La
prima pagina di Repubblica (Rep.) di ieri, 7 agosto 2003, avrebbe
potuto aprirsi con il titolo "Scandalo calcio, i primi nomi"
e tenere alta la notizia del giorno, ma non è successo.
Quello era il titolo del Corriere della Sera, giornale repubblicano-ma-non-republicones
che ormai ha soffiato a Rep. il ruolo di guida civile del paese
(oltre a Magdi Allam). Il quotidiano di Ezio Mauro, nel Mese
II della Nuova Era Gregaria, Ferina e Forastica, si apriva invece
con un titolo diverso. Più simile a quello di un tabloid
che a quello di un giornale di qualità: "Corruzione
gigantesca". Rep. in prima pagina non ha scritto una riga
sul gigantesco scandalo del calcio, per un motivo meschino: lo
scoop è del Corriere. Le notizie, già lette sul
Corriere, si trovano soltanto nelle pagine dello sport e nella
peggiore pratica del giornalismo alle vongole, Rep. non riconosce
la paternità dello scoop (e peraltro non fa capire niente
ai lettori).
Rep. dedica cinque pagine al "più grave episodio
nella storia della Repubblica", che non è né
il sequestro Moro né il rigore sbagliato da Baggio a Usa
’94. Ma va dato atto al giornale che da sempre è organo
delle procure di non aver avuto alcuna remora a raccontare ai
propri lettori, con equilibrio e correttezza non inficiate da
una decisione che va contro la propria sensibilità, che
esistono magistrati corrotti. Rep. lo ha scritto più volte,
col sorriso trattenuto, ci sono magistrati che imbrogliano e
rubano e ne fanno di tutti i colori. Giuseppe D’Avvanzo (Davanpour)
indossa il vestito delle occasioni che contano e, serio serio,
denuncia, seppur a malincuore, la "sconvolgente" corruzione
di alcuni giudici. Anche Marco Travaglio partecipa al festival
antigiudici, ma il cronista delle manette pulite festeggia sempre
quando sente odore di schiavettoni. Eppure faceva impressione
che anche lui si scagliasse contro le toghe. Quoque tu, Travaglius.
Sembravano dei berluscones, ieri i republicones. In galera i
giudici, urlavano. Davanpour come Schifani, Travaglio come Elio
Vito: giudici corrotti, feccia dell’umanità, vergogna
delle vergogne. Resta da capire se i republicones abbiano fatto
violenza su se stessi per odio nei confronti del Cav. oppure
per ingraziarsi il padrone, l’Ing. De Benedetti, che da quei
giudici corrotti e maledetti sarebbe stato fregato.
Eppure, fosse un giornale serio, c’era materiale per smontare
quelle 537 pagine di attacchi ai giudici uber alles. Un giornale
liberal, che ogni giorno sfotte il premier barzellettiere, avrebbe
per esempio denunciato una sentenza che, come ha scritto Rep.,
"ironizzava". Come "ironizzava"? Le sentenze
ironizzano? Altro esempio. Uno dei condannati si chiama Pacifico,
e la sentenza scrive: "La sentenza Mondadori risulta pacificamente
dattiloscritta da terzo estraneo". Pacificamente. Colta
la battuta?
Poi c’è un caso su cui indagare. Le pagine della sentenza,
scrive Rep., sono 537. E, pensate, è vero. Per Davanpour
però sono "un migliaio di pagine". Com’è
possibile? Com’è che a Davanpour hanno dato 500 pagine
in più? Gli sono piaciute da morire e ha deciso di rileggerle,
come si fa con i classici della letteratura oppure in redazione
gli hanno giocato uno scherzo, aggiungendo 500 pagine di articoli
di Galimberti? Chissà, forse Davanpour, più semplicemente,
non le ha lette.
Strepitoso il finale di un lungo articolo di Paolo Sylos Labini
che Red. Corr. si è guardato bene dal leggere: "Non
credo, anche se non è affatto vero che le cose vadano
come ho indicato qui". Ma va? (continua)
8 Agosto 2003