Qui il loro documento
Il documento che leggete in questa pagina è stato scritto dai Social Democrats americani, un piccolo partito di sinistra, più a sinistra dei Democratici, nato dalle ceneri del vecchio Partito Socialista americano di Eugene Debs e Norman Thomas. La settimana scorsa i Social Democrats, che fanno parte dell’Internazionale Socialista insieme con i Ds italiani, hanno organizzato a Washington un convegno su come ricostruire la sinistra americana. Che fare, dunque? Due cose. Sul fronte interno sostenere il capitalismo, il libero commercio e insieme rafforzare il sindacato e la tutela dei lavoratori, mentre all’estero diffondere la libertà e la democrazia. Classiche cose di sinistra, insomma. Con un modello: Franklin Delano Roosevelt, il democratico che guidò l’America nella Seconda guerra mondiale.
Il convegno del 17 maggio si è aperto con l’intervento di Donna Brazile, guru della sinistra dei diritti civili e manager della campagna elettorale di Al Gore nel 2000. Sono intervenuti anche Paul Berman, autore del libro Terror and Liberalism (di cui il Foglio ha scritto il 12 aprile) oltre che fine intellettuale di sinistra e opinionista di Dissent, New Republic e New York Times; Saad Ibrahim, il professore egiziano da poco liberato dal carcere del Cairo in seguito a una campagna internazionale; Thomas Donahue, già presidente del sindacato Afl-Cio; Penn Kemble, ex funzionario dell’Amministrazione Clinton.
I Democratici non hanno una leadership forte, sostengono i Social Democrats, ma la ragione delle sconfitte elettorali degli ultimi anni e della débâcle prevista per il 2004 non è solo una questione di uomini. Manca una piattaforma chiara e vincente, c’è bisogno di una "vision". Secondo Donna Brazile, che nel 2000 fu accusata di aver spostato troppo a sinistra la linea di Gore, "è importante non cedere il tema della sicurezza nazionale ai repubblicani". Non bisogna avere paura dell’ala pacifista della sinistra, ha detto ancora Brazile. Per diventare maggioranza ha spiegato l’ex campaigner di Gore la sinistra deve parlare di sicurezza nazionale e di guerra al terrorismo in un modo che però non suoni falso. I democratici hanno bisogno di leader con "idee lungimiranti", mentre gli attuali capi sembrano semplicemente degli scaldatori di sedie. Secondo Jeffrey Herf, professore all’Università del Maryland le cui parole sono state riportate dal New York Sun, "se il partito democratico non convincerà l’elettorato che di fronte alla minaccia di Saddam Hussein avrebbe fatto e vinto la guerra, allora non vincerà le elezioni per molti anni".
Non è soltanto una motivazione elettorale a spingere i Social Democrats verso una politica di "costante incoraggiamento" al governo americano affinché "la nostra influenza morale e il nostro potere diplomatico e militare siano usati con efficacia per assistere chi, in altri paesi, condivide il nostro impegno per la democrazia e i diritti umani". I Social Democrats sono convinti che "gli Stati Uniti siano una forza del bene nel mondo, un’idea espressa in modo molto persuasivo dal primo ministro inglese, il socialdemocratico Tony Blair".
Le idee dei Social Democrats sono molto simili a quelle dei neoconservatori, tanto che alcuni di loro spiega ancora il New York Sun dopo aver appoggiato il candidato democratico Henry Scoop Jackson nel 1972 e nel 1976, quattro e otto anni dopo sostennero Ronald Reagan e la sua guerra contro "l’impero del male" sovietico. Ora, dice Penn Kemble, le idee di Paul Wolfowitz sono in sintonia con l’agenda socialdemocratica di esportare la democrazia e la libertà. E’ la tesi di Paul Berman, il quale ha spiegato come la lotta al terrorismo islamista sia un’altra tappa della lunga guerra antifascista contro i totalitarismi del Novecento.
Nel documento, che servirà da base di discussione per un incontro che si terrà a fine anno, c’è anche una feroce critica allo "stridente antiamericanismo" e alla "magnanimità nei confronti delle dittature dei paesi del terzo mondo da parte di chi proclama di parlare in nome della sinistra". Questa posizione alimenta "ancora una volta l’impressione che alla sinistra non importi nulla della libertà", sostengono i compagni americani di Massimo D’Alema. Accadde già ai tempi dell’Unione Sovietica, ma ora "i socialdemocratici non devono semplicemente prendere le distanze dalla falsa sinistra, ma anche mettersi in prima linea per smascherarla e combatterla attivamente". I compagni socialdemocratici italiani, dove stanno?