’Iraq" e di aver "minacciato i paesi più piccoli di rappresaglia se avessero appoggiato la guerra per far cadere Saddam". Francia e Germania restano alleate dell’America, ha concluso la Rice, ma sono state le azioni francesi a dividere l’Europa, non quelle americane.
8 Maggio 2003