La
prima pagina dell’organo dei Radical In, cioè la Repubblica
(Rep.), di ieri 28 ottobre, non era in edicola a causa dello
sciopero. Ma alcuni giornalisti hanno lavorato. Red. Corr. è
riuscito a ottenere copia dei loro articoli. "Previti, bloccato
il processo", due gli editoriali. Davanpour, con un commento
dal titolo "Ai confini della legge", ricorda come la
decisione non sia definitiva a meno che "l’avvocato dei
Miracoli non abbia riesumato quella consorteria di barattieri,
per dir così, che fino ai primi anni Novanta ha cancellato
ogni parvenza di equità nella giustizia amministrata nel
Porto delle Nebbie. Capitale corrotta, nazione alle cozze infetta".
Massimo Giannini tira la giacchetta a Ciampi: "Quella firma
del Colle". Secondo Giannini, tutto nasce dalla "promulgazione
del Lodo Schifani. Eppure, in attesa della sentenza della Corte
e nonostante le fantasiose interpretazioni berlusconiane, la
presa di posizione del Capo dello Stato si adagia in un contesto
chiarissimo. Che acquista un doppio valore: pur avendo firmato,
Ciampi denunciava una patologia, e svelava una bugia. La patologia
sta appunto nell’insorgere di un vero e proprio conflitto (attuale,
e non più solo potenziale) tra le istituzioni repubblicane,
come esito quasi ineluttabile delle torsioni al sistema democratico
e delle pressioni sull’equilibrio costituzionale che il Cavaliere
ha impresso alla legislatura".
Anche Francesco Merlo è intervenuto sul teatrino del processo
Sme. Da par suo: "Alla fine, anche il processo si mutava
in procedura, e neppure più si avvertivano la gravità
e la serietà della liturgia, quella ragnatela di norme
che cattura la ragione. Non c’erano l’incantesimo estetico del
rito né Perry Mason né il capitano Dreyfus, e persino
la sentenza era il contrario di quel che appariva, non il dispiegamento
della Bilancia, non una manifestazione dello Ius cogente, ma
il pretesto per una recita in diretta di un dramma personale".
Evidentemente non s’è trovato spazio per Curzio Maltese.
Gli attentati a Baghdad sono stati commentati da Zuccopycat e
da Guido Ramp! L’articolo di Zuccopycat, "Il calvario americano",
è a effetti speciali: "L’attentato alla Croce Rossa
di ieri, come il tiro al piccione quotidiano sui giovani ragazzi
in divisa, sono il controcanto della guerriglia a ogni tentativo
del new born cowboy di raccontare la storia rassicurante di un
malato in via di miglioramento, di cercare le buone notizie tra
le macerie e i body bags. E’ la vecchia giaculatoria del mezzo
bicchiere pieno, la teoria della carta moschicida. Ma quali mosche
resteranno con le zampe appiccicate, laggiù in Mesopotamia?".
Guido Ramp! crede che dietro gli attentati ci sia Osama: "Dunque
è riapparso. Virtuale ed elusivo come l’ultima volta che
lo vedemmo in un video, un novembre di ventiquattro mesi fa.
I suoi fedeli adoranti e le masse islamiche di simpatizzanti
hanno di nuovo un eroe in carne e ossa, sopravvissuto ai bombardamenti
di Tora Bora, all’onnipotente aviazione americana, alle tecnologie
della Cia, alla caccia all’uomo, alla favolosa taglia di 25 milioni
di dollari. Vivo, dunque vittorioso sull’iperpotenza impotente,
come già scrisse Giorgio Bocca nel suo vivido Basso Impero".
La vicenda del crocifisso è commentata da Umberto Galimberti:
"Quel sentimento pieno che non si può dimenticare".
Secondo il filosofo di Scalfari, "il crocifisso è
dentro di noi. E non solo: è qui con noi, a fianco di
noi, in mezzo a noi. E per gli ebrei, per i mu-sulmani, per i
pro-testanti, per i Te-stimoni di Geova, per i mor-moni e le
mor-mone, per i seguaci delle cre-denze new age, per gli agnostici,
per gli a-tei? E’ questo il punto e-tico, e se non è l’e-tica
è l’es-tetica. Il crocifisso in classe si scontra con
le convenzioni gelide e ri-gide che recingono il mondo, a cui
Jung apparteneva, del clero che, prima di essere una classe sociale,
è antropologicamente il regime dell’anaffettività.
Qui il gioco si fa duro. I corpi si scompongono. I dubbi lacerano
Freud, ma l’abbandono non inabissa. La re-ligione dovrà
solo dare al suo fuoco non più incendiario cose buone
da riscaldare per nuove fu-sioni catartiche".
Carlo Bonini, senza Davanpour, ha uno dei suoi formidabili scoop:
"Dietro il nucleare di Saddam c’è Unabomber".
Ecco come inizia il suo articolo: "Follow the money, follow
the money. Come una spy-story senza soverchia fantasia, il dettaglio
rivelatore nasce da un’effrazione. L’appartamento, come Repubblica
è in grado di documentare, è al quinto piano di
via Antonio Baiamonti 10. Nel quartiere Mazzini, in Roma. La
porta è solida e blindata, mai quanto la cella dove ora
è rinchiuso il nostro uomo. Ma conviene partire dall’inizio.
Una fonte raggiunta da Repubblica, che d’ora in poi chiameremo
semplicemente Tokhtakhounov (oppure il ‘cinghiale della steppa’
come preferiscono chiamarlo i suoi compari del Mar Nero) ci ha
detto di seguire i soldi per risolvere il mistero dell’uranio
scomparso. E inseguimento sia".
Infine l’umoralista Michele Serra, indignato come sempre: "Succedono
tante di quelle cose, e tutte insieme, che rischiano di sfuggire
quei dettagli rivelatori, quelle sfumature eloquenti che da sole
bastano, in tempi normali, a definire il momento. I punti fragola
del supermercato, per esempio, quell’orrido sistema di fidelizzazione
del consumatore, così lo chiamano i cocacolisti berluscones,
che invoglia a spendere senza che ce ne sia alcun bisogno. Lavoro-spendo-pago-pretendo,
è questo il nuovo mantra. Certo, con i punti fragola della
Coop ho vinto una mirabolante caffettiera automatica, ma non
è con gli illusori trucchetti alla Tremonti che questa
becera classe dirigente ci restituirà l’antico aroma del
caffè di una volta. Il caffè della Peppina".
(continua)
29 Ottobre 2003