Camillo di Christian RoccaYankee pay cash

New York. In attesa delle decisioni dell’Onu, in Iraq si è messa in moto la nuova amministrazione civile americana guidata da Paul Bremer, inviato del presidente George Bush e uomo del Pentagono ancor più di Jay Garner, l’ex generale cui era stato affidato il compito di far ripartire il paese. Garner non c’è riuscito, e alla Casa Bianca hanno cambiato piano. L’idea di passare subito le consegne agli iracheni è fallita per la mancanza di una leadership affidabile, per le divisioni interne, e per la situazione socio-economica lasciata da Saddam che si è rivelata peggiore di quanto si credesse.
Bremer ha fatto un paio di cose: firmato un decreto che vieta a decine di migliaia di alti funzionari del partito di Saddam di ricoprire ruoli nella nuova amministrazione (ma si riserva il diritto di fare eccezioni) e rinviato la formazione del governo provvisorio iracheno. Per ristabilire l’ordine, Bremer ha deciso di confiscare ai civili le armi leggere e pesanti, pena il carcere. Nel frattempo, scrive il New York Times, gli americani hanno trovato due laboratori mobili capaci di fabbricare armi biologiche e presto inviteranno esperti internazionali per farli esaminare da occhi neutrali. L’ordine e la sicurezza sono obiettivi già raggiunti, ha detto ieri in una conferenza stampa Wendy J. Chamberlin di Usaid, l’agenzia del Dipartimento di Stato che fornisce gli aiuti umanitari e l’assistenza alla ricostruzione. Chamberlin ha spiegato che i saccheggi e i problemi di sicurezza sono un ostacolo e non si devono sottovalutare ma ha assicurato che ormai sono rari e riguardano soltanto la zona di Baghdad, mentre sia al Nord sia al Sud la situazione è tranquilla. Sarà necessario avere più uomini in loco, ha detto l’ex ambasciatrice in Pakistan, e in attesa delle scelte dell’Onu gli americani hanno deciso di lasciare centomila uomini in Iraq (adesso sono 160 mila, ma l’idea era di dimezzare la presenza). Arthur Dewey, assistant secretary di Colin Powell, ha detto di aspettarsi molto dal lavoro di peacekeeping che faranno "i carabinieri italiani, che già hanno fatto molto bene in Bosnia e Kosovo".

Domani a Londra la riunione per i subappalti
Per il solo anno in corso, Usaid ha già previsto di spendere oltre 540 milioni di dollari (per l’esattezza 541.308.249) e distribuirà 590 mila tonnellate di cibo (74 mila già distribuite), per un valore di 435 milioni di dollari. Usaid sta affidando oltre 485 milioni di dollari per gli aiuti umanitari a sei istituzioni internazionali: Croce Rossa, Mezzaluna Rossa, Unicef, Alto commissariato per i profughi, Organizzazione internazionale per la migrazione e Ufficio Onu per gli affari umanitari. I cittadini americani hanno già pagato di tasca propria 91 milioni di dollari per la ricostruzione dell’Iraq, così suddivisi: 34,6 milioni alla Bechtel per le infrastrutture; 10 milioni alla Abt per il sistema sanitario; 10 milioni all’Organizzazione mondiale della Sanità; 9 milioni all’Unicef per sanità e scuole; 7,9 milioni al Research Triangle Institute per creare istituzioni locali; 7,1 milioni all’International Resources Group per l’addestramento del personale; 4,8 milioni a Ssa per la gestione del porto di Umm Qasr; 4 milioni all’Air Force per il supporto logistico; 2,5 milioni a SkyLink Air per gli aeroporti; 1 milione alla Creative Associates per il sistema scolastico. Ogni contractor può subappaltare ad altre aziende parte dei lavori. La Chamberlin ha escluso che l’Amministrazione possa dare suggerimenti: "Decideranno i contractor primari". Ieri, a Washington, Bechtel ha tenuto la sua prima conferenza per valutare le richieste delle aziende interessate a partecipare agli appalti per la ricostruzione. Domani replica a Londra e il 28 a Kuwait City.

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