La
prima pagina dell’organo dei Radical In, cioè la Repubblica
(Rep.) di ieri, 9 ottobre, si è aperta con "Berlusconi,
stop a Fini". Il retroscena è di Mario Calabresi.
E’ scritto molto bene e in modo chiaro. C’è però
da dire una cosa sul giornalismo In dei republicones. Anche i
migliori, come Calabresi, raccontano i retroscena politici attribuendo
lunghe frasi tra virgolette a questo o a quel protagonista di
giornata senza spiegare chi gliele abbia dette. Erano presenti,
i republicones? Come fanno a sapere, nel dettaglio, il contenuto
di una telefonata tra il Cav. ed Elio Vito? O i colloqui segreti
tra il Cav. e Fini? I republicones non usano neanche l’artificio
del "dice uno stretto collaboratore del Cavaliere"
o altre ipocrisie per tutelare la fonte, né usano un linguaggio
indiretto, fuori dalle virgolette. No, niente. Loro hanno i virgolettati,
e lasciano intendere che erano lì, vigili, sul campo,
sempre pronti a lottare per la democrazia e la libertà.
Peccato che anche Mario Calabresi ci sia cascato.
Ieri c’era l’ennesima doppia pagina con scappellamento a destra
di Bonini&Davanpour, i quali continuano la loro auto-contro-inchiesta
su Telekom Serbia che ormai Red. Corr. salta come un editoriale
di Umberto Galimberti. Da un’occhiata veloce però sembra
che non ci siano soltanto spioni, Taormina e la P2 dietro "la
grande trappola". C’entrano anche Cesare Previti e naturalmente
anche Marcello Dell’Utri, entrambi in combutta con la banda della
Magliana e la Sacra Corona Unita. Peccato che non abbiano pensato
a una bella inchiesta di appoggio da affidare a Conc. De Gregorio,
magari sul Ku Klux Klan.
Ottimo ieri Zuccopycat. La sua analisi sulla vittoria di Schwarzenegger
era perfetta, al contrario del titolo, "La destra muscolare",
del finale demagogico e delle precedenti cronache – più
che altro rampiniane – pubblicate su Rep. Ecco un assaggio sull’atteggiamento
della sinistra americana, accompagnato dai sinceri complimenti
del recensore: "Ma quando la dirigenza nazionale a Washington,
l’intellighentsja autoreferenziale dei salotti di New York e
gli apparatchik locali in California, dovettero finalmente ammettere
che la rivolta popolare per rimuovere l’odiato governatore Davis
avrebbe avuto successo, la risposta è stata lo stesso
miscuglio suicida di arroganza e di miopia che costarono ad Al
Gore la Casa Bianca nel 2000 e la regalarono a George Bush. La
risposta è stata infatti un distillato di presunzione,
di incredulità, di rissosità interna, di burocratismo,
e soprattutto di completa mancanza di idee forti che sono, non
soltanto negli Usa, la zavorra mortale delle sinistre. Il partito
democratico si è ipnotizzato nella classica sindrome del
don Ferrante manzoniano. Si è contorto fra il disprezzo
per un cartone animato senza spessore politico né cultura
e l’inspiegabilità di un conservatore come lui pro aborto,
pro gay, pro immigrati. Non avendo capito che cosa fosse questo
Ercole da effetti speciali, i democratici hanno sperato che sfumasse
da solo nei titoli di coda del film incubo". E’ possibile
tutto: che gli effetti benefici di mastro K. F. Merlo si facciano
sentire, che il bravo Alberto Flores D’Arcais abbia alzato il
livello generale, che Zuccopycat sia rinsavito oppure che abbia
voluto far capire ai vertici republiconi che lui è più
bravo di Ramp! Davvero tutto è possibile, anche che il
"distillato di presunzione" sia riferito a Serra, "l’intellighentsja
autoreferenziale" a Nello Ajello, i "salotti"
a Conc., gli "apparatchik locali" ad Antonello Caporale,
la "completa mancanza di idee forti" a Galimberti,
la "zavorra mortale" sempre a Galimberti, la "classica
sindrome del don Ferrante manzoniano" a Scalfari, il "disprezzo
per un cartone animato" a Curzio Maltese.
Anche i due articoli di Ramp! erano migliori dei precedenti.
Ramp!, a cose fatte, spiega che "chi vede in lui solo l’ex
Mr. Muscolo, un prodotto di plastica imposto agli elettori dalla
macchina hollywoodiana, lo sottovaluta". E ce lo dice ora,
sotto un titolo che parla di "ascesa e vittoria di mr. Muscolo,
il guerriero che piace ai Kennedy".
L’operazione dei republicones è chiara. Ora che i californiani
si sono impipati delle loro analisi, i republicones scriveranno
messe di articoli per spiegare che questa, sotto sotto, è
una sconfitta di Bush e dei neoconservatori. Fino a quando lo
Zuccopycat di turno riscriverà di "completa mancanza
di idee forti che sono, non soltanto negli Usa, la zavorra mortale
delle sinistre". (continua)
10 Ottobre 2003