Alessandra Stanley, ex corrispondente in Italia del New York Times, ha recensito ieri sul suo giornale il documentario "Wide Angle", in onda sulla Pbs, la rete pubblica americana. Il tema è Silvio Berlusconi. La Stanley boccia la trasmissione perché nel raccontare le malefatte e i conflitti di interesse, secondo lei veri, fa passare l’idea che i giornalisti anti Cav. siano "oppressi campioni della libertà di parola e di correttezza". Stanley spiega che "la stampa italiana ha il primo ministro che si merita" e che i giornali sono "ideologici e opinionated" (argomenti che mezza America usa contro il Times). Sostiene, con qualche ragione e un pizzico di spirito coloniale, che i giornali italiani non fanno inchieste e sono inaccurati, ma poi sbaglia il nome del suo giornalista investigativo preferito, tal "Mario Travaglio". Non le piace Enzo Biagi, rappresentante della "gerontocrazia che ancora controlla i media italiani e molto altro". Guai a toccarle Mediaset: il documentario "ha preso seriamente le lamentele dei giornalisti Rai che evocano oscuri complotti dei pubblicitari e dei capi Mediaset per il declino degli ascolti Rai. Mediaset stava ampiamente superando la Rai molto prima che Berlusconi fosse eletto, per la semplice ragione che la sua programmazione era migliore e più vistosa e le sue attività più moderne ed efficienti". Brindisi a Cologno Monzese.
22 Agosto 2003