Camillo di Christian RoccaRedazionalmente Corretto del 24 ottobre 2003

La
prima pagina dell’organo dei Radical In, cioè la Repubblica
(Rep.) di ieri, 23 ottobre, si apriva con "Manovra, scontro
sulla fiducia". Che cosa voglia dire è un mistero.
Ma il lettore di Rep. fa parte di una casta di eletti, di superiori
antropologicamente. Saprà intendere. In prima pagina ci
sono tre editoriali. Uno di Massimo Riva (non letto), uno bellissimo
di Vaclav Havel e uno di Giuseppe D’Avanzo. Havel, eroe del dissenso
antisovietico e grande amico dei Bush, scrive di Aung San Suu
Kyi e spiega ai republicones che non basta parlare di cambiamento,
bisogna agire: "I birmani non hanno bisogno d’esser educati
alla democrazia, sono e sono sempre stati pronti per essa".
Speriamo che l’articolo venga letto dai vari Ramp! di Rep. Havel
scrive sapendo di cosa sta parlando: "Molti politici nel
mondo libero sono apparentemente a favore d’una pragmatica cooperazione
con i regimi repressivi. Durante il periodo del comunismo, alcuni
politici occidentali preferivano soddisfare chi era sostenuto
dai tank sovietici, invece di mantenere i contatti con un gruppo
di dissidenti. Questi dirigenti occidentali favorevoli allo status
quo, si comportavano, volontariamente, in modo molto simile a
quegli sfortunati cittadini che erano costretti a partecipare
alle manifestazioni di massa del governo: permettevano al regime
totalitario di stabilire per loro chi dovevano incontrare e cosa
dire". Insomma chi è per lo status quo è complice
dei regimi totalitari. Un monito per i republicones.
Il terzo editoriale è di Davanpour. E’ fenomenale. Ecco
l’attacco: "Il garantismo italiano è una burletta
casereccia cucinata alle cozze". Molto probabile, ma perché?
Eccolo spiegato: "Bisogna guardare all’affare del Ros dei
carabinieri per rendersene conto. Se ci fossero garantisti da
qualche parte ­ ovvero gente interessata a che il processo
penale, e quindi l’istruttoria che lo precede, sia fair, cioè
corretto ­ si sarebbe udita la loro voce". E invece?
"Assordante silenzio", tutti "tacciono" o
restano "ammutoliti", "senza parole". Ma
quando avrebbero dovuto parlare? Lo scoop di Rep, chiamiamolo
così, è dell’altro ieri ma già ieri Davanpour
si è lamentato del silenzio. Eppure qualcuno ne ha scritto.
Avrebbe fatto meglio ad aspettare. E poi: che cosa dovrebbero
dire quelli del Giorno, che 41 giorni fa fecero davvero lo scoop.
Perché Rep. ha taciuto per 41 giorni? Sono mozzorecchi
alle vongole? Davanpour s’è vestito da garantista e ci
ha spiegato quanto sia pericoloso un reparto operativo dei carabinieri
con poteri speciali d’indagine. "Il cittadino ­ spiega
­ rischia di finire, senza alcuna garanzia e diritto, nelle
maglie dell’info-investigazione" del Ros. Ottimo Davan-Human-Watch.
Resta da capire se il suo improvviso garantismo sia di tipo Beluga
oppure da attribuire alle solite vongole republicones, cioè
al fatto che i Ros hanno spesso rotto le scatole agli amici.

Barbara Jerkov ha scritto un retroscena citando tra virgolette
alcuni colloqui di politici polisti, ma non ha specificato la
fonte. Chi le ha detto quelle frasi di Fini, Follini e Berlusconi
che lei riporta come se fosse stata presente?. Questo è
giornalismo tabloid o, per dirla con Davanpour, alle cozze.
Buona la cronaca di Zuccopycat su "Bush ferma l’aborto estremo",
anche se non è vero: è stato il Congresso a bloccare
la pratica, Bush non ha ancora firmato (ma lo farà). Avrebbe
potuto scrivere cose indicibili su quanto è bigotto Bush,
eppure aver descritto una tecnica che "consiste nel praticare
un foro nella testa del feto per aspirare il cervello" ha
fatto vacillare anche i più tenaci sostenitori del diritto
all’aborto. Assurda la notizia di pagina 31: "Rita, a 50
anni bisnonna d’Italia". Dentro si legge che Rita è
"la bisnonna più giovane d’Italia" in quanto
la trentaduenne figlia "Finella ha partorito quando aveva
solo 15 anni". Non occorrono i poteri speciali dei Ros per
capire che o Rita è semplicemente nonna o Rep. ha saltato
un passaggio oppure il suo giornalismo è alla cozze di
cane. (continua)

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