Camillo di Christian RoccaLa liberazione dell'Iraq sei mesi dopo

La doppia autobomba esplosa domenica nel centro di Baghdad è stata presentata dalla stampa italiana come un attacco alla Cia, l’ennesima prova di una "resistenza" irachena contro l’occupante angloamericano. I giornali americani, anche i più duri contro l’avventura di Bush in Medio Oriente, hanno raccontato un’altra verità, opposta. L’hotel Baghdad, verso il quale si sono lanciati i kamikaze, ospita anche le abitazioni e gli uffici di cinque membri del Consiglio governativo iracheno e di parecchi ministri del governo provvisorio. E’ stato un attacco contro gli iracheni che iniziano ad autogovernarsi, non contro i servizi segreti americani. La bomba voleva colpire, e ha colpito, il nuovo Iraq libero, i morti sono iracheni, i nuovi poliziotti iracheni. La differenza è importante, e mostra quale sia l’effettivo problema oggi nel paese. C’è un manipolo di fedeli al dittatore che, insieme ai fascisti arabo-islamici, vuole restaurare la dittatura e uccide chi si impegna per un Iraq libero e democratico. Hanno già ucciso Akila Hashimi, una delle due donne del Consiglio governativo, così come è stato assassinato un leader sciita, così come sono state colpite le "pacifiche" Nazioni Unite.
"Colpiranno ancora ­ ha detto al Washington Post, Mowaffak Rubaie del Consiglio governativo ­ Ma questo non ci dissuaderà dal guidare il nostro popolo, dal costruire un nuovo Iraq. Abbiamo una sola via. Indietro non torniamo. La democrazia vale bene il costo che stiamo pagando". Paul Bremer, l’amministratore dell’Autorità provvisoria, ne è convinto e, pur riconoscendo i problemi di sicurezza a Baghdad, ha presentato la relazione sui primi sei mesi di presenza in Iraq. I risultati, snobbati dalla stampa internazionale, sono sul sito ufficiale: cpa-iraq.org.
Dal giorno in cui è caduto Saddam, sono stati arruolati e addestrati 40 mila poliziotti, settemila dei quali sono in servizio a Baghdad. E’ cominciata la ricostruzione dell’esercito. Il primo battaglione, composto da più di 60 mila soldati, è già al servizio degli iracheni. Quasi tutti i 400 tribunali sono funzionanti, e per la prima volta la magistratura è completamente indipendente.
I servizi essenziali sono già migliori rispetto al periodo precedente la guerra: sei mesi fa, ha detto Bremer, l’intero paese poteva generare a malapena 300 megawatt di elettricità. Oggi supera i 4.500 megawatt, più della produzione anteguerra. Sei mesi fa le 22 università e i 43 istituti tecnici erano chiusi, ora sono stati tutti riaperti insieme con 1.500 scuole. Gli stipendi degli insegnanti sono notevolmente più alti. Sei mesi fa Saddam li pagava poco più di 5 dollari il mese, oggi i contribuenti americani garantiscono loro buste paga da 12 a 35 volte superiori. La spesa sanitaria, dice Bremer, è aumentata di 26 volte rispetto a quella dei tempi di Saddam: tutti i 240 ospedali sono aperti, insieme con 1.200 cliniche. I salari dei medici sono aumentati di 8 volte rispetto agli stipendi di Saddam. Sono state distribuite 12 mila tonnellate di farmaci, e 22 mila dosi di vaccino per i bambini.
La coalizione ha bonificato 14 mila chilometri di canali di irrigazione, creando oltre 100 mila posti di lavoro. Tre quarti della rete telefonica e della produzione di acqua potabile sono state rimesse a posto. L’economia ha ripreso a camminare, non solo il commercio. Il 95 per cento delle banche ha riaperto e finanzia prestiti per attività economiche. C’è una nuova e indipendente Banca Centrale, ed è stata approvata la più moderna legge bancaria appositamente orientata alla crescita economica. C’è anche la nuova moneta.
Sei mesi fa in Iraq non c’era libertà d’espressione, erano vietate le parabole televisive e i giornalisti stranieri erano controllati e scortati da spie del regime. Oggi non c’è più il ministero dell’Informazione, e sono nati 170 giornali. Gli stranieri sono liberi di circolare e gli iracheni di comprare le parabole. Sei mesi fa c’era la dittatura, oggi gli abitanti di Baghdad hanno selezionato 88 consigli consultivi. C’è stato anche il primo atto democratico: l’elezione del presidente del Consiglio comunale di Baghdad. Venticinque ministri, scelti dal Consiglio governativo, cioè dell’istituzione più rappresentativa della storia irachena, guidano la gestione ordinaria del paese e partecipano ai vertici internazionali. Le camere di commercio, le scuole e le organizzazioni professionali eleggono i loro capi.
Gli inviati non ne parlano. Delle due l’una: o i dati di Bremer sono propaganda americana oppure il silenzio dei giornalisti esteri è propaganda antiamericana.

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