New York. "E’ chiara la ragione per cui Silvio Berlusconi è stato messo alla gogna", dice al Foglio l’editorialista angloamericano Andrew Sullivan a proposito del quasi unanime attacco della stampa europea nei confronti della sua presidenza Ue. Tre i motivi. "Il suo scetticismo sul ‘progetto europeo’, la sua ammirazione per i valori occidentali e il suo forte appoggio agli Stati Uniti". Secondo Sullivan, Berlusconi deve esserne fiero perché "da un certo punto di vista ogni insulto che riceve gli fa guadagnare punti agli occhi degli americani".
Berlusconi ha sfilato l’Italia dallo storico ruolo di vassallo dell’asse franco-tedesco. Per colpa o per merito suo, oggi Roma è più vicina a Washington e a Londra che a Parigi e a Berlino. Alla vecchia Europa l’idea non può ovviamente piacere. Lo fa intendere anche un passaggio dell’articolo sul caso Schulz-Berlusconi pubblicato ieri dal New York Times: "Berlusconi ha scatenato l’ira della sinistra europea a causa della sua aperta ammirazione per il presidente Bush e per l’appoggio dato alla guerra in Iraq. I suoi rapporti con alcuni leader europei, in particolare con Gerhard Schroeder e Jacques Chirac, sono stati davvero tesi".
Anatole Kaletsky, editorialista del Times di Londra, non ha dubbi su questo e invita Blair fin dal titolo a sposare la causa del Cav.: "Dovremmo cantare Forza Italia, Forza Gran Bretagna". Tutti si chiedono, scrive Kaletsky, se Berlusconi sia in grado di guidare l’Europa, "la risposta di Tony Blair e del governo britannico dovrebbe essere un chiaro e inequivocabile Sì". Motivo? "Berlusconi, con tutti i suoi difetti, rappresenta perfettamente il tipo di idea politica che la Gran Bretagna per decenni ha cercato di promuovere in Europa. I governi Blair e Berlusconi hanno in comune il modo di affrontare le questioni chiave dell’Europa di oggi. Queste vanno dal libero commercio alla globalizzazione, alle leggi sul lavoro, alle tasse, al welfare, alle pensioni e alla necessità di riformare radicalmente alcuni dei progetti economici più importanti d’Europa". Secondo Kaletsky, "sulla gran parte delle questioni europee i due paesi hanno oggi più cose in comune che con Germania e Francia". E "né la Gran Bretagna né l’Italia potranno mai essere partner con uguali diritti in una Unione europea dominata dalla Francia e dalla Germania. Ma se Inghilterra e Italia cooperassero e attraessero altri alleati, in Scandinavia, nella penisola iberica e nell’Europa centrale, saranno certamente in grado di guidare l’Europa nella loro direzione, come hanno già fatto (bene o male) sull’Iraq". La possibilità che il Cav. si stacchi dall’asse franco-tedesco "è la vera ragione dell’orrore con cui Bruxelles ha accolto la presidenza Berlusconi. Prima di lui nessun politico italiano aveva avuto il coraggio di contestare la finzione che l’Italia avesse uno status paritario a quello di Germania e Francia, in quanto fondatore dell’Europa".
Non è "un tradizionale politico europeo"
In un’intervista con Washington Files, la newsletter del Dipartimento di Stato, Michael Calingaert, direttore del Council for the United States and Italy, ha detto che Berlusconi non è "un tradizionale politico europeo". Gli italiani, ricorda Calingaert, sono stati "tra i più importanti nel gruppo di paesi che ha appoggiato l’America sull’Iraq, nonostante una larga parte dell’opinione pubblica fosse contraria". Ellen Frost, studiosa dell’Institute for International Economics, ha spiegato ancora al Washington File, che "gli italiani non devono provare di essere dei buoni europei solo perché di tanto in tanto stanno con l’America".
Michael Ledeen, opinionista neoconservative che secondo il Washington Post è molto ascoltato dal mega consigliere di Bush, Karl Rove, ha scritto un articolo che National Review Online ha titolato in italiano: "Berlusconi, che bello!". E poi: "Un combattente per la libertà guida l’Europa". La tesi di Ledeen è questa: non credete a quello che scrive la stampa europea su Berlusconi, in realtà lo odiano perché "ha rotto l’antiamericano asse franco-tedesco, e perché ha stabilito una relazione speciale con Bush e Blair, in un modo che ha colto di sorpresa gli altri invidiosi leader europei".
Ledeen individua un altro motivo delle critiche a Berlusconi. Non solo il rapporto con Bush, che verrà rinsaldato questo mese nel ranch texano del presidente. C’è anche la questione israelo-palestinese. Berlusconi è amico di Israele, scrive Ledeen, e a differenza degli altri europei non fa l’occhiolino ad Arafat. Anzi si è rifiutato di incontrarlo, mandando a quel paese Chirac che glielo aveva fatto notare. La tesi è confermata indirettamente dal New York Sun: "Berlusconi rappresenta una speranza per le relazioni Europa-Israele". A Gerusalemme, ha scritto il Sun, sono "ottimisti" e credono che grazie al Cav. ci sarà "un approccio europeo al Medio Oriente più bilanciato". E quanto al Piano Marshall per l’economia della Palestina, "Sharon lo chiama affettuosamente il Piano Berlusconi".