Camillo di Christian RoccaMi pento di non aver cantato Bella Ciao

Far finta di essere una persona seria evidentemente non paga. Avrei dovuto saperlo. Anzi lo sapevo. Me ne sono fregato e ho fatto male. Quando due settimane fa ho raccontato qui sul Foglio che una piccola casa editrice aveva deciso di cestinare un saggio sulla nuova politica estera americana ho cercato di affrontare la cosa nel modo che meritava una storia così ridicola. Ci ho riso su. Sbagliato. L’Italia è un Repubblica fondata sul martirologio. Se puoi fare la vittima non devi perdere l’occasione, se puoi vantare una censura devi cantare Bella Ciao che poi o partigiano ti porta via.
Dunque mi avevano chiesto un libro. E lo avevano chiesto a me perché avevo segnalato sul Foglio due saggi americani sul tema di cui mi occupo da più di un anno. Gli ho mandato una scaletta. Mi hanno dato l’ok. Ho scritto. Il testo è piaciuto. E sono stato ringraziato vivamente via e-mail. Abbiamo concordato la copertina, modificato il titolo e deciso che il libro sarebbe uscito a tre firme, la mia, quella di Stanley Kurtz e quella di Ken Jowitt. Il testo è stato corretto, ho riletto le bozze, le ho rimandate, ho scambiato ancora alcune mail con l’editor e con il direttore della casa editrice per gli ultimi aggiustamenti. La notizia del libro è uscita su un paio di giornali e, parola del direttore, il mio saggio è stato il più prenotato degli ultimi anni. Bene. Poi l’amministratore e un suo consulente hanno deciso di cestinare il libro perché, improvvisamente, "le mie opinioni non sono piaciute". Raccontavano un’America diversa da quella che si legge su Repubblica, questo è il motivo. Non importa che le mie opinioni fossero basate su decine di libri e centinaia di editoriali comparsi sui grandi giornali americani. Zucconi non le ha scritte, indi le cose di Rocca non sono provate. Tecnicamente trattasi di censura. Ma ho evitato di fare la vittima, perché non so come ci si veste, magari ci vuole la cravatta e con questo caldo è fastidiosa. L’Amministratore si è congratulato per il modo sereno con cui ho raccontato la storia, che presto peraltro comparirà anche su un giornale americano.
Pierluigi Battista sulla Stampa si è chiesto a cosa diavolo serve una casa editrice se, per sua stessa ammissione, censura un libro solo perché "ha provocato dissensi e discussioni". Non serve a niente, ovviamente. La controprova sta nel fatto che, dopo queste discussioni pubbliche, quattro piccole case editrici si sono offerte di pubblicare il mio libretto. A tutte ho detto, più o meno, di no. Fine, ho pensato io. Invece no. Ieri sulla Stampa, ed ecco il motivo per cui torno sul punto, un tizio che ho il piacere di non conoscere, ha risposto a Battista con una lettera in cui sostiene che, dopo il successo e la diffusione del saggio di Robert Kagan (saggio peraltro diffuso dal Foglio e comprato da me personalmente mentre, by the way, Zucconi un anno dopo ha mostrato in tv di non sapere neanche chi fosse Kagan) la sua casa editrice voleva pubblicare testi di autori neoconservatori; che aveva chiesto a me di introdurre quei testi; che avrebbe allegato un fantomatico "testo ufficiale del Documento della difesa americana" (l’idea era mia e il documento è il National Security Strategy della Casa Bianca, ma lasciamo perdere). La casa editrice ha invece deciso di cestinare il libro, scrive sempre l’amministratore, perché il mio testo "si è articolato più nella direzione di manifestare il pensiero di Rocca" (e di chi sennò? di Topo Gigio?) e quindi "non era utile alla funzione di una introduzione". Ora a parte che il direttore editoriale, ancora ieri, mi ha confermato che il testo era buono e che sì, fungeva da introduzione, c’è da dire che le note biografiche dei due americani riportate pomposamente nella lettera alla Stampa dall’amministratore sono state prese dal mio testo, che quindi un po’ introduttivo era. Ma la cosa più buffa è un’altra. Il suddetto amministratore è ignorante, in senso tecnico. Non ha idea di che cosa sta parlando. Stanley Kurtz, il cui saggio è ottimo, non è un neocon, anzi è un avversario dei neoconservatori. E’ un social conservative. L’editore dice che Kurtz è un esperto di diritti civili. Vero, ma intesi nel senso conservatore, bacchettone direbbe Zucconi. Kurtz, è un accanito oppositore delle leggi sul matrimonio tra gay. Neanche Jowitt è neocon.
Per non aprire il capitolo sul livello ridicolo dell’editoria italiana, la finisco qui: signor amministratore fermi chi avrebbe dovuto mandarmi gli euro pattuiti. Non voglio soldi da lei. Se è vero che far finta di essere una persona seria non paga, a volte è meglio anche non essere pagati da chi serio non è.

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