La
prima pagina dell’organo dei Radical In, cioè la Repubblica
(Rep.) di ieri, 21 ottobre, si apriva con "In cento sulla
barca della morte". L’editoriale è di Giorgio Bocca
e, pensate, non dà la colpa né al Cav. né
a Giampaolo Pansa. Pur escludendo che qualsivoglia governo possa
porvi rimedio, Bocca sostiene che una delle colpe di questa ondata
di migrazione sia "la rivoluzione tecnologica": "Oggi
i poveri del mondo non sono isolati completamente da quello dei
ricchi". Era meglio lasciarli isolati, forse.
C’è anche un Giuseppe D’Avanzo (Davanpour) su un tema
poco affrontato: Cesare Previti. Ma non solo Cesare Previti,
anche "l’ultima carta di Previti" (ma Previti quante
carte ha?). E, non solo l’ultima carta, ma anche ci spiega
per la centoventiquattresima volta Davanpour una carta
che in fondo minaccia il Cav. Perché, aridice Davanpour,
"Previti riprova ad acchiappare l’amico per il collo e riproporgli
il consueto broccardo: simul stabunt, simul cadent. Insieme abbiamo
vissuto e prosperato, insieme cadremo nella polvere se la polvere
deve essere il nostro destino, sembra dire l’avvocato al suo
socio". E non pensate che i due amici del broccardo siano
il Carl. e Davanpour, la controparte e l’aedo, dello stesso processo
Sme. Da quelle parti non cade mai nessuno, specie Davanpour-sempre-in-piedi.
In prima pagina c’è un articolo equilibrato di Salvatore
Settis dal titolo "I vandali all’assalto dei Beni culturali".
Parla dei black block? degli sfregiatori di statue? dei saccheggiatori
di Baghdad? No, parla di Giuliano Urbani e dei berluscones. L’incipit
è in puro giornalese: "E’ ancora allarme rosso sul
martoriato fronte del nostro patrimonio culturale". Bene,
e perché? Pare che abbiano fatto leggi "eversive".
Claudio Tito continua a citare tra virgolette il Cav. Come diavolo
faccia a sapere che cosa esattamente si siano detti il Cav. e
Tremonti è un mistero. Stavolta Tito aggiunge un particolare.
Non solo cita le frasi del Cav. ma descrive anche i gesti del
Cav.: "Guarda Giulio aveva detto mostrando alcune
notizie d’agenzia". Era lì, Tito? Oppure è
sempre Bonaiuti il co.co.co. di Rep?
Complimenti a Rep. per aver raccontato, a pagina 15, il rapporto
Onu sul mondo arabo. Francesco Malgaroli è stato bravo
a cogliere l’indicazione lanciata domenica da Thomas Friedman
sul New York Times. Complimenti, ovvio, anche a Francesco Merlo,
l’unico editorialista che può dire su Rep. che il re è
nudo. Ieri, per esempio, dopo aver largamente sfottuto la farsa
sulla censura (che non c’è) a uno spettacolo (che non
c’è) di Dario Fo, ha spiegato che il premio Nobel non
fa altro che il gioco del Cav.
Ma è per la seguente frase di Merlo che ieri Rep. valeva
i suoi 90 centesimi: "In Italia non c’è artista,
vero o falso, grande o piccolo, ispirato o disperato che sia,
il quale non cerchi o non sogni o non vanti almeno un risentimento
di Berlusconi, meglio ancora una sua reazione scomposta, o, se
gli va davvero bene, una risentita minaccia di censura, che è
la spezia del proibito, può trasformare Fiorello in Oscar
Wilde, può convincere Luttazzi d’essere un fiore del male,
può illudere Santoro di reincarnare Lenin, transustanziare
la mediocrità dei nostri scrittori nell’eccellenza di
Albert Camus e di Jean-Paul Sartre". Inaudito su Rep.
Fantastico Leonardo Coen, che non è un cantautore canadese
ma un prestigioso inviato milanese. L’altro ieri aveva raccontato
che la Svizzera era stata conquistata dai barbari. Ieri s’è
stupito che "ascoltando la radio, leggendo i giornali e
assistendo ai forum televisivi" ci fosse "la generale
assenza delle parole xenofobia e razzismo". Si consoli e
legga come Rep. gli ha titolato l’articolo sugli svizzeri che
se ne sbattono: "Il terremoto populista spaventa la Svizzera".
(continua)
22 Ottobre 2003